Le fasi dello sviluppo psicologico del bambino

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
Accompagniamo lo sviluppo dei bambini di oggi: in loro risiede l’umanità, la speranza del domani, la nostra speranza.

Secondo una teoria dello psicologo e psicoanalista tedesco Erik Erikson, fin dalla nascita ha inizio lo sviluppo psicologico del bambino, che porterà gradualmente alla formazione della sua individualità e della sua personalità. Si tratta di un processo graduale, che passa attraverso le diverse fasce di età e si esprime tramite una serie di cambiamenti, il cui manifestarsi è influenzato dallo sviluppo dei suoi processi cognitivi ed affettivi e dalle componenti ambientali e sociali. Per questo, fin dai primi mesi è importante fornire ai nostri bambini le cure e l’attenzione di cui necessitano, facendoli vivere in un ambiente familiare affettivo, caratterizzato da un’alta qualità del tempo dedicato loro, in modo che possano utilizzarlo come base per lo sviluppo autonomo della loro coscienza e delle loro caratteristiche personali.

Personalità in formazione

Quando si parla di personalità si fa riferimento alle caratteristiche psichiche su cui si costruisce l’identità personale di un individuo, caratteristiche che lo distinguono dagli altri e ne determinano il comportamento e le relazioni personali. La personalità individuale si sviluppa lungo tutto il corso della nostra vita, modellandosi quando siamo piccoli e consolidandosi con la maturazione psicologica e cognitiva dell’adulto, influenzata e scandita dallo sviluppo di diversi aspetti del nostro io.

Oggi gli psicologi sociali e gli studiosi di psicologia dell’età infantile riconoscono che la personalità non è una struttura fissa, che si definisce stabilmente alla fine dell’adolescenza, ma è un processo particolare di crescita continua che prosegue fino alla morte. Anche durante la maturità e la vecchiaia, grazie al nostro modo di gestire i rapporti e le difficoltà, continuerà infatti il nostro percorso di crescita psicologica ed evolutiva, in un esercizio mentale continuo volto all’auto-miglioramento.

Tra i fattori fondamentali che concorrono allo sviluppo dell’io emotivo e relazionale del nostro bambino, ci sono facoltà e capacità legate allo sviluppo cognitivo e all’adozione del linguaggio come percezione, come apprendimento, pensiero, intelligenza e memoria, ma anche sensazioni legate allo sviluppo della sfera affettiva e volitiva, che riflettono maggiormente la nostra interiorità, come le emozioni, i sentimenti, gli interessi e le preferenze.

Sempre secondo gli studi e le teorie di Erikson, questo sviluppo può essere riassunto e schematizzato in quattro fasi o tappe principali; per riuscire a sviluppare una personalità sana ed equilibrata, il bimbo deve superare in modo positivo gli impulsi conflittuali e le crisi che caratterizzano ciascuna fase. Il superamento di queste fasi non significa, tuttavia, che l’esistenza di un individuo venga scandita da cambi caratteriali repentini; in realtà con la maturazione e lo sviluppo del proprio senso di adattamento, le modalità di comportamento si sfumeranno, finendo per modellarsi in base al nostro vero io.

Questione di fiducia

Dalla nascita fino all’incirca al primo anno di vita, il bambino per i suoi bisogni dipende strettamente dalla presenza della madre e poi, in un secondo momento anche da quella del padre e della coppia genitoriale. Avere qualcuno in grado di comprendere e soddisfare tutti i suoi bisogni, assicurare calore affettivo, nutrimento, contatto, e di alleviare i suoi disagi, permette al bambino di alimentare quel senso di fiducia nei genitori che gli permetterà di instaurare, successivamente, una relazione positiva con gli altri adulti e un rapporto aperto verso il mondo esterno.

Sviluppare questo tipo di fiducia fin dall’infanzia, gli permetterà di approcciarsi alla vita in modo sicuro ed aperto e di affrontare le sfide che gli si presenteranno nel suo percorso di crescita. In questo, il ruolo chiave è rivestito dalla mamma e solo dopo dal resto della famiglia: soprattutto nei primi mesi, la madre non deve mancare di soddisfare aspettative e bisogni del proprio figlio, per evitare che sviluppi un senso sfiducia nei suoi confronti, sentendosi abbandonato. Con il passare del tempo la mamma dovrà iniziare a distaccarsi gradualmente dal proprio bambino, per permettergli di adattarsi anche alle esigenze degli altri e per insegnargli a superare anche i momenti di stress e frustrazione che dovrà affrontare in futuro, da solo, senza perdere la fiducia nell’affetto e nel sostegno incondizionato della famiglia.

Bando alla timidezza, largo all’autonomia

La fiducia in sé stesso guadagnata nella prima fase, sarà la base di partenza grazie alla quale il bambino potrà superare la sfide caratteriali presenti nella seconda. Intorno ai 2-3 anni, il bimbo ha infatti acquisito la necessaria sicurezza per iniziare a coltivare la sua autonomia e, anche dal punto di vista psico-motorio, sono arrivate delle importanti conquiste che gli permettono di fare nuovi movimenti e compiere gesti con maggiore autonomia, come mangiare, stare seduto, camminare. Inoltre, più il bambino scopre le sue nuove possibilità e facoltà cognitive, più avverte la necessità di allontanarsi dai genitori, per affermare la sua indipendenza e dimostrare di saper fare quelle cose per le quali prima, nel periodo dell’attaccamento, dipendeva totalmente dal padre e dalla madre.

Anche se questo momento di distacco può dispiacere a noi genitori, dobbiamo superare questo test obbligato e considerare che l’allontanamento fa parte della sua evoluzione psicologica e che lo sviluppo del senso di autonomia è fondamentale per permettergli di diventare un individuo completo. Anzi, come genitori dobbiamo cercare di aiutarlo ad entrare in comunicazione con sé stesso e con i suoi desideri e fare in modo che il suo senso di incertezza non prevalga sul desiderio di autonomia. Dobbiamo quindi lasciar fare loro le prime esperienze, senza caricarli di pressioni o aspettative che li renderebbero insicuri, paurosi di sbagliare o deluderci, e frenando la loro maturazione psicologica. Proponiamogli quindi giochi stimolanti con una funzione educativa, non ordiniamogli di fare le cose ma invitiamoli a pensare e a fare delle scelte, per farli sentire ancora più autonomi e padroni delle loro giornate.

Una dote rara: lo spirito di iniziativa

Se avremo fatto un buon lavoro nella precedente fase, avremo preparato i nostri figli ad affrontare il mondo in maniera più consapevole ed avremo gettato le basi per fargli sviluppare quello che è un importante talento per i giovani e i bambini di oggi: lo spirito di iniziativa. Nella società moderna, dove i bambini sono bombardati dagli stimoli e dalle informazioni provenienti dalla cultura televisiva e si dimostrano sempre più passivi e totalmente dipendenti dai genitori, incoraggiarli a sviluppare la propria personalità e capacità di fare le proprie, seppur piccole, scelte, non è una cosa da poco.

La curiosità di sapere e capire come funzionano le cose e il mondo che gli sta intorno, espressa in genere tramite domande a cui dobbiamo essere in grado di dare risposte efficaci, e la voglia di fare e provare nuove esperienze, sono componenti che non dovrebbero mancare nella struttura psicologica del bambino tra i 3 e i 5 anni e che vanno a comporre la loro personalità creativa. Ovviamente, dato che sono dei bambini, non dobbiamo abbandonarli a loro stessi in questo viaggio di scoperta della novità e di esplorazione della natura del proprio io e di ciò che gli sta intorno, ma guidarli nella ricerca e proteggerli quando necessario.

In questo stato di protetta autonomia, i bimbi potranno arricchire il loro bagaglio di esperienze e conoscenze ed iniziare a sviluppare un primo senso di responsabilità, sperimentando sulla loro pelle che alcune azioni hanno delle conseguenze, non sempre positive o in linea con i loro desideri e la loro volontà, e che provare è uno dei metodi migliori per imparare e crescere.

Il superamento di questa fase, dove curiosità e creatività la fanno da padrone e dove realtà ed immaginazione si sfumano a vicenda nella fertile mente del bambino, sarà la base di partenza anche per il suo futuro sviluppo intellettuale, aprendogli le porte al mondo della scuola e a nuovi livelli, meno istintivi e più guidati, di conoscenza e apprendimento.

Tutto pronto per la scuola

La quarta ed ultima fase dello sviluppo psicologico del bambino prende il suo avvio con l’inizio dell’età scolare, e va quindi dai sei anni in su, terminando con la fase adolescenziale. A questa età i bambini sono ormai dei piccoli individui operosi, in grado di capire, apprendere, fare ricerche e coltivare le proprie idee, per cui la scuola è lo strumento giusto per accrescere le loro capacità intellettive e forgiare le loro caratteristiche psicologiche. Dal punto di vista motorio ormai i bambini sono autonomi e avvertono il desiderio di mettersi alla prova, confrontarsi ed affinare le proprie capacità, per cui diventano importanti i giochi di squadra e gli sport.

Noi genitori dobbiamo assecondare questo loro desiderio di attività e operosità, combattendo le tendenze alla pigrizia e alla sedentarietà e incoraggiandoli a scegliere un’attività positiva per la loro salute e il benessere del loro corpo e a rispettarne poi gli impegni, senza rinunciare al tempo necessario da dedicare allo studio. Inoltre, dobbiamo aiutarli a vivere lo sport e le regole del gioco in maniera positiva e ludica, senza farli sentire inadeguati o inferiori rispetto agli altri bambini ma incoraggiandoli a coltivare le proprie passioni e a migliorarsi costantemente.

Dal punto di vista sociale e psicologico, il dover vivere in comunione con altri bambini, secondo regole, orari e spazi scanditi è un importante strumento che farà sviluppare nei nostri piccoli il senso dell’obbedienza, il rispetto, la pazienza e la capacità di accettare le avversità e le diversità. L’interazione continua con i compagni gli fornirà degli esempi pratici di atteggiamenti e comportamenti diversi rispetto a quelli cui erano abituati in famiglia, che potranno influenzare in qualche modo la loro personalità, per spingerli ad adattarsi alle norme del vivere comune.

Infine stando in gruppo, emergeranno più facilmente le caratteristiche peculiari del carattere del nostro bambino, che potranno protrarsi anche una volta cresciuti, definendo le basi su cui si definirà la loro vera personalità.