Ti sei mai chiesto quante volte, nell’arco di una giornata, ti rivolgi a te stesso con durezza, con freddezza o addirittura con disprezzo? Quante volte ti giudichi “sbagliato”, “non abbastanza”, “inadeguato”?
L’autostima non è un vestito che indossiamo una volta per tutte: è un processo vivo, che si costruisce e si alimenta attraverso le parole, i gesti e gli sguardi che rivolgiamo a noi stessi. Eppure, per molti di noi, il dialogo interiore è dominato più dal rimprovero che dall’incoraggiamento. È come se dentro di noi fosse rimasta la voce critica di chi, nell’infanzia, non ha saputo darci contenimento, sicurezza, approvazione.
Lì nasce la bassa autostima: nell’assenza di uno sguardo che ci riconosce, nell’impossibilità di sentirci accolti con tutte le nostre fragilità. Ma se da bambini non potevamo scegliere, da adulti abbiamo un potere straordinario: quello di cambiare le parole con cui ci raccontiamo.
Frasi da dirsi per rafforzare l’autostima
Ripetere frasi nuove, ogni giorno, non significa illudersi o recitare formule magiche: significa riscrivere i copioni interiori, dare al cervello e al corpo nuove esperienze di sé, sostituire la voce critica con una voce che sostiene. La neuroplasticità ci dice che questo è possibile: il linguaggio non descrive soltanto la realtà, ma la costruisce. Ecco 5 frasi da ripeterti ogni giorno per rafforzare la tua autostima.
1. “Non devo essere perfetto per meritare amore.”
La trappola della perfezione è una delle più potenti. Nasce spesso da un’infanzia in cui l’amore era condizionato: ti sentivi apprezzato solo quando eri bravo, quando non creavi problemi, quando soddisfacevi le aspettative degli altri.
Questa frase ti aiuta a ricordare che il tuo valore non dipende dalla performance. A livello psichico, è un antidoto contro l’idealizzazione infantile dei genitori: quell’illusione che per essere amati occorra diventare impeccabili. A livello biologico, ripeterla calma il circuito dello stress (HPA axis) e abbassa la produzione di cortisolo, che si innalza ogni volta che percepiamo di “non essere all’altezza”.
2. “Il mio valore non si misura con gli occhi degli altri.”
Molti adulti continuano a mendicare conferme e approvazione, proprio come facevano da bambini. È un bisogno antico, che nasce dal vuoto lasciato da chi non ci ha contenuti. Ma se lasci che siano sempre gli altri a dirti chi sei, resti intrappolato in un circolo vizioso: un giorno ti senti grandioso, l’altro ti senti invisibile.
Questa frase interrompe la dipendenza dal riconoscimento esterno. È un invito a spostare il baricentro dentro di te. A livello neuroscientifico, rafforza i circuiti dell’autoregolazione interiore: l’attività della corteccia prefrontale, che ci permette di dare significato alle esperienze senza dipendere costantemente da stimoli esterni.
3. “Posso sbagliare e restare una persona degna.”
L’errore, per chi ha un’autostima fragile, è una minaccia identitaria: non è qualcosa che faccio, ma qualcosa che “sono”. Ogni caduta diventa prova della propria inadeguatezza.
Ripetere questa frase aiuta a separare l’azione dall’identità. Significa riconoscere che lo sbaglio è parte del processo di apprendimento, non una condanna. La psicoanalisi ci insegna che interiorizzare la possibilità di fallire senza sentirsi distrutti è uno dei passaggi fondamentali verso la maturità emotiva. E le neuroscienze confermano che il cervello apprende per tentativi ed errori: senza cadute, non esistono nuove connessioni.
4. “Non sono le mie ferite a definirmi, ma il modo in cui scelgo di curarle.”
Molte persone rimangono identificate con il loro dolore: “Sono ansioso”, “Sono depresso”, “Sono sbagliato”. In realtà, il dolore è una parte, non il tutto.
Questa frase è un atto di disidentificazione: mi riconosco nelle mie ferite, ma non mi riduco a esse. È come dire al bambino interiore: “So che soffri, ma io adulto posso prendermi cura di te”. A livello biologico, questo tipo di linguaggio attiva i circuiti della compassione e dell’autocura, modulando il nervo vago e favorendo stati di calma e connessione.
5. “Ogni giorno merito di trattarmi con rispetto e gentilezza.”
La bassa autostima porta con sé un linguaggio interiore crudele: ci insultiamo, ci puniamo, ci trattiamo come non tratteremmo mai un amico. Questa frase ribalta il paradigma. Non è una promessa vaga, è un impegno quotidiano.
A livello psichico, significa sostituire l’auto-svalutazione con un nuovo copione, in cui io sono sia il genitore che cura, sia il figlio che riceve. A livello biologico, la gentilezza verso di sé stimola la produzione di ossitocina, l’ormone della connessione, e rafforza le reti neurali legate alla sicurezza.
Perché le parole funzionano davvero
Ripetersi frasi non è suggestione, è esperienza. Il cervello non distingue tra ciò che immaginiamo e ciò che viviamo davvero: ogni parola attiva reti neurali, emozioni, stati corporei. Se continui a dirti che sei incapace, il tuo sistema nervoso risponderà come se fosse vero. Se inizi a dirti che sei degno, pian piano il corpo imparerà a sentirlo.
La psicoanalisi ci ricorda che siamo abitati da copioni infantili: interiorizziamo le voci genitoriali e continuiamo a ripeterle dentro di noi. Le neuroscienze mostrano che, con la ripetizione consapevole, possiamo sostituire queste voci con narrazioni più sane. È come educare di nuovo il bambino che siamo stati, donandogli finalmente quel contenimento che non aveva.
Il dialogo interiore come cura
Ogni frase è un seme. Ripetuta ogni giorno, diventa radice, poi fusto, poi ramo. Ci vuole tempo: l’autostima non cresce in una notte. Ma cresce.
Ripetersi frasi sane significa costruire un rifugio interiore: un luogo sicuro in cui sostare quando il mondo fuori è troppo duro. È un atto di auto-educazione emotiva, un percorso che porta a integrare mente e corpo, emozioni e pensieri.
Come parli a te stesso?
Quando ho scritto il mio nuovo libro “Lascia che la felicità accada” (in uscita il 28 ottobre 2025), ho sentito con chiarezza che il cuore di ogni trasformazione sta proprio qui: nel modo in cui impariamo a parlarci. Non si tratta solo di pensieri positivi, ma di veri atti riparativi: parole che restituiscono al bambino interiore ciò che non ha ricevuto, parole che calmano il sistema nervoso, parole che ci permettono di smettere di sopravvivere e iniziare a vivere.
Lo so bene: anche io ho dovuto imparare a sostituire le voci interiori che mi spingevano a credere di non essere mai abbastanza. Questo libro è nato da quella esperienza: un percorso che intreccia psicoanalisi e neuroscienze per mostrarti come non restare imprigionato nei vecchi copioni, ma scegliere, ogni giorno, la possibilità concreta della felicità.
Perché sì, la felicità può accadere. Ma inizia da qui: dal rispetto delle tue emozioni, dalla gentilezza con cui impari a parlarti, dalla fiducia che coltivi verso te stesso. Il libro è già disponibile a questo link su Amazon
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