Perchè alcune persone sono più resilienti di altre? Come mai, pur avendo la stessa struttura cerebrale, sviluppiamo attitudini differenti? Il neuroscienziato statunitense Richard Davidson, dell’Università del Wisconsin a Madison, con la sua teoria dello stile emozionale, afferma che tutti noi abbiamo uno specifico stile emotivo che determina il nostro modo di reagire a ciò che ci accade.
Richard Davidson e gli Stili Emotivi
Richard Davidson è Professore di Psicologia e Psichiatria alla Università del Wisconsin-Madison. Egli è anche il Fondatore e Direttore dle Center for Healty Minds, sempre nella città di Madison. Il fulcro della sua ricerca risiede nello studio delle basi neurali delle emozioni e degli stili emotivi, nonché nella promozione di quelle pratiche che servono a promuovere lo sviluppo umano come la meditazione e le pratiche contemplative ad essa riconducibili.
I suoi studi hanno preso in considerazione individui durante l’intero corso della loro vita. Inoltre ha studiato persone affette da disturbi emotivi come la depressione, l’ansia, l’autismo, così come persone con una pratica di migliaia di ore di meditazione. D’altronde è piuttosto nota l’amicizia che lo lega al Dalai Lama.
Nelle sue ricerche ha usato una molteplice serie di strumenti come diversi tipi di Risonanza Magnetica, PET, EEG, nonché metodologie relative alla genetica e alla epigenetica.Il frutto delle sue ricerche lo porta alla scoperta degli stile emotivi di cui ci occuperemo in questo articolo.
Secondo questa teoria, ognuno di noi ha uno stile emozionale composto da sei differenti dimensioni (clicca qui), ciascuna ancorata a uno specifico circuito cerebrale. In altre parole, il circuito cerebrale più sviluppato vince e ci guida in scelte, reazioni e comportamenti.
Le sei dimensioni emotive e le aree cerebrali connesse
Scopriamo quali sono questi stili emozionali e a quali aree del cervello sono collegate! Quali sono le sei dimensioni emotive e quali sono le aree cerebrali connesse? Le sei dimensioni di R. Davidon sono:
- L’autoconsapevolezza
- L’intuito sociale
- La resilienza
- La prospettiva
- La sensibilità al contesto
- L’attenzione.
R. Davidon ha dimostrato come ad ognuna di queste dimensioni emozionali si associ una zona cerebrale più attiva! Vediamole nel dettaglio.
L’Autoconsapevolezza
L’autoconsapevolezza si basa sull’attività di due zone: la corteccia insulare, o insula, e la corteccia somatosensoriale, che raccolgono e analizzano le informazioni provenienti dal corpo. Queste due aree sono più attive nelle persone dotate di un alto livello di autoconsapevolezza. Costoro sanno identificare con maggiore facilità uno stato di tensione interna e, quindi, affrontarlo più velocemente.
L’Intuito sociale
Consiste nella capacità di rilevare i segnali inviati dagli altri. L’intuito sociale dipende dal giro fusiforme, che «decifra» i volti, e dall’amigdala, un centro cerebrale legato alle emozioni negative. L’intuito sociale è tanto maggiore quanto più l’attività del giro fusiforme è importante e quanto più debole è quella dell’amigdala, condizione ideale per percepire le esigenze altrui e, al contempo, assicurarsi che il contatto con gli altri non sia troppo angoscioso.
La Resilienza
La resilienza corrisponde alla facoltà di superare le difficoltà. Più è sviluppata, più velocemente ci si riprende dalle emozioni negative. Questa caratteristica si appoggia alla corteccia prefrontale sinistra, capace di inibire l’attività di altre aree cerebrali, in particolare dell’amigdala (implicata nella genesi delle emozioni negative). Più la corteccia prefrontale sinistra è attiva e connessa all’amigdala, più riesce a inibirla rapidamente e più la resilienza è elevata.
La Prospettiva
Si tratta della propensione a vivere gli eventi che accadono in modo positivo oppure negativo. Questa dimensione si appoggia al nucleo accumbens e alla corteccia prefrontale: più queste regioni sono attive e connesse, più si provano emozioni positive durature. In effetti, il nucleo accumbens è un centro cerebrale del piacere e della motivazione, mentre la corteccia cerebrale è capace di prolungarne i periodi di attività.
La Sensibilità al contesto
La sensibilità al contesto è la facoltà di reagire in modo appropriato alle circostanze e all’ambiente. È l’ippocampo ad andare alla ricerca, nella memoria, delle informazioni associate al contesto. La corteccia prefrontale, dal canto suo, effettua un lavoro di analisi, di selezione e di valutazione delle azioni possibili. Più queste due regioni sono attive e connesse, più la sensibilità al contesto è sviluppata.
L’Attenzione
Le persone con una buona capacità di prestare attenzione riescono a concentrarsi solo su ciò che desiderano prestando un’attenzione selettiva anche in condizioni non di comfort; le altre persone, invece, si lasciano distrarre di continuo.
Questa facoltà dipende in qualche modo dalla «flessibilità» della corteccia prefrontale: è questa zona a rinforzare i segnali pertinenti a ciò che si sta facendo in un dato momento, inibendo gli altri. Per riuscirci, «fissa» la propria attività su certe caratteristiche dell’oggetto a cui stiamo prestando attenzione.
Davidson è dell’opininone che ogni singola personalità e temperamento rifletta una differente combinazione delle sei dimensioni dello Stile Emotivo.
Prendiamo i tratti di personalità descritti dal “big five”, uno dei sistemi di classificazione standard in psicologia: apertura verso le nuove esperienze, coscienziosità, estraversione, facilità nel rapportarsi, nevroticismo.
- Una persona con alti punteggi nell’aperura verso le nuove esperienze ha forte Intuizione Sociale, molta Auto-Consapevolezza e tende ad avere una attenzione ben focalizzata.
- Una persona coscienziosa ha una Intuizione Sociale ben sviluppata una buona Focalizzazione Attentiva ed un acuta Sensibilità al Contesto.
- Una persona estroversa ha buone capacità di ripresa dalle avversità e quindi si colloca alla estremità del Veloce a Riprendersi sullo spettro della resilienza. Inoltre mantiene uno sguardo positivo sul futuro.
- Una persona cche si rapporta con facilità all’altro ha un alto livello di Sensibilità al Contesto e una forte Resilienza. Inoltre tende a mantenere una visione positiva del futuro.
- Chi ha un alto punteggio nella scala del nevroticismo tende a riprendersi lentamente dopo una avversità, ha una visione piuttosto catastrofica del futuro, è relativamente insensibile al contesto e tende ad avere una attenzione fluttuante.
Allora è il nostro cervello a determinare chi siamo?
Secondo questa ricerca: sì, perchè ciò che siamo e come reagiamo agli eventi della vita è condizionato dai circuiti neurali. Un impatto determinante sui circuiti neurali è dato dall’interazione gene-ambiente, dove gli stimoli ambientali non sono relativi solo all’ambiente fisico in cui viviamo, ma riguardano soprattutto l’ambiente psicologico di cui facciamo esperienza.
Infine, è importante specificare, che non si tratta di un assetto definitivo, perché il nostro cervello è plastico ed è capace di riorganizzarsi in modo ottimale. La sua organizzazione, infatti, dipende dagli input (stimoli esterni) che riceve su base quotidiana. Insomma, come amo spesso dire: “fai sempre in tempo a non essere l’effetto del tuo passato, ma la causa del tuo futuro”.
A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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