Non si nasce genitori, ma lo si diventa quando si mette al mondo un bambino e le competenze genitoriali si acquisiscono lungo tutto l’arco della sua crescita. Essere genitore significa assumersi la responsabilità, le fatiche e la bellezza della crescita dei figli in un percorso che comunque non da rassicuranti certezze. Non esiste il manuale del “buon genitore” e tanto meno indicazioni e regole che siano adeguate per tutti i figli: ogni genitore è diverso dagli altri e da questa diversità derivano i diversi atteggiamenti, convinzioni, regole, abitudini che metteranno in atto. Così anche i figli sono diversi e per questo motivo crescerli richiede un continuo e progressivo adeguamento da parte dei genitori, che devono saper rispondere a esigenze sempre nuove, alla ricerca di nuove modalità di relazione con loro.
La comunicazione tra genitore e figlio
Un bambino appena nato viene travolto dall’amore incondizionato dei genitori che devono abituarsi a questa nuova vita che assorbe tutte le energie: I genitori vengono catapultati in un mondo nuovo, in cui dover imparare insieme una nuova forma di linguaggio e di ascolto, calibrati su un equilibrio che comincia a formarsi e a gestire il nucleo familiare.
Oltre al contatto fisico, che è la prima forma di comunicazione che mamma e papà instaurano con il neonato, il linguaggio verbale ha un’importanza altrettanto edificante che mette in luce la capacità del bambino di percepire, sin dalla nascita, le sue competenze comunicative. Parlare con un neonato significa dare voce al suo pianto o al suo sorriso sdentato che pure ci fa capire quello che vorrebbe dire. Parlare ai bambini significa rassicurarli di quello che sta succedendo intorno a loro.
Il mondo che abitano nei primi anni, è un mondo magico, un mondo puro che stabilisce il giusto legame tra realtà e fantasia, un mondo in cui cominciano a lanciare messaggi e lo fanno con un linguaggio a cui le famiglie devono avvicinarsi per creare un legame di fiducia anche attraverso la comunicazione verbale. La comunicazione, legata a un mondo fantastico, è necessaria per raggiungerli e farvi raggiungere nella condivisione della vita di tutti i giorni.
Il linguaggio nei bambini e la teoria di Piaget
E’ importante capire come, per i bambini, tutto abbia una vita propria e le cose succedono perché il mondo, anche quello inanimato, è capace di agire, parlare, pensare. E’ la teoria elaborata da Piaget in cui l’egocentrismo del pensiero infantile cancella la distinzione tra mondo interiore, fantastico e mondo esterno. Le cose sono tutte animate, anche nella realtà e un genitore deve adeguarsi per vivere l’approccio verbale con loro in modo costruttivo, trovando la strada giusta per farsi ascoltare e capire.
La curiosità dei bambini è una grande fortuna perché permette di affrontare con loro una conversazione che abbia la capacità di incidere, nella loro memoria, parole e concetti nuovi. Quando cominciano a elaborarli e a esprimersi, hanno bisogno di tutto il sostegno possibile perché aumenti in loro l’autostima necessaria a passare dal mondo della fantasia al mondo reale, gestendo in maniera autonoma e pertinente alla loro età questo passaggio obbligato che, tuttavia, non va mai forzato.
E’ meglio restare spiazzati da una spiegazione logica piuttosto che smontare una fantastica e fantasiosa teoria ed è meglio restare a guardare i piccoli progressi piuttosto che fornire indicazioni precise di quale sia il modo più giusto di fare o dire una cosa. Troveranno le loro modalità e le applicheranno alla realtà, contenti e soddisfatti di aver raggiunto, ogni giorno, un piccolo traguardo in più.
Il linguaggio dei bambini
Nel loro mondo fantastico, alcune parole cambiano forma e si adattano a un modo immaginifico di interpretare la realtà, trasformando il principe di Cenerentola nel cimpepe o l’acerrimo nemico dei giorni di febbre nel termopito e quella bella palla rosa da mangiare in podoloro. Sono parole che hanno inventato loro, che hanno avvertito più vicine, ma andranno via presto per lasciare il posto a quelle corrette e codificate, inutile pertanto correggerli.
Sono parte di loro e creano un’intimità nella comunicazione riservata a pochi, che garantisce una tranquillità emotiva di momenti in cui si sentono capiti e apprezzati e che rappresenta pienamente la loro creatività. Tuttavia, non adattatevi al loro linguaggio, lasciate che si sviluppi da solo e continuate a pronunciare le parole in modo corretto perché, diversamente, creereste confusione. Parlare ai bambini e lasciare che sperimentino un proprio linguaggio, divertente e divertito, è fondamentale come stimolo alla formazione della loro capacità cognitiva e di espressione.
Talvolta, si manifestano dei ritardi nel linguaggio che non necessariamente sono il campanello d’allarme di problemi. Innanzitutto, è bene tenere a mente che i bambini sono diversi tra loro e che quindi cambiamenti e progressi non necessariamente debbano avvenire a tappe ben definite o standardizzate. Il linguaggio non verbale dei bambini fornisce la prova della capacità di sapersi esprimere e della loro ricettività ed è importante per questo che in famiglia trovino un ambiente in cui l’eloquenza sia una risorsa cui attingere per migliorare.
I bambini hanno diritti e doveri. E fra i loro diritti c’è anche quello di arrabbiarsi
Anche nei momenti di rabbia che naturalmente si manifestano, soprattutto fino ai 5 o 6 anni, la comunicazione, anche quella non verbale, aiuta il bambino ad affrontare e superare il momento. Risolvere la crisi attraverso una punizione o un rimprovero non sempre è la scelta più indicata, anzi, spesso può essere controproducente perché la rabbia di quel momento può portarlo a non essere in grado di capirne il senso, come pure ignorare di proposito il momento trasmettendo un messaggio di disinteresse può innescare un meccanismo per cui il bambino avverte un senso di abbandono.
Restate accanto a lui, aspettando che si plachi, rassicurandolo della vostra presenza, senza prodigarvi in spiegazioni logiche che non sarebbero ascoltate o recepite. Prendere atto della vostra attenzione li aiuterà nella gestione della rabbia e, quando si saranno calmati, avranno bisogno di un abbraccio o di domande cui saranno felici di dare risposte, dando voce così alla loro persona.
Crescita e comunicazione
Secondo l’età, il rapporto verbale cambia fino a diventare un veicolo di comprensione e di ascolto quando in gioco entrano dinamiche di crescita e sviluppo che trasformano il dialogo in uno strumento di misurazione tra generazioni che, inevitabilmente, si trovano davanti a conflitti fisiologici. Entrare nel mondo degli adolescenti può risultare un’esperienza traumatica per un genitore che, fino al giorno prima, aveva accanto a sé un bambino dolce e affettuoso.
L’atteggiamento che drasticamente si modifica, le modalità di interazione che cambiano all’improvviso, provocano anche uno stallo nella conversazione che spesso diventa ostativa e affrontarla può risultare frustrante. E’ bene sapere che questo è un passaggio obbligato, che i figli stanno crescendo, che la differenza di comportamento, il disagio che entrambe le parti provano, deve necessariamente essere contestualizzato e vissuto come il naturale processo di crescita e sviluppo, necessario per la formazione della persona. Inutile mettersi alla pari dei figli scatenando una lotta intestina che, a lungo andare, diventerebbe difficile da gestire.
E’ importante, al contrario, che i ragazzi avvertano forte la vostra presenza, che sappiano che ci siete nonostante siano loro a tenervi a debita distanza. Non sono cambiati, vi amano come prima, stanno solo crescendo, ma hanno sempre bisogno di voi, delle regole e dei limiti che, sebbene vissuti come catene, avvertono come necessari strumenti di protezione. E’ un modo diverso di comunicare che, nonostante le difficoltà, è in grado di aiutare, in modo efficace, la dinamica di una delle relazioni più importanti della vita di un individuo.
Le loro priorità sono cambiate, gli amici cominciano ad avere un ruolo fondamentale nella loro vita, sui banchi o fuori da scuola ed è con loro che si confrontano, cominciano a formulare pensieri nuovi che si allontanano da quelli della mamma o del papà e che creano in loro sentimenti d’indipendenza e autonomia. E’ con uno sguardo nuovo che vivono la realtà e hanno bisogno di scoprire i cambiamenti con chi esprime lo stesso disagio e vive la stessa trasformazione.
E’ un loro diritto avere opinioni contrastanti, vivere emozioni nuove, ribellarsi alle aspettative degli adulti, cercare una personale affermazione di sé all’interno di un gruppo che non è più la famiglia. E’ il ciclo della vita, niente di preoccupante ed è importante che, nonostante le difficoltà oggettive, il dialogo sia sempre aperto e attivo, che il vostro amore e il vostro senso di protezione arrivi chiaro e diretto.
Date fiducia, lasciate che, forti dei valori recepiti in casa, trovino la loro strada e scoprano qual è l’immagine che vogliono di se stessi, come vogliono esprimere la loro natura per costruire il loro futuro che, in questo momento, è ancora tanto lontano e fa paura.
E’ chiaro che, in caso di segnali che destino preoccupazione, il genitore non deve esitare a intervenire attraverso azioni restrittive che non lascino margine di dubbio alcuno. Il totale diniego ad azioni o a comportamenti violenti che mettano in pericolo anche la salute del ragazzo, deve manifestarsi senza possibilità di deroga e deve avere come obiettivo il controllo e lo studio di una situazione che, se non verificata, potrebbe produrre effetti negativi anche a lungo termine. Rientra nel diritto del ragazzo ricevere questo tipo di tutela che lo aiuti a capire che, nel gioco delle parti, un genitore non si sveste mai del suo ruolo protettivo.
Il dialogo coi genitori
Anche la gestione delle discussioni tra mamma e papà implica un impegno nella comunicazione con i figli e un impegno nell’educazione a un dialogo aperto, sincero ed efficace (leggi anche “Quando i genitori litigano: gli effetti del conflitto coniugale sui figli“). Senza farsi assalire dal senso di colpa per aver provocato in loro un disagio, spiegate in modo molto semplice che è naturale avere dei confronti verbali, più o meno animati, proprio come capita a loro con i loro amici.
Fate in modo che non corrano il rischio di avvertire un senso di responsabilità nell’accaduto e, anzi, porgete le vostre scuse per averli coinvolti. Non insistete se non vogliono parlarne e si chiudono in un atteggiamento ostile, starà a loro cercare il modo di comunicare quando si sentiranno pronti. Sono metodi educativi che insegnano che lo scontro è una cosa del tutto naturale e che va vissuto come un’occasione di scambio e di crescita di una relazione.
Comunicare e prestare ascolto sono due obiettivi fondamentali, due risorse imprescindibili per la formazione e la crescita di figli e genitori.
A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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