Negli ultimi anni, il termine Zen è diventato di uso comune per indicare un tipo di meditazione, uno stato di relax, una condotta di vita ispirata a determinati principi e spesso è stato associato anche a pratiche di riordino, alimentazione e sport. Ma di cosa si tratta esattamente? E come può essere inserito nella vita di ognuno, indipendentemente dal proprio credo?
Personalmente trovo che lo zen offra grandi spunti di riflessione, applicabili alla vita di ognuno di noi e che possa essere di profonda ispirazione durante un percorso di crescita personale.
Questo sarà il primo articolo di un piccolo ciclo sullo Zen, dove vedremo una presentazione. Nei prossimi lo approfondiremo, declinato nei diversi ambiti e contesti.
Cosa significa la parola zen?
Zen è la pronuncia giapponese del carattere cinese “Chan”, che a sua volta è la traduzione del termine sanscrito “Dhyana“. Il suo significato letterale è “visione”, ma in Occidente è spesso tradotto anche come “meditazione”.
Sarebbe però sbagliato considerarlo una mera tecnica per ottenere determinati risultati. Si tratta di una forma mentale con lo scopo di fornirci una via che ci riporti al nostro vero Io, al presente, al “qui e ora”, distaccandoci dalle distrazioni inutili e dagli atteggiamenti mentali che ci isolano dalla realtà.
Questo è uno degli aspetti che mi ha maggiormente affascinato e mi è d’ispirazione nella pratica psicoterapica. Quante volte anneghiamo in mille preoccupazioni per il futuro oppure rimaniamo bloccati in schemi mentali che non ci sono mai appartenuti o non ci appartengono più?
Essere zen
Secondo lo Zen, eliminando le nostre sovrastrutture mentali e superando l’attaccamento al mondo materiale è possibile arrivare alla Verità Assoluta e viverla nella sua pienezza. Non viene mai specificato nei dettagli quale sia questa Verità, ma ognuno è spinto a trovare la Sua.
Un altro degli aspetti più caratteristici dello Zen è l’importanza del paradosso. Esso porta la mente in una direzione diversa da quella a cui è abituata durante la routine. In questo modo non è più possibile agire “con il pilota automatico”, replicando i comportamenti appresi e reiterati. Si tiene a bada il pensiero razionale ed è possibile liberare creatività e intuizione.
Tale pratica è molto affine a ciò che si cerca di fare anche in Psicoterapia perché permette di mettere in atto nuovi modi di agire, spinti da nuove prospettive e animati da visioni alternative delle cose.
Quante volte continuiamo a comportarci nel modo che ha generato il problema, sperando di ottenere risultati diversi? “L’illusione più pericolosa è quella che esista soltanto un’unica realtà.” P. Watzlawick
Meditazione zen o pratica zen?
Se, da un lato, esistono molte persone si sentono attratte dalla pratica Zen, per molte altre, essa si può configurare come un’ulteriore tipo di meditazione, priva di un significato reale. E’ assolutamente accettabile. La strada verso la consapevolezza va percorsa per scelta e con i propri tempi.
“Rallenta, e ciò che stai inseguendo si avvicinerà e ti prenderà.” (Frase Zen)
La pratica più utilizzata (e, per così dire, più ortodossa) per avvicinarsi alla Verità dello Zen è la meditazione Zazen, ovvero la classica seduta a gambe incrociate.
Meditazione zazen
In Zazen il punto centrale è quello di armonizzare il corpo, il respiro e la mente e il respiro consapevole è usato come mezzo di connessione. Una volta terminata questa pratica, può essere utile, eseguire una passeggiata lenta, continuando a mantenere consapevole e cadenzata la respirazione (Kinhin).
I risultati di recenti esperimenti scientifici hanno indicato che la meditazione agisce sulle nostre onde cerebrali, portando alla produzione di onde tipiche, molto più lente di quelle della veglia e dell’attivazione diurna (onde alpha).
Per concludere il primo articolo su questa introduzione allo Zen, vorrei lasciarvi un piccolo esempio di pratica che ho sperimentato essere ottimo nella routine mattutina mia e di diversi pazienti. Inoltre rappresenta un ottimo strumento da “portare con sé” in caso di manifestazioni ansiose generalizzate o attacchi di panico, anche se ribadisco non si tratta di una tecnica pret-a-porter, quanto di una risorsa in più per imparare a conoscersi e riportarsi in equilibrio.
Esercizi di meditazione zen
E’ consigliabile iniziare gradualmente, con dieci minuti al giorno per la prima settimana fino ad arrivare, andando ad incrementare lentamente, per raggiungere una pratica della durata di circa venti minuti.
Trovate un luogo tranquillo in cui sedervi, in una posizione confortevole (evitando fastidiosi crampi o formicolii), ma non troppo comoda da rischiare di non mantenere la schiena eretta o di appisolarsi.
E’ possibile, soprattutto all’inizio:
- sedersi con le gambe incrociate in modo che ogni gamba poggi sulla coscia opposta (loto pieno);
- sedersi con una gamba poggiata sul polpaccio opposto (mezzo loto);
- sedersi in ginocchio con le gambe piegate ai lati di un cuscino;
- sedersi su una panca bassa infilando le gambe sotto di essa;
- sedersi su una sedia con lo schienale dritto.
In ogni caso è importante mantenere la schiena e la testa in posizione eretta, le orecchie allineate con le spalle e il mento leggermente abbassato. In silenzio con gli occhi aperti senza, però, mettere a fuoco quello che ti circonda; abbassa lo sguardo e concentratevi sul respiro.
Inspirate ed espirate per tre volte attraverso la bocca. Poi, congiungete le mani formando un mudra zazen (mano sinistra appoggiata sulla mano destra, con i palmi rivolti verso l’alto e le punte dei pollici che si toccano).
Ora concentratevi sul respiro: contate fino a dieci inspirando ed espirando.
La mente segue il respiro dunque, mentre lo fate, non pensate al fatto di star respirando. Non c’è una mente e non c’è un corpo: si è semplicemente consapevoli della respirazione.
Soprattutto nelle prime pratiche, o nelle giornate particolarmente frenetiche, è facile che appena si tenta di concentrarsi, mille pensieri reclamino l’attenzione. Altre volte, semplicemente, il pensiero rappresenta una fuga… Una fuga da noi stessi e dal tempo che ci stiamo prendendo per meditare.
E’ perfettamente normale e non ha senso ingaggiare una battaglia mentale per affossarli. Semplicemente tornate al respiro e piano piano il fiume in piena dei pensieri si placherà.
“– Non riesco a concentrarmi, riesco solo a pensare alla mia stanza di meditazione… e a come arredarla…”
“- Mi vuoi sfottere??”
“- E tu vuoi sfottere me??”
“- La stanza della meditazione, è dentro di te…. devi arredare quella…”
(“Mangia, prega, ama”)
Autore: Stefania Canil, psicologa (psicoterapia e nutrizione)
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