Madre depressa: gli effetti sullo sviluppo

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
madre depressa
Quando in casa c’è una madre depressa l’intero sistema familiare è sbilanciato.

La depressione materna è considerata un fattore di rischio per lo sviluppo psico-emotivo e cognitivo del bambino. Le madri già a rischio di depressione sono particolarmente fragili nei primi mesi dopo il parto (si parla di depressione post partum). Il periodo di esordio della depressione è fondamentale, infatti le conseguenze sulla prole si diversificano in base all’età del bambino.

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Madre depressa, conseguenze sul figlio

Su base giornaliera, i bambini partecipano ripetutamente a una routine interattive con le loro madri. Una madre depressa compromette la capacità della diade (composta da mamma e bambino) di regolare reciprocamente l’interazione, attraverso due modelli interattivi in base al tipo di madre depressa: l’intrusività o il ritiro.

Le “madri intrusive” si mostrano al bambino con ostilità e con la loro invadenza interrompendo bruscamente ogni attività del piccolo. In questo contesto i bambini sperimentano rabbia, si allontanano dalla madre per limitare la sua invadenza e interiorizzano uno stile di coping rabbioso, basato sulla difesa dell’autonomia che viene percepita come costantemente minacciata.

Le “madri ritirate” sono disimpegnate, non rispondono ai richiami del piccolo, sono emotivamente fredde e non sono coinvolte nell’attività del bambino. Ricordiamo che sono le interazioni diadiche (mamma – bambino) a consentire al bambino di regolare i propri stati emotivi. Una madre depressa “ritirata” (quindi troppo concentrata sul suo dolore per badare al piccolo) ha lo stesso effetto di una madre anaffettiva. I bambini non sono in grado di autoregolarsi allo stato materno negativo e finiscono per sviluppare comportamenti di passività.

Effetti sullo sviluppo

Stando a una ricerca (Pediatrics Child Health, 9 ottobre 2004), le conseguenze della depressione materna cambiano non solo in base allo stile materno ma anche in base all’età del bambino.

In generale, le conseguenze nel figlio possono essere:

  • rabbia comportamentale,
  • passività,
  • incapacità di regolare gli stati emotivi,
  • disturbi affettivi,
  • stile di coping estremamente difensivo,
  • disturbi d’ansia,
  • disturbi della condotta
  • iperattività e disturbo da deficit dell’attenzione
  • disturbi dell’apprendimento

Se la depressione materna esordisce nel periodo adolescenziale del figlio, le conseguenze possono andare da disturbi della condotta fino all’abuso di sostanze. Quando l’esordio depressivo materno si verifica durante l’infanzia, gli effetti si fanno più tangibili sul piano emotivo-affettivo: non solo disregolazione emotiva (difficoltà a riconoscere e a regolare le emozioni) ma anche uno stile di coping difensivo. Cosa significa? Che il bambino, crescendo, imparerà a creare distanze con l’altro al fine di proteggere se stesso (allontanamento auto-protettivo)Per la rabbia comportamentale come conseguenza delle interazioni carenti tra mamma e bambino, consiglio la lettura dell’articolo dedicato alla rabbia cronica.

Il ruolo del padre

Le responsabilità parentali nell’educazione e nella cura della prole dovrebbero essere sempre decentrate. A causa di esigenze specifiche, può esserci uno sbilanciamento nei ruoli ma mai delle responsabilità.

Il coinvolgimento paterno (fin dai primi mesi del bambino) risulta un fattore protettivo per lo sviluppo della prole. Coinvolgere il padre nelle cure del piccolo, fin dalla sua nascita, comporta benefici sullo sviluppo del bambino e benefici sullo stato emotivo materno, con ricadute positive sull’intero sistema familiare.

La presenza paterna diviene un fattore protettivo per lo sviluppo di comportamenti a rischio in adolescenza, diminuisce la frequenza di comportamenti antisociali, migliora le performance scolastiche… Al contrario, tra i fattori di rischio contestuali figurano:

  • Conflitti coniugali
  • Malattie mentali del padre
  • Povertà
  • Padre assente
  • Eventi di vita stressanti (traslochi, perdita di lavoro, lutti…)
  • Supporto sociale limitato

Oltre ai fattori contestuali e al ruolo della figura paterna, gli studi si sono soffermati sulle caratteristiche proprie del bambino.

Il bambino

Una madre depressa può avere un impatto diverso anche in base al genere e al temperamento del bambino. Le ricerche statistiche hanno dimostrato che i figli maschi sono più sensibili alla depressione materna rispetto alle figlie femmine.

E’ stato dimostrato che una madre depressa tende a fare valutazioni negative dei comportamenti del figlio. Una madre depressa, dunque, costruirà un’immagine negativa del proprio bambino. Il bambino strutturerà la sua personalità sulla base delle emozioni che la madre gli restituisce. Le madri depresse si sentono meno efficaci nel loro ruolo e impiegano tecniche parentali disadattive.

Un bambino con un temperamento più rilassato e forte, sarà parzialmente impermeabile ai feedback negativi della madre depressa e non mostrerà un modello di reciproca negatività. Ciò significa che alle interazioni negative della madre, non risponderà con ulteriori comportamenti disfunzionali.

Un temperamento forte è associato ad altri fattori di resilienza come buone abilità sociali e cognitive. I bambini con abilità sociali elevate riescono a catturare facilmente l’attenzione di altri adulti diversi dai genitori depressi, questo aumenta le possibilità di avere interazioni positive e aiuta a mitigare la sensazione di rifiuto da parte del genitore.

Un bambino con una madre depressa non riesce a mentalizzare il malessere materno e si sentirà “semplicemente” indesiderato e rifiutato.

Il bambino si sentirà responsabile del comportamento materno.

Madre depressa: cosa fare

Il trattamento della depressione è essenziale. Un percorso psicoterapeutico, associato a una terapia farmacologica possono essere risolutivi.

In caso di terapia farmacologica durante la gravidanza o in allettamento (depressione post partum), è opportuno selezionare antidepressivi che hanno già avuto una risposta positiva nella cura (in caso si trattasse di una depressione recidivante). Soprattutto durante la gravidanza, i vecchi antidepressivi triciclici sono stati sostituiti dagli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) considerati a basso rischio.

Sebbene non vi sia un consenso univoco sull’uso di antidepressivi in gravidanza o durante l’allattamento, l’impiego di psicofarmaci deve essere valutato sulla base di un rapporto rischio-benefici.

Antidepressivi durante l’allattamento

Per l’uso di antidepressivi durante l’allattamento, l’esposizione del bambino ai farmaci antidepressivi SSRI può essere ridotta con un’operazione di svuotamento e scarto (andando a scartare il latte prodotto entro le 9 ore successive all’assunzione dei farmaci SSRI).

In genere, se durante la gravidanza è stato iniziato l’uso di antidepressivi, è sconsigliata l’interruzione nel periodo postnatale.

Uso di antidepressivi in gravidanza

Sia gli antidepressivi triciclici che gli SSRI attraversano la barriera placentare, tuttavia lo studio di Kulin et all non ha riscontrato alcun aumento di malformazioni fetali o complicanze nella gravidanza. Lo studio ha coinvolto 267 donne che hanno assunto SSRI durante la gravidanza.

In uno studio non sono stati indagati gli effetti degli antidepressivi sul feto ma sullo sviluppo cognitivo e motorio del bambino. In un campione più piccolo, Casper et al hanno confrontato le performance di 31 bambini nati da madri depresse che hanno scelto di non assumere farmaci durante la gravidanza e 31 bambini nati da madri che hanno assunto regolarmente antidepressivi SSRI. Sebbene i punteggi sugli indici di sviluppo mentale Bayley fossero simili in entrambi i gruppi di bambini (dai 6 ai 40 mesi di età), i bambini esposti agli SSRI hanno ottenuto punteggi più bassi sugli indici di sviluppo psicomotorio Bailey e sui fattori di qualità motoria della scala di valutazione comportamentale Bailey.

Supporto sociale e interventi psicoeducativi

La psicoterapia durante la gravidanza e nel periodo postnatale, può essere un fattore protettivo per le madri a rischio depressione.

Gli interventi nel periodo post-natale mirano a migliorare gli stati d’animo materni, aumentare la consapevolezza e la sensibilità verso determinati stimoli del bambino. Lavorando sulla consapevolezza, la madre depressa andrà a diminuire le percezioni negative sui comportamenti del bambino.

La psicoterapia si concentra sulla rappresentazione che ha la madre del suo bambino e sulla relazione diadica (mamma – figlio) esplorando aspetti come l’infanzia della madre e la sua storia di attaccamento precoce.

Robert-Tissot et al, nel loro studio sugli effetti del trattamento psicodinamico, hanno evidenziato un miglioramento significativo del sonno del neonato, nella sua alimentazione e nelle difficoltà di separazione dalla madre. I bambini diventavano più cooperativi, migliorando l’alleanza madre-bambino.

Non mancano tecniche psicoeducative che mirano a migliorare la qualità delle interazioni madre-bambino. Altri fattori protettivi possono essere la terapia familiare, indicata quando in famiglia vi sono bambini in età scolare.

Il ruolo del pediatra o del medico di famiglia

Chiunque abbia un rapporto professionale di cura dovrebbe indagare la presenza di eventuali indici di depressione post partum.

Il pediatra e il medico di famiglia sono delle figure chiave che potrebbero aprire gli occhi alla madre circa la malattia che sta affrontando. Per indagare la presenza di depressione postpartum bastano domande come:

  • Come ti senti a essere mamma?
  • Sei felice del tuo bambino?
  • Credi che il tuo bambino sia facile o difficile da curare?
  • Come vanno le cose in famiglia?
  • Stai dormendo abbastanza?
  • Come va il tuo appetito?
  • Nell’ultimo periodo, ti sei spesso sentita depressa o senza speranza?
  • Nell’ultimo periodo, hai notato un calo di interesse nelle attività che generalmente ti davano piacere?

Per molte madri, le visite mediche con il pediatra o i colloqui con il medico di base, possono essere l’unico contatto con un operatore sanitario.

Il pediatra può essere il primo professionista a riconoscere una madre in difficoltà e a istruire la neo-mamma su quanto un umore depresso possa influenzare il benessere del bambino a partire dalla qualità del sonno. Un neonato che dorme male può avere ricadute significative sulla salute psicofisica della madre: i ripetuti pianti notturni possono mettere a dura prova chiunque madre, figuriamoci una madre depressa.

Dati statistici

La depressione postpartum si verifica in circa il 13% delle donne. Spesso non viene riconosciuta e, anche quando viene riconosciuta, non sempre la famiglia si attiva prontamente per il trattamento.

Il figlio neonato di una mamma depressa è a rischio di sviluppare un attaccamento insicuro, affettività negativa, deficit di attenzione e disregolazione emotiva.

Bambini in età prescolare con madri depresse sono più inclini a sviluppare deficit nel funzionamento cognitivo, nelle interazioni sociali (sia con genitori che con i coetanei) e problemi di autocontrollo.

Adolescenti e bambini in età scolare con genitori depressi sono a rischio di sviluppare diverse psicopatologie, compresi disturbi della condotta, disturbi d’ansia e disturbi affettivi. Sono anche a rischio ADHD e difficoltà di apprendimento.

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