Vi è mai capitato di accorgervi di ripetere, in determinate circostanze che hanno qualcosa di simile tra loro, comportamenti che non portano i risultati desiderati, o che persino hanno conseguenze spiacevoli? O di avere atteggiamenti e reazioni che vi portano a star male o a perpetrare una sofferenza che conoscete bene? Oppure vi siete accorti che certe persone o situazioni, evocano in voi sempre la stessa reazione?
IL CASO CLINICO DI FRANCO
Franco è un ingegnere di 35 anni che ama il suo lavoro, ed è stimato ed apprezzato da colleghi e superiori per la sua serietà. Ultimamente accusa diversi malanni: è molto stanco e senza energie, sente la testa confusa, le cose che prima erano semplici ora gli sembrano impossibili e superiori alle sue capacità, fatica ad alzarsi dal letto al mattino, si sente agitato e arrabbiato ma non sa perché. Franco è sempre disponibile e accomodante con tutti: con la famiglia, con gli amici, con i colleghi e i superiori che gli propongono lavori e responsabilità sempre crescenti, alle quali non si sottrae mai. Franco in effetti ha un problema: non sa dire di no, non sa mettere confini sani e rispettosi di sé e degli altri. E per questo spesso si trova coinvolto in mille impegni, in attività che non gli piacciono, dimenticandosi di sé, nel faticoso tentativo di non scontentare né deludere mai nessuno, e la sua frustrazione lo fa sentire “una cattiva persona”.
COSA HANNO IN COMUNE GIULIA E FRANCO?
Sono entrambi catturati dai loro schemi di comportamento automatici, a loro volta frutto di un interesse che ha sequestrato il loro sistema motivazionale: Giulia si preoccupa di non aver studiato alla perfezione e questo finisce con il bloccarla negli studi, mentre Franco vuole sempre fare contenti tutti e questo lo porta ad esaurire le energie e a sentirsi frustrato e infelice. Giulia ha l’interesse ad essere sempre “brava e all’altezza delle aspettative”, e Franco ha l’interesse a far sì che gli altri gli vogliano sempre bene.
Il punto è: Giulia e Franco sono consapevoli di cosa guida i loro comportamenti? Probabilmente no; pensano semplicemente di “essere fatti cosi”, che non vi sia nulla da fare, e questo li fa sentire ancor più scoraggiati e confusi.
COMPRENDERE I PROPRI MECCANISMI MENTALI
Organizziamo la nostra personale visione del mondo in base al nostro temperamento, alle esperienze del passato, alle convinzioni individuali, ai condizionamenti familiari e culturali, alla nostra personalità e questi fattori costruiscono il nostro filtro interpretativo. Infatti ci portano a creare ed utilizzare dei criteri di interpretazione degli eventi molto soggettivi, responsabili del diverso modo in cui ci poniamo di fronte ad uno stesso evento: infatti, di fronte all’ennesima richiesta da parte dei colleghi, Franco sente il dovere di accondiscendere e questo lo porta a sentirsi sopraffatto e frustrato, mentre la sua collega Gianna è capace di dire no con fermezza, e questo le permette di gestire le sue energie in modo più sano.
Stesso evento, persone diverse, risposte diverse, conseguenze diverse.
È dunque importante imparare a divenire consapevoli di quegli aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali che ci guidano “automaticamente”, e dei quali non siamo consapevoli, in modo da poterli riconoscere e modificare quando necessario al nostro vero benessere. Perché? Per essere più liberi di esprimere noi stessi e manifestare ciò che sentiamo e desideriamo: “L’azione ordinata è diversa: non si deve agire per essere approvati o riconosciuti, ma perché si dà un senso a quello che si fa e se ne rispetta il valore” (A. Tamburello).
A PROPOSITO DI RELAZIONE
Esiste una relazione di reciproca influenza tra il modo in cui interpretiamo gli eventi, le nostre emozioni, i nostri comportamenti e l’ambiente, come sintetizzato nello schema seguente:
IL CASO CLINICO DI GIANNI
Un esempio può aiutarci a capire questa reciproca interazione. Gianni vive con dei genitori molto esigenti e critici, che hanno riposto in lui le loro più grandi aspettative. Ha appena concluso la prova scritta per un esame importante; è la seconda volta che tenta di superare questo esame, particolarmente difficile, al quale molti studenti sono stati bocciati più di una volta. Nei giorni che seguono egli è in attesa di ricevere il risultato dell’esame scritto, è preoccupato e sfiduciato e pensa: “sicuramente non l’ho passato neanche stavolta”.
I suoi pensieri sono piuttosto negativi: “non lo passerò mai” pensa, “non sono abbastanza bravo per questi studi”, “non finirò più l’università e non troverò mai un lavoro decente”, “deluderò profondamente i miei” ecc. Questi pensieri continui influenzano profondamente il suo stato emotivo e Gianni si sente ansioso, scoraggiato e triste. Il suo stato emotivo influisce anche sul suo stato fisico: Gianni si sente infatti molto stanco e privo di energie, soffre di insonnia, ha mal di stomaco e gli è tornato un fastidioso herpes alle labbra.
Il suo umore è molto giù e non ha voglia di fare nulla: resta in camera tutto il giorno, non esce con gli amici, non vuole rispondere alle telefonate e trascorre le giornate in casa in pigiama, rimuginando sulla sua sventura. Questo comportamento di chiusura lo rende sempre più preoccupato, triste e scoraggiato: gli amici lo cercano di meno, pensando che non li voglia vedere, Gianni non riesce neanche a preparare un altro esame per portare avanti gli studi, e non vede come uscire dal futuro nero che la sua mente continuamente gli mette davanti.
Nell’esempio di Gianni notiamo come ambiente, esperienze passate, cognizione, emozioni e comportamento siano reciprocamente in rapporto tra di loro, e si influenzino (in questo caso negativamente) fino a produrre una sorta di circolo vizioso, come spesso accade in molte condizioni di sofferenza quali la depressione, dalle quali sembra impossibile venir fuori. Ma la soluzione esiste ed è alla portata di ognuno di noi: si tratta di imparare a riconoscere i nostri “circoli viziosi” e iniziare a correggerli, introducendo conoscenze e informazioni più vere e complete, facendo un esame di realtà, impegnandoci a interpretare le cose in modi alternativi ma ugualmente se non più “veri” e flessibili, imparando nuove abilità e cambiando gradualmente i comportamenti che rinforzano e mantengono il circolo vizioso.
“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà.” (W. Churhill). In un certo senso noi siamo la somma di tutte le nostre esperienze, ma siamo anche qualcosa di più: siamo il modo in cui attribuiamo significato alle esperienze passate e a quelle future, siamo la capacità di modificare i nostri punti di vista ed i nostri comportamenti, siamo coloro che possono governare il modo in cui si pongono verso gli altri, se stessi e gli eventi.
Possiamo farci guidare dalla saggezza e dall’intelletto, laddove gli “automatismi” delle nostre interpretazioni e reazioni hanno finora avuto la meglio. Ciò non significa che farlo sia facile: richiede impegno, pazienza e tenacia, ma è una grande opportunità verso una libertà maggiore, guidata dall’espressione di sé, dal senso profondo che si dà a ciò che si fa, e dall’apertura all’altro e alla vita invece che dalla paura, dalla diffidenza, dal bisogno di ottenere approvazione o da altre emozioni intense che in qualche modo “sequestrano” i nostri comportamenti. Il piccolo schema seguente può essere utile per iniziare a conoscere i nostri pensieri automatici, le interpretazioni automatiche, le reazioni emotive e comportamentali che più ci caratterizzano in determinate circostanze:
Dopo aver imparato a notare questi nostri atteggiamenti, esserci entrati “in confidenza” in modo aperto e non giudicante, potremo iniziare a modificare un po’ quelli che ci creano maggiore sofferenza. Possiamo farlo impegnandoci ad “allargare le maglie” delle interpretazioni e dei comportamenti automatici ricordando di poter considerare, insieme ad essi, anche delle versioni delle cose che siano alternative a quelle automatiche, mettendole accanto ad esse per poter più in là cominciare ad effettuare una scelta: da una parte le vecchie abitudini di pensiero e comportamento, dall’altra qualcosa di nuovo, più sano e buono per noi.
A cura di Annalisa Barbier, psicoterapeuta
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci sulla Pagina Ufficiale di Psicoadvisor o nel nostro gruppo Dentro la Psiche. Puoi anche iscriverti alla nostra newsletter. Puoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*.