Non dire mai queste frasi a chi ha un animo molto sensibile

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Le persone sensibili devono fare costantemente i conti con una forte emotività e un’acutissima percezione che si riflette anche sugli organi di senso: queste persone riescono a percepire leggeri cambi di temperatura, si lasciano infastidire da rumori tenui (per esempio, come il ticchettio dell’orologio, compreso quello da polso!), sono quindi sensibili ai suoni, agli odori, alla quantità di luce, ai sapori e danno forte importanza alle esperienze tattili.

Qualsiasi sensazione così come tutte le emozioni arrivano amplificate, sotto forma di un grosso carico da dover gestire correndo il rischio di lasciarsi sopraffare. Queste persone non sono sempre consapevoli dell’origine della loro sensibilità, spesso cercano di contenersi ma alla fine “agiscono di pancia” con tutti i rischi che ne conseguono.

Si sentono a disagio con i complimenti. Hanno un innato perfezionismo che li spinge all’operosità e al desiderio di fare tutto bene, si sforzano di non commettere errori e per questo spesso tendono a rimuginare. Si lasciano sopraffare dagli eventi e dagli stati d’animo altrui e quando il carico emotivo si fa troppo pesante, hanno bisogno di ritagliarsi del tempo per riorganizzarsi ex novo, ripartire e soprattutto, smettere di rimuginare. Spesso soffrono della sindrome dell’impostore.

Le frasi peggiori da rivolgere alle persone sensibili

La stabilità emotiva delle persone ipersensibili è facilmente perturbata da eventi, persone e perfino frasi. Se hai conosciuto una persona con queste caratteristiche, ti consiglio di relazionarti usando un certo tatto. Ecco alcune frasi da mettere da parte. Tra queste frasi, alcune sono estremamente infelici e andrebbero evitate a prescindere dal tuo interlocutore. Vediamole insieme.

1. «Stai calmo!»

«Stai calmo!» questa frase spesso non è vissuta come un invito ma come un giudizio. Chi è molto sensibile può recepire un messaggio diverso, quasi un richiamo, così, un semplice invito alla calma viene intenso come il sinonimo di un “ti stai alternando troppo!”.  Inoltre, chi è ipersensibile tende a vivere le frasi altrui come una minaccia alla propria autonomia, così, un invito alla calma può essere vissuto come un’imposizione e può sortire l’effetto opposto.

Un semplice  “Stai calma!” può innescare nell’ipersensibile che sente minacciata la propria autonomia, questo pensiero: “già sono calma, in ogni modo, se pure mi voglio alterare sarei liberissima di farlo!” Uno scambio che prende questa piega, difficilmente troverà dei punti di incontro. Se preferisci stemperare la tensione, meglio ammorbidire il clima alleggerendo l’argomento piuttosto che usare quel “stai calmo”.

2. «Sei troppo sensibile»

L’emotività può essere motivo di confronto aperto, ma anche qui ci sono modi e modi per veicolare il tuo messaggio. Se vuoi confrontarti sull’emotività del tuo interlocutore, puoi usare frasi come “sei molto sensibile”, molto è ben diverso da troppo. Quel “troppo” implica un giudizio al negativo che porterà inevitabilmente a una chiusura dell’altro.

3. «So come ti senti»

Beh, in realtà non è vero, non sai come si sente l’altro. A meno che tu non sia un vero esperto e/o professionista della salute mentale, ti sarà estremamente difficile immaginare i vissuti emotivi dell’altro nella loro complessità e interezza. Nel relazionarti con una persona molto sensibile, dovrai tenere in mente che le intensità dei sentimenti non si possono paragonare. Certo, puoi confrontarti su vissuti ed esperienze, ma fai attenzione a non farla sembrare una gara. Più di affermare che riesci a capirli, puoi farli sentire compresi con vicinanza, ascolto empatico e dialogo acritico.

4. «Sei esagerato»

Ecco un altro giudizio affrettato che dovresti evitare. Affermando “stai esagerando” sminuisci l’esperienza del tuo interlocutore. Chi è ipersensibile spesso finisce per avere delle reazioni marcate che dall’esterno possono sembrare inopportune.

Le persone ipersensibili, come premesso, fanno costantemente i conti con un’emotività esasperata, hanno quindi bisogno di imparare a regolare il volume delle loro emozioni. Questo apprendimento si dovrà verificare in un contesto di calma e non in un ambiente ricco di critiche e giudizi. Cosa fare? Contribuisci a creare un ambiente calmo e acritico, solo migliorando il clima del dialogo potrai trarre il meglio dalla conversazione.

5. «Non ti serve lo psicologo»

Molte persone sono spaventate all’idea di consultare uno specialista della salute mentale a causa dello stigma del “malato di mente”. Talvolta l’ipersensibilità è accompagnata da stati d’ansia, panico, depressione, agorafobia, scatti d’ira, sbalzi d’umore o marcata disregolazione emotiva. In questi contesti, la persona potrebbe essere interessata a iniziare un percorso psicoterapeutico superando così lo stigma.

Se tu non riesci andare oltre questo stigma sociale, non scoraggiare chi è riuscito a farlo. Inoltre, quando una persona segue una psicoterapia, i suoi cari tendono ad operare una sorta di resistenza più o meno esplicita. Il motivo? Vogliono mantenere lo status quo e temono che la psicoterapia possa cambiare le cose in maniera imprevista.

Sappi che una psicoterapia può portare a una maggiore consapevolezza delle emozioni, accettazione dei vissuti interiori e capacità di controllare le emozioni e migliorare la capacità di muoversi nella vita in base ai propri obiettivi… Se l’idea che il tuo caro segua una psicoterapia non ti piace, prova a interrogarti sulle motivazioni alla base del tuo disappunto. Si tratta di un mero pregiudizio o hai paura di qualcosa?

6. «Devi fare… devi essere… devi…»

Le imposizioni non piacciono a nessuno, tuttavia, c’è chi riesce a farsi scivolare i devi e fronteggiare i doveri con disinvoltura, senza la sensazione di rimanere intrappolati in una serie di costrizioni senza via di fuga. Chi ha una spiccata sensibilità, vive le imposizioni come una limitazione all’autonomia personale. Non sovraccaricare l’altro con una carrellata di devi. Frasi come “abbiamo bisogno di…” oppure “puoi fare…”, “puoi essere…” sortiscono un effetto migliore e raggiungono lo scopo desiderato.

Non sempre l’ipersensibilità può essere assoggettata a un quadro clinico diagnostico, in alcune circostante l’ipersensibilità porta il nome di disregolazione emotiva. Il concetto di disregolazione emotiva fa riferimento a una brusca interruzione della “stabilità emotiva” dei processi mentali che sono legati alla costante e dinamica regolazione dell’interazione tra cervello-mente-corpo-ambiente (Lazarus e Folkman, 1984).

Le persone iper-emotive, in questo specifico scenario, sembrano essere più sensibili a sentimenti di rabbia e tristezza che sarebbero facilmente attivati da sollecitazioni esterne anche minime e poco consistenti. Sempre in questo peculiare contesto, l’ipersensibilità è accompagnata da un senso di inefficacia e di sfiducia negli altri. A causa di questo senso di sfiducia, la persona sarebbe portata e pensare di non aver bisogno dell’aiuto di nessuno.

Non dovemmo meravigliarci nel leggere che un quadro di sfiducia sia associato a difficoltà nella regolazione emotiva. La letteratura scientifica ci mostra come la disregolazione emotiva sia un probabile esito di una relazione caregiver-bambino problematica.

L’esempio più lampante potrebbe verificarsi quando un bambino esposto all’inadeguatezza del suo caregiver, si sente rifiutato e non amato. Sebbene questo bambino possa adottare strategie per mantenere una relazione con il caregiver (come i pattern di attaccamento ansioso, evitante o ambivalente), si verifica al contempo un fallimento nella possibilità del bambino di fare esperienza di se stesso come abile nel regolare i propri stati interni negativi e fare esperienza dell’altro come capace di offrire conforto e sollievo.

In pratica il bambino non riuscirà a conquistare gli strumenti atti a garantire una buona regolazione emotiva e apprenderà che non potrà trovare nell’altro un rifugio sicuro (e da qui la sfiducia verso le relazioni). Questo ci spiega anche perché la persona ipersensibile sembra essere particolarmente suscettibile a rifiuti, critiche, tristezza, risposte di rabbia ed esili offese (vedendo offese anche dove non ci sono!). Qualcosa di molto simile l’ho spiegato nel mio articolo perché si è permalosi e troppo sensibili alle critiche. Va da sé che esiste una correlazione tra disregolazione emotiva e stile di attaccamento insicuro (ansioso, evitante, ambiavalente).

7. «Ti capisco»

Chi non ha sviluppato alcuna fiducia nell’altro, potrebbe sentirsi stretta anche questa frase: ti capisco. E’ davvero arduo comprendere la sofferenza che soggiace dietro certe facciate, ecco perché un ti capisco può essere sostituito con un più mite e affettuoso “ti sono vicino”. Cosa fare? Dipende dalle tue priorità e dalla dimensione della relazione. In uno scenario ottimistico, sarebbe auspicabile far sentire all’altro il proprio appoggio incondizionato e non giudicante, adottare un atteggiamento rassicurante provando ad essere sufficientemente solidali ed empatici.

Chi non rispetta la tua sensibilità, non ti conosce affatto

Quando ti rendi conto che alcune persone sono con te poco rispettosi, c’è un’altra verità che non puoi ignorare: quelle persone non ti conoscono per chi sei, perché ti vedono e continueranno a vederti solo per ciò che significhi per loro (una persona da usare per il soddisfacimento dei loro bisogni!). Quindi, tieni presente che potrebbero non conoscerti in alcun modo profondo o significativo. Ecco perché non si curano dei tuoi bisogni, perché non sono capaci (e non vogliono assumersi la responsabilità) di rispettarli.

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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” – Rizzoli
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