Non è mai l’amore di un altro che ti guarisce ma l’amore che decidi di dare a te stesso

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Non produce alcun frutto, a lungo andare, nei rapporti personali, comportarsi come se si fosse diversi da come si è.” Lo affermava il caro Carl Rogers! Eppure, tanta gente non riesce ad essere serena e ad accettarsi per quel che è: perché accade questo? Questa mancata accettazione pone le sue radici nell’inconscio che farebbe costruire dentro di se una sorta di “elaborazione distorta intrusiva” del tipo: “se io sono perfetto/a, nessuno avrà alcunché da criticare di me: così non sarò rifiutato/a ne criticato/a, e quindi sarò accettato/a”.

Ogni volta che qualcuno ci critica o ci fa sentire inadeguati, perdiamo una piccola dose di quell’amore che avevamo per noi stessi. Impariamo che, se vogliamo essere accettati dagli altri, dobbiamo corrispondere a determinati standard e se non lo facciamo, gli altri ci faranno notare che siamo fuori dalla loro cerchia. A questo punto smettiamo di amarci incondizionatamente e iniziamo a condizionare la relazione con il nostro “io” ai nostri successi e fallimenti.

Nel momento stesso in cui iniziamo a giudicarci applicando le regole degli altri, smettiamo di amarci per quello che siamo. Si tratta di un processo doloroso nel quale siamo passati tutti. Come risultato non sorprende che molte persone, anche adulti di successo, continuino a sperimentare una sensazione di disagio con se stessi attribuendosi costantemente delle colpe. Queste persone hanno perso il contatto con il loro “io” più profondo perché hanno costruito un “io sociale” che lo ha sepolto.

Ogni persona su questa terra ha un suo valore intrinseco per il fatto che esiste

Accettati da chi? Ecco che ritorna il pensiero inconscio: “dagli altri, forse originariamente non deluderò le aspettative dei genitori. Forse non deluderò e sarò degno/a delle persone più belle, più raffinate, più intelligenti di me, più mature, quelle che ci sanno fare molto più di me…”. Per rendere meglio il concetto, cito la storia del re che si reca nel suo giardino e trova tutte le sue piante appassite e morenti: il leccio disperato perché non può essere alto come l’abete; l’abete amareggiato perché non riesce a fare frutti; la vite è triste perché i suoi fiori non sono belli come quelli della rosa.

Il re vaga in questo giardino, che si sta lasciando morire, finché trova un piccolo arbusto che è ancora tutto intero e fiero della sua bellezza, e gli chiede come mai fosse l’unica pianta a essere ancora rigogliosa. Questa gli risponde così: “Ho pensato che quando mi hai piantato volevi una bouganville, e non potendo essere altro che ciò che sono, lo faccio al meglio“.

Il significato di questa storia è che ognuno di noi può essere solo se stesso, dando il suo contributo alla varietà e alla bellezza di questo giardino che è il mondo, semplicemente con la sua specialità, fatta di pregi, ma anche di difetti. Se ci paragoniamo agli altri, o a uno standard che vorremo raggiungere, potremmo uscirne sconfitti. Stiamo perdendo del tempo che potremmo usare per apprezzarci.

Il mondo è pieno di  forme e dimensioni, e spesso ci arrivano risultati inattesi che ci insegnano di più. Una tavoletta di cioccolato fondente scordata in tasca a Le Baron Percy Spencer ha portato alla scoperta del forno a microonde.

La penicillina è stata il risultato di un Alexander Fleming frustrato perchè licenziato, che aveva dimenticato del cibo per giorni sul tavolo. Abbracciare le imperfezioni in noi stessi e negli altri, senza per questo però subirle, porta inevitabilmente a un più forte e onesto modo di vivere.

Le persone combattono se stesse in diversi modi

Criticando il proprio fisico, trovandosi mille difetti e aspirando ad un ideale irraggiungibile, trovandosi sempre e per sempre insoddisfatte. Oppure si combatte una lotta con il proprio modo di essere, con il proprio carattere, dimenticando che ogni caratteristica ha il suo positivo ed il suo negativo. Quella che chiamiamo testardaggine potrebbe essere in alcune situazioni la stessa caratteristica che ci porta ad essere determinati. Altre persone si combattono mescolandosi ed invischiandosi in comportamenti non sani che le porteranno ad essere infelici come fumare, bere, mangiare in modo del tutto disordinato, ma anche immergendosi in relazioni tossiche e nocive che non rispondono ad un appagamento e ad un accrescimento di noi come persone attraverso l’altro.

Spesso il nostro dialogo interno è il termometro della nostra autostima, la misura della lotta che combattiamo contro di noi. Quante volte sbagliando vi siete trovati a rivolgervi parole come “stupida/o” oppure “che cretino” “che maldestro” “sono proprio imbranato”…Sebbene sembrino piccoli segnali, queste parole scortesi nei nostri confronti sono come delle piccole goccioline che giorno dopo giorno alimentano la giara della disistima e, di conseguenza, dell’insoddisfazione che proviamo verso noi stessi e, di riflesso, verso la nostra vita.

I segnali che indicano che non ci accettiamo incondizionatamente

  • Ci sentiamo spesso inadeguati in situazioni e contesti diversi
  • Pensiamo di non meritare l’amore degli altri
  • Ci paragoniamo costantemente agli altri e finiamo sempre per sentirci inferiori
  • Pensiamo di non essere abbastanza intelligenti/belli/interessanti/socievoli
  • Non intraprendiamo nuovi progetti per paura di fallire
  • Ci reprimiamo costantemente, non ci permetti di essere noi stessi
  • Ci sentiamo a disagio con noi stessi e non ci piace stare da soli con i nostri pensieri

Per evitare che l’insicurezza ci invalidi l’esistenza è bene elaborare le cause che ci hanno portato ad essere insicuri. E’ pertanto fondamentale accettare e comprendere che i difetti non esistono in se; sono le nostre distorsioni cognitive che ci fanno credere di essere inadeguati. E’ fondamentale inoltre non guardare a chi dovrebbe giudicarci come quando eravamo bambini: in questo modo eviteremo di mantenere inconsciamente la odiata, ma anche cercata dipendenza dallo sguardo censore degli altri (ma che ormai abbiamo interiorizzato).

Suggerimenti pratici per accettarsi con serenità

Accettarsi incondizionatamente è il primo passo per amarsi incondizionatamente. Non possiamo stare bene con noi stessi se ci critichiamo costantemente, se pensiamo di essere dei falliti o non abbastanza intelligenti e attraenti. È interessante il fatto che accettare i nostri difetti o imperfezioni non significa non impegnarsi a migliorare.

L’accettazione implica, prima di tutto, la piena consapevolezza. Questo vuol dire che siamo consapevoli degli errori che abbiamo fatto ma non continuiamo a punirci per questi, piuttosto cerchiamo di correggerli. Significa che siamo consapevoli dei nostri limiti e cerchiamo di fare un ulteriore passo avanti.

L’accettazione incondizionata implica sperimentare la realtà così com’è, senza alcuna negazione o rifiuto. Con il passare del tempo, se questo atteggiamento è davvero sincero cancellerà le sensazioni negative e spiacevoli che provavamo verso noi stessi e lascerà il posto all’amore. Il processo di accettazione incondizionata è lungo e doloroso. Ma alla fine del percorso scoprirete che è anche liberatorio. Infatti, troviamo difficile praticare l’accettazione incondizionata perché ci è stato insegnato a criticarci e diventare il nostro giudice più severo. Ci è stato insegnato ad adattarci alla società, ma non a convivere con noi stessi.

Riscopriamo chi siamo

Per accettarci dobbiamo conoscerci. Dedichiamo tutti i giorni qualche minuto a guardare dentro di noi. Chiediamoci cosa ci piace e cosa detestiamo, cosa ci rende felice, cosa non ci piace di noi, chi siamo veramente…

Possono sembrare domande banali, ma forse ci sorprenderemo nel sorprendere che non abbiamo risposte per molte di queste domande perchè da molto tempo abbiamo perso la connessione con il nostro “io interiore”.

Accettiamoci senza criticarci

Ogni volta che commettiamo un errore o scopriamo una parte di noi che non ci piace, invece di giudicarci e criticarci accettiamolo semplicemente. Prendiamo atto della realtà come fossimo un osservatore imparziale.

Chiediamoci cosa possiamo imparare e in che modo questo errore o “difetto” può trasformarci in una persona migliore. Accettiamo di non essere perfetti e che non abbiamo bisogno di esserlo per amarci ed essere una persona di valore.

RICORDA…

Accettare se stessi significa anche imparare a capire che non si potrà sempre vincere. Prima o poi capita a tutti di cadere e di fallire, ma questo non significa essere dei perdenti. Se accetti questa condizione come parte dell’essere “Fallibili” e quindi umani, allora sarai anche capace di reagire nel modo giusto. Cadere infatti non è un male in sé. Ciò che davvero conta è la capacità di rialzarsi…e quando si comincia a mettere a frutto le proprie doti, facendo del meglio con il poco che si ha, quel poco si moltiplica e si scopre di avere delle risorse inaspettate.

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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