Non troverai la strada giusta se non hai la forza di lasciare quella sbagliata: il valore della rinuncia

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

“Lasciare significa: lasciare che per un po’ le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente. Se rinunciamo a tentare di guidare le cose e quelle, muovendosi, si allontanano da noi, lasciamole andare. Molliamo la presa. Se le lasciamo andare per la loro strada, ci rendiamo liberi per qualcos’altro.” (Bert Hellinger, Gli Ordini del Successo)

Ammettiamolo, non abbiamo un buon rapporto con i nostri piccoli o grandi insuccessi. Ci lasciamo facilmente dominare dalla paura di fallire o di essere rifiutati al punto di compromettere la nostra autostima e invalidarci l’esistenza. Troppe volte, invece, ci soffermiamo sugli aspetti negativi dell’insuccesso, ignorandone le potenzialità. Eppure, saper perdere o dover rinunciare a qualcosa o qualcuno può costituire un grande vantaggio.

Un racconto Zen che ci insegna il valore della rinuncia

Un giorno, un mercante decise che non avrebbe più aspettato. Aveva inviato diversi messaggi a un debitore che gli doveva del denaro. Infastidito dal ritardo, pensando di non essere rispettato, si mise in cammino per andare a riscuotere i 10 fiorini che gli dovevano. Per raggiungere il villaggio dove viveva il suo debitore doveva attraversare un fiume, così dovette ricorrere ai servizi di un barcaiolo, che gli costarono 5 fiorini. Fortunatamente, il commerciante riuscì a trovare il suo debitore che gli pagò il dovuto senza battere ciglio. Felice, e di ritorno a casa, dovette attraversare di nuovo il fiume e pagare il barcaiolo. Giunta la notte, all’ora di coricarsi, si rese conto che aveva investito diverse ore della sua vita e pagato del denaro per rivendicare un debito e che, alla fine, si ritrovava con la stessa quantità di denaro del mattino“.

COSA PUO’ INSEGNARCI QUESTO RACCONTO

Questa storia ci insegna che perseguire ossessivamente un obiettivo può portarci a trascurare questioni molto più importanti e, peggio ancora, questa testardaggine può causare danni a noi stessi e agli altri.

LA MALSANA ESALTAZIONE DELLA PERSEVERANZA

Nella nostra società diamo valore alla perseveranza e vogliamo trasmettere questo valore ai nostri figli. Non c’è niente di sbagliato in questo. Sempre che sia fatto con moderazione. Il problema inizia quando viene assunto come obbligo, quando crediamo che non abbiamo altra scelta che perseverare. Indubbiamente, a ciò hanno contribuito anche frasi positive che racchiudono una grande ingenuità, come: “non mollare mai!” o “la perseveranza fa sparire tutti gli ostacoli!”.

Tuttavia, qualsiasi valore assunto come unica soluzione possibile, implica un forte limite perché ci impedisce di vedere altre alternative che potrebbero essere meno dannose o magari che potrebbero offrire un costo emotivo inferiore. Pensare di abbandonare un progetto che ha perso il suo significato o ha smesso di motivarci per molti di noi può significare “fallire” o “essere deboli”. Eppure questo processo di pensiero  sottintende un “io” rigido. Perseverare è importante perché tutte le grandi cose richiedono sacrifici e tempo, ma è anche importante sviluppare un’attitudine distaccata che ci permetta di valutare lo sforzo fatto in termini di costi/benefici, includendo la sfera emotiva.

Le nostre previsioni emotive sono distorte

Al momento di decidere se perseverare o cambiare rotta, è fondamentale tenere presente che le emozioni possono giocare brutti scherzi. Le nostre previsioni emotive sono distorte. Gli psicologi della Harvard University hanno passato anni a studiare il fenomeno della predizione emotiva e hanno scoperto che, sebbene siamo in grado di predire la valenza delle emozioni, non siamo molto precisi nella previsione della loro intensità o durata.

Ciò significa che non siamo molto bravi a predire quanto ci sentiremo felici o soddisfatti quando raggiungeremo determinati obiettivi, o quanto a lungo ci sentiremo male per aver abbandonato un progetto, o quanto intenso possa essere il disagio.

Tendiamo ad andare agli estremi: pensiamo che ci sentiremo molto felici quando raggiungeremo il nostro obiettivo e crediamo che ci sentiremo malissimo se non vi riusciamo, ma la realtà ci mostra che non è così. Ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che lo sforzo che abbiamo fatto durante il percorso ci ha logorato e i risultati ottenuti non ci danno la soddisfazione che ci aspettavamo. Questo è il motivo per cui quando raggiungiamo determinati obiettivi tanto attesi, potremmo restare con un sapore agrodolce in bocca. Sapendo questo, possiamo assumere un atteggiamento più oggettivo per valutare se vale la pena continuare a perseverare.

A volte il risultato non è importante quanto il percorso che abbiamo percorso

A volte insistiamo nell’ottenere qualcosa solo perché non vogliamo sprecare il tempo e gli sforzi investiti. Questo fenomeno è noto nel campo dell’economia come “costo irrecuperabile”, una delle cause principali che ci portano a prendere decisioni irrazionali. Il costo irrecuperabile è generato dalla nostra avversione alla perdita. In pratica, pensiamo che se non andiamo avanti con un progetto in cui abbiamo investito tempo, sacrificio e persino denaro, perderemo quell’investimento. Continuare ad investire spesso produce un costo aggiuntivo, così ci blocchiamo in un ciclo d’insoddisfazione.

Dobbiamo renderci conto che questo investimento è già perso, che non è necessario continuare a investire in un sacco bucato. Forse abbiamo già speso soldi per il biglietto d’ingresso, ma se all’ultimo minuto decidiamo che non vogliamo vedere l’opera, non dobbiamo sprecare anche il nostro tempo e costringerci a fare qualcosa che non vogliamo, possiamo semplicemente cambiare i nostri piani. Pertanto, quando un progetto ha cessato di avere senso, non siamo più entusiasmati o semplicemente richiede troppe risorse, forse è giunto il momento di abbandonare. Quando siamo impegnati in qualcosa e l’unica ragione che troviamo per continuare ad andare avanti è “perché ho già investito tempo e sforzi”, qualcosa non va come dovrebbe.

Cambiare idea non è negativo, al contrario, può essere sinonimo di crescita. Cambiare progetti o rendersi conto che qualcosa ha smesso di appassionarci non significa che abbiamo fallito, ci resta comunque l’esperienza vissuta, che può essere fonte di saggezza. Infatti, spesso non importa quale obiettivo hai raggiunto, ma la persona in cui ti sei trasformato mentre percorrevi quel cammino.

Quando è il caso di continuare a cercare di raggiungere un obiettivo e quando lasciare perdere? Il confine si trova su quel filo che separa due momenti. Quello in cui passiamo dal concentrarci sulla soluzione del problema al concentrarci sul problema stesso. Fino a quando vediamo soluzioni, fino a quando le cerchiamo e proviamo a metterle in atto provando e riprovando con fiducia e pronti a rimettere in discussione ciò che abbiamo provato, va bene. Insistere può avere un senso.

Arriva un punto però, in cui potremmo continuare a sbattere sempre sullo stesso scoglio, intestardirci su una soluzione che non va pretendendo di far entrare un cerchio in un quadrato! A quel punto la nostra mente smette di concentrarsi sulle possibili soluzioni e si intestardisce sul problema iniziando a fargli la guerra senza vedere altro. Ecco, quello è il momento di lasciare andare! In quel momento, quello in cui ci concentriamo sul problema invece che sulle soluzioni, perdiamo il contatto con la realtà e non vediamo altro che l’oggetto della nostra pretesa, del nostro attaccamento. È lì che allargare la prospettiva, allontanarsi dall’oggetto del proprio attaccamento per tornare a guardare l’intera realtà, inizia a fare la differenza!

La vita è un continuo cambiamento e andare avanti significa anche lasciarci alcune cose alle spalle

Se non lo facciamo e continuiamo a trattenerle, finiranno solo per essere un peso inutile che ci impedirà di continuare ad andare avanti. Arrendersi non è negativo, in certi casi può essere un segno d’intelligenza. La vera saggezza consiste nel trovare l’equilibrio tra perseverare e abbandonare, nel riuscire a discernere tra la testardaggine e le possibilità reali. Investire in questa abilità ci permetterà di salvare la cosa più preziosa che abbiamo nella vita: il nostro tempo. Accumuliamo vecchie cose di cui non riusciamo a liberarci, ci aggrappiamo al rancore per un amore finito male, o al dolore per ciò che sentiamo essere l’estremo tradimento – la morte di chi ci è caro -. Lo spettro delle cose che dobbiamo lasciar andare è variegato, ma tutte hanno un comune denominatore: ci fanno interrompere la comunicazione con il centro del nostro essere – per rabbia, per paura, per rancore – e i blocchi energetici che ne derivano possono letteralmente avvelenarci la vita, talvolta persino per sempre. Possiamo evitarlo… imparando a lasciar andare!

Forse esistono tempi migliori, ma il nostro è questo” scriveva il filosofo francese Jean Paul Sartre. L’occasione è adesso, esattamente nel posto dove ti trovi. Riconquista il tuo più prezioso potenziale che è il tempo, ricorda che non è una risorsa inesauribile.

Il mio libro…

Se hai voglia di fare introspezione, guardarti dentro e metterti davvero in gioco, sappi che ho scritto un libro, ed è il libro che io stessa avrei voluto leggere tantissimi anni fa, prima ancora di diventare una psicologa. S’intitola «Riscrivi le Pagine della Tua Vita». C’è una persona che non dovrebbe deluderti mai: quella persona sei tu! Ricorda: anche tu meriti la tua fetta di felicità in questa vita, abbi il coraggio di allungare la mano per prenderla! È tua, ti spetta di diritto. Puoi trovare il libro in tutte le librerie e su Amazon, a questa pagina. Sarà il regalo più bello che tu possa farti.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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