7 pensieri nocivi più diffusi che ci invalidano l’esistenza

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
7 pensieri nocivi più diffusi che ci invalidano l’esistenza

Il pensiero è uno degli strumenti più potenti che abbiamo a nostra disposizione, anche se la maggior parte del tempo lo lasciamo libero senza impegnarci troppo a guidarlo.

Come risultato, finiamo per riempire le nostre menti con dei pensieri negativi che tornano ancora e ancora e ancora… fino a farti rimuginare. Questi modi di pensiero determinano il nostro comportamento e le decisioni che prendiamo.

Quali sono i modi di pensare sbagliati più diffusi?

Il pensiero è una spada a doppio taglio: può aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi o, al contrario, può affondarci completamente. I modi di pensare errati diventano spesso una delle principali cause di malessere e ci chiudono molte porte.

1. L’esagerazione

Noi non ne siamo sempre consapevoli, ma ci sono dei momenti nei quali non percepiamo le sfumature ma valutiamo la situazione in bianco e nero. Davanti ad una situazione negativa ne esageriamo l’impatto e la cataloghiamo come una “catastrofe”. Questo significa che ci stiamo concentrando non solo sugli aspetti negativi ma addirittura che li amplifichiamo.

Indubbiamente, il sensazionalismo della stampa e dei suoi proprietari ha contribuito a creare una società in cui tutto viene etichettato come “disastro”, ogni piccolo problema, ma a livello personale è importante rimanere sintonizzati su questo meccanismo tossico perché causa solo frustrazione, disperazione e tristezza.

Come combatterla? Imparando a scoprire gli aspetti positivi di ogni attività e a paragonarli con eventi simili, in modo tale che si arriva ad elaborare una prospettiva più obiettiva su quanto è accaduto.

2. Il “dovrei”

Una delle principali funzioni del pensiero è la progettazione, è grazie a questa che possiamo organizzare il nostro comportamento e prevederne le conseguenze. Tuttavia, ci sono dei momenti in cui iniziamo a pianificare troppe cose ma mettiamo in pratica ben poco, diventiamo vittime del “dovrei”.

Di solito si tratta di cose che vorremmo fare ma che non facciamo mai, per mancanza di tempo, perché non crediamo di essere all’altezza o semplicemente perché le rinviamo a quando le condizioni saranno più adatte. Altre volte ci recriminiamo delle cose che avremmo voluto fare in modo diverso. Ovviamente, questo tipo di pensiero genera molta frustrazione, perché è come se vivessimo guardando continuamente in un’altra direzione, una direzione che non osiamo prendere.

Come combatterlo? Non si tratta di cambiare radicalmente la vita o saltare nel vuoto senza paracadute, ma per eliminare questa mentalità dobbiamo analizzare quale di questi desideri possono effettivamente materializzarsi e dobbiamo cominciare a prendere le misure adeguate, anche se molto piccole, per fare in modo che i nostri sogni si concretizzino.

3. La generalizzazione

Si tratta di una forma di pensiero particolarmente utile che ci permette di giungere a delle conclusioni partendo da casi specifici, ma ci sono delle occasioni in cui la generalizzazione diventa nostra nemica.

Quando cominciamo a vedere schemi dove non ne esistono e supponiamo che un caso può essere valido per tutti, quando arriviamo a conclusioni errate che portano a credenze generiche del tipo: “tutte le donne/uomini sono …” o “tutte le persone di quel paese sono …” . La generalizzazione porta a creare una serie di stereotipi che alla fine determineranno i nostri atteggiamenti, i comportamenti e le decisioni, chiudendo le porte alle opportunità e creandoci dei problemi nei rapporti interpersonali.

Come combatterla? Stando attenti alle parole che precedono la generalizzazione, come “tutti”, “mai” o “sempre”. Una volta che abbiamo individuato che stiamo per fare una generalizzazione, il passo successivo è quello di cercare di aprirsi all’esperienza liberando la mente dagli stereotipi.

4. La divinazione

Unire i capi e trarre delle conclusioni è uno dei compiti principali del pensiero. Tuttavia, spesso cadiamo nella trappola di trarre delle conclusioni senza avere i dati necessari. In pratica, davanti ad un dato di fatto e senza le prove sufficienti, giungiamo ad una conclusione quasi sempre negativa.

L’esempio classico è quando il nostro partner rientra a casa tardi e pensiamo subito che potrebbe avere una relazione quando in realtà non ne abbiamo le prove. La cosa più triste è che assumiamo tale conclusione come reale e in base a essa regoliamo il nostro comportamento. Quindi sorge la gelosia, le insicurezze e i problemi nelle relazioni interpersonali.

Come combatterla? Prima di arrivare ad una conclusione dobbiamo chiederci se abbiamo le prove sufficienti o se si tratta solo di un capriccio della nostra mente, di una proiezione delle nostre insicurezze. Inoltre, in caso di dubbio è sempre meglio chiedere.

5. L’etichettatura

Viviamo in un mondo dove tutto viene etichettato, perché le etichette sono comode e ci aiutano a orientarci. Tuttavia, una volta che abbiamo messo le etichette a destra e sinistra finiamo per adottare una mentalità rigida che ci impedisce di svilupparci come persone.

Quando crediamo di essere fatti in questo o in quel modo e ci etichettiamo di conseguenza stiamo negando il nostro potenziale. Se crediamo di essere in grado di fare solo certe cose non oseremo mai provare delle strade nuove e saremo condannati alla stagnazione e ad una vita in cui non vi è posto per la novità.

Come combatterla? Dobbiamo chiederci, prima di tutto, da dove viene l’etichetta. Spesso si tratta di un marchio che ci hanno imposto i nostri genitori o gli amici, forse perché eravamo così fino ad un certo punto della nostra vita, ma questo non significa che non possiamo cambiare.

6. Il senso di colpa

Tendiamo a pensare in termini di causa ed effetto, dovuto al fatto che il nostro pensiero (di solito) segue dei percorsi logici. Così, quando accade qualcosa di negativo vogliamo sapere quali sono state le cause. Tuttavia, vi sono occasioni in cui la ricerca delle cause diventa una caccia alle streghe e appare il pensiero colpevolizzante. In questo caso, ciò che conta non è imparare dall’errore ma semplicemente giudicare e attribuire la colpa, a noi stessi o agli altri. Tuttavia, pensare in termini di vittime e carnefici significa vedere solo una parte della realtà assumendo un atteggiamento passivo.

Come combatterlo? È meglio eliminare dal nostro vocabolario la parola colpa e cominciare a pensare in termini di responsabilità. Quando qualcosa è andato storto, dobbiamo adottare diverse prospettive cercando di analizzare la situazione dal maggior numero possibile di punti di vista, solo così potremo formarci un quadro il più possibile fedele di ciò che è accaduto.

7. L’ottimismo ingenuo

Quando si fa riferimento ai modi di pensare sbagliati si deve tenere in considerazione un nemico che di solito passa inosservato, ma che è diventato di moda negli ultimi anni grazie al lavoro della Psicologia Positiva: l’ottimismo ingenuo.

Si tratta di un pensiero positivo esagerato che ha poco contatto con la realtà e, ovviamente, alla fine genera solo frustrazione. In questi casi, pensiamo di poter ottenere tutto quello che ci eravamo prefissati, basta solo che lavoriamo duro. Tuttavia, per raggiungere i nostri obiettivi nella vita la perseveranza e la motivazione non sono sufficienti, ci sono altri fattori da prendere in considerazione o si corre il rischio di fermarsi improvvisamente.

Come combatterlo? Assumendo il ruolo dell’analista. Se vogliamo ottenere qualcosa o ci troviamo di fronte ad una situazione particolarmente difficile, dobbiamo fare l’inventario di tutte le nostre risorse psicologiche includendo anche l’aiuto che possiamo ricevere dall’ambiente.

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