Perché è difficile chiudere una relazione che non funziona

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Le relazioni sono un elemento essenziale della nostra vita, e quando sono sane e felici, possono portare gioia e soddisfazione. Tuttavia, ci sono momenti in cui una relazione può diventare tossica o semplicemente non funzionare più come prima. Chiudere una relazione che non funziona può essere incredibilmente difficile e doloroso. Chi non si è mai trovato nella durissima situazione di essere consapevole che la propria relazione non ha futuro e non aver comunque il coraggio di troncare?

Per quanto si possa desiderare il contrario, a volte una relazione è semplicemente destinata a non funzionare, a prescindere da quanto si impegneranno entrambe le parti. E, soprattutto, bisogna sempre tenere in mente una cosa molto importante: una relazione deve renderti felice. Se la tua vita sentimentale è caratterizzata da continui litigi, incomprensioni e sofferenza, è bene che tu prenda le distanze, per quanto sia una decisione difficile da prendere. La te  del futuro, ne sono certa, te ne sarà grata.

Ogni rottura è un’esperienza emotiva dolorosa

Non si è mai pronti per questo. Il fatto è che non stiamo perdendo soltanto una determinata persona, ma anche una buona parte dei nostri sogni, dei progetti, delle speranze e delle illusioni. È una cosa molto dolorosa!

Da fuori sembra che non ci sia alternativa. Ma subito dopo, c’è la paura di sbagliare, sbagliare ancora o di pentirsene. Poco più in là c’è il timore che la solitudine sia troppo grande da affrontare, soprattutto se accompagnata dal dolore e dalla mancanza che segue ad una rottura. Paura di fare un danno a sé stessi perdendo la persona che amiamo anche se siamo profondamente infelici. Più dentro c’è la paura di non poter avere di più o di meglio. Paura che in fondo sia colpa nostra. Paura di non essere stati amati nemmeno questa volta.

Cercare la stabilità è nella natura umana

Proprio come per un bambino, che chiede alla mamma di leggere la stessa fiaba, ancora e ancora, per noi adulti, è importante avere qualcosa di costante, immutabile e stabile nella nostra visione del mondo. E molto spesso scegliamo che questa zona “stabile” sia la nostra relazione.

È importante sia per chi nell’infanzia ha avuto un ambiente positivo e di supporto (si vuole ricreare quella sensazione confortevole), sia per chi non ha mai vissuto questa sensazione di sicurezza e di protezione (lo scopo è raggiungere questa stabilità mai avuta).

Perché è così difficile chiudere una relazione sbagliata?

I motivi per cui non reagiamo sono stratificati; sono tanti e sovrapposti. Il più delle volte, non è la mancanza di consapevolezza che ci tiene «bloccati nella relazione disfunzionale», bensì una serie di meccanismi psicologici che ci travolgono come una burrasca.

1. La coppia rievoca la ferita dell’attaccamento

Ogni relazione che instauri racconta qualcosa di te. Alcune possono essere una dolce narrazione mentre altre, invece, possono far risuonare ferite del passato. Le relazioni che attivano una ferita del sistema di attaccamento possono essere le più difficili da chiudere e anche le più tormentate.

Lasciare andare il partner può sembrarti un’impresa impossibile, la separazione è vissuta come una minaccia, paradossalmente, anche se desiderata! Questo si verifica, in parte, perché il modello disfunzionale proposto nella relazione che hai instaurato, è stato appreso durante l’infanzia, quindi riproporlo è naturale.

Gli adulti cresciuti con un genitore incoerente, saranno attratti da partner altrettanto instabili. Molti genitori, presi da mille problemi e soprattutto, ignorando completamente le pratiche del buon accudimento, tendono a ignorare i bisogni emotivi dei figli o addirittura ammonirli. Così un bambino che richiede sane attenzioni materne, potrebbe essere rimproverato per le sue richieste a tal punto da sentirsi «troppo ingombrante» o «ingiustamente trascurato». Ecco che quel bambino maturerà il bisogno di «farsi piccolo piccolo», «diventare da subito maturo per non dar fastidio ai grandi».

In alternativa, quando quel bambino percepisce l’atteggiamento genitoriale come un’esplicita ingiustizia, imparerà a richiamare attenzioni in modi alternativi, come urla, capricci, scatti di rabbia, problemi di condotta… tutto perché, quando avrebbe dovuto, il genitore non è stato “pronto” a tranquillizzare il pargolo. I bambini i cui bisogni emotivi non sono stati soddisfatti, hanno maggiori probabilità di essere attratti da partner disfunzionali perché questi, in qualche modo, fanno risuonare in loro il modello relazionale appreso.

2. Il significato inconscio della separazione

Se durante l’infanzia hai associato l’amore alla conflittualità, all’instabilità, all’insoddisfazione e all’incoerenza, potrebbe esserci una parte di te che inconsciamente si aggrappa alla relazione con la speranza che forse questa volta, le cose andranno diversamente. Il partner, infatti, viene utilizzato come mezzo per guarire le proprie ferite interiori.

In questo contesto, separarsi dal partner rappresenta una minaccia alla propria identità. Da bambini, infatti, costruiamo la nostra identità intorno al sistema di attaccamento. La separazione dal partner, a livello inconsapevole, rappresenta la separazione dalla prima figura di attaccamento (in genere la madre). È per questo che suscita resistenza e ansia, è per questo che all’idea della separazione, molte persone insoddisfatte della propria storia, si sentono come bambini spaventati! Perché quella storia non è altro che l’evocazione del primo sistema di attaccamento instaurato con il genitore!

3. La fallacia del costo irrecuperabile (sunk cost fallacy)

Questo vale soprattutto per le relazioni che vanno avanti da molto e hanno visto grossi investimenti emotivi. Tutti noi umani incorriamo in un errore cognitivo che gli studiosi definiscono «sung cost fallacy», la fallacia dei costi irrecuperabili. Si tratta di un meccanismo che ci fa insistere in imprese fallimentari solo perché ormai abbiamo investito molto e ritirarsi significherebbe ammettere un fallimento, accettare le dolorosissime perdite di tempo, risorse emotive e opportunità. Si creano altri rimorsi, per non accettare un rimorso più grande: la relazione nella quale stai investendo, è un errore.

Chi ha letto «Il Piccolo Principe» sa che questo è un libro ricco di significati psicologici. Un aforisma che con semplicità ed efficacia può esprimere questo errore cognitivo è l’insegnamento della volpe sul valore della rosa. «È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». Il valore di quella rosa non è intrinseco ma dipende da tutti i sacrifici che abbiamo fatto per lei, dipende dai nostri investimenti emotivi.

Quando infatti si decide di interrompere un rapporto, in genere, è perché si crede che faccia più male mantenersi in tale relazione piuttosto che porre ad essa termine. Semplice logica del costi e benefici.

4. Paura di non farcela da soli

Ognuno in genere può temere di non riuscire in qualcosa per se importante. L’idea di non essere in grado di raggiungere i propri obiettivi di vita potrebbe infatti manifestarsi con la spiacevole sensazione di essere inadeguati a portare a termine quanto nel momento potrebbe essere più rilevante.

Delle volte è il riuscire a mantenere la stessa routine di vita che si riusciva a mantenere insieme al partner. L’assenza di una spalla su cui fare affidamento, infatti, può portare a vivere spiacevoli vissuti che andrebbero ad impattare negativamente con le attività per noi più importanti, siano esse connesse con l’ambito dello studio, del lavoro o delle relazioni.

Spaventa l’idea di ritrovarsi improvvisamente soli, specialmente in momenti particolarmente critici, quali sono le sessioni d’esame , i periodi di ristrettezza economiche, i problemi medici e così via.

In casi simili, la prospettiva dell’assenza di una persona su cui in precedenza si era fatto grande affidamento può portare a vivere uno stress ulteriore che potrebbe limitare la propria capacità di raggiungere determinati obiettivi personali.

4. Vuoi salvarlo/a

Ecco un’altra dinamica molto ricorrente. In questo caso gli equilibri di coppia seguono lo stesso andamento: c’è una persona responsabile e oculata e un’altra all’apparenza più vulnerabile. In realtà, anche in questo caso la rievocazione del primo legame di attaccamento è forte. Probabilmente sei stato un bambino-genitore o bambino-adultizzato e nella tua infanzia si è verificato un rovesciamento dei ruoli: sei tu che dovevi consolare il tuo genitore. Sei cresciuto con l’immagine di una figura di attaccamento «in difficoltà» e bisognosa d’aiuto.

Ecco, ora la tua missione è diventata salvare l’altro o addirittura cambiarlo. Ecco la notiziona: l’altro non cambierà perché a sua volta è cresciuto con dinamiche complementari alla tua e, i tuoi sforzi, non faranno altro che confermare i suoi modelli interiorizzati!

Come sopravvivere alla fine di una relazione

“Come sarà la mia vita adesso? Cosa ne sarà di me? Ne uscirò mai? Come faccio a ricominciare?”. Mille dubbi e mille domande, ma nessuna certezza a parte il dolore per un amore che non è più. Cosa fare quando finisce una relazione? Come fare a riprendere in mano la propria vita e superare tutto questo?

All’inizio potrai sentire solo un grande vuoto e il dolore che lo delimita, ma questo non vuol dire che sarà sempre così. Arriverà il giorno in cui starai bene. È semplicemente così, perché ogni cosa ha un inizio e una fine: così come è finita la tua relazione, finirà anche la sofferenza.

Così, giorno dopo giorno, il dolore si placherà, lui o lei smetteranno di tormentare il tuo cuore e la tua vita si riempirà nuovamente di cose belle, nonostante le difficoltà che inevitabilmente incontrerai lungo il cammino. E forse scoprirai che i tuoi sogni in realtà non si sono mai infranti, ma che semplicemente hanno cambiato forma, mantenendo però lo stesso protagonista di sempre: tu.

Se stai uscendo da un amore distruttivo

Se stai uscendo da un amore distruttivo o vuoi chiamarti fuori da una relazione che ti sta logorando, se tutto ciò che vuoi è dimenticare il tuo ex partner, allora non ti resta che mettere te al centro della tua vita. Non hai altra scelta: hai bisogno di maneggiarti con cura e trattarti – come non ha fatto lui/lei – cioè, come la cosa più preziosa che hai! Se finalmente sei pronto a meritare il tuo riscatto, ti consiglio di leggere il libro bestseller «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce», ha già aiutato decine di migliaia di persone a ritrovare se stesse e mettersi finalmente al centro della propria vita. Puoi trovarlo in tutte le librerie d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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