Comprendere le differenze di genere in psicopatologia è di fondamentale importanza. Tale prospettiva aiuta a individuare fattori di rischio e sindromi che giocano un ruolo fondamentale nella genesi della malattia mentale.
La depressione maggiore e il disturbo depressivo persistente si manifestano nella donna con una frequenza doppia rispetto agli uomini. Al contrario, gli uomini tendono a soffrire più di frequente di disturbi antisociali e narcisistici.
La differenza di genere nei tassi di prevalenza della depressione diventa più marcata nei gruppi sociali in cui vi sono ruoli di genere più tradizionali (Seedat et al., 2009). Questo dato fa giungere a una soluzione precipitosa: una cultura maschilista potrebbe costituire un fattore di rischio nella genesi della depressione femminile.
In tutto il mondo la depressione è doppiamente diffusa nel genere femminile, fatta eccezione per la popolazione ebraica adulta: gli uomini ebrei mostrano tassi di depressione più elevati rispetto alla popolazione maschile di altri gruppi etnici (Levav, Khon, Golding et al. 1997).
Gli uomini sono meno depressi delle donne?
Qualcuno potrebbe pensare che semplicemente gli uomini tendono a parlare meno dei propri sentimenti e per questo la diagnosi di depressione è meno comune. Tale ipotesi è sbagliata ed è stata confutata da diverse ricerche (Kessler, 2003).
Gli uomini sono indubbiamente meno depressi delle donne ma bisogna tenere presente che il genere maschile ha maggiori probabilità di manifestare altri tipi di disturbo (Seedat et al. 2009) come:
- l’abuso di alcol,
- dipendenza da sostanze stupefacenti
- disturbo antisociale di personalità
Gli uomini tendono a fronteggiare i propri stati emotivi sfruttando le distrazioni e questo costituirebbe un ottimo fattore di protezione. L’azione e la distrazione possono essere buone strategie di coping per gestire la tristezza.
Perché le donne sono più depresse degli uomini?
Non mancano ricerche che indagano sui fattori ormonali che potrebbero predisporre la donna alla depressione, tuttavia i risultati emersi fin ora sono estremamente contraddittori. Anzi, quando si parla di fattori ormonali, alcuni meccanismi potrebbero addirittura essere protettivi per la donna.
Le scienze psicologiche hanno individuato una serie di fattori sociali e psicologici che potrebbero rendere la donna più vulnerabile alla depressione (Nolen-Hoeksema, 2001). Tra i fattori sociali e psicologici che possono spiegarci il perché di questo divario, citiamo:
- Le bambine sono più esposte ad abuso sessuale infantile con una frequenza almeno doppia rispetto ai maschi.
- Le donne, in età adulta, hanno più probabilità degli uomini di farsi carico dell’accudimento di familiari e figli.
- Uno studio di Hankin e Abramson (2001) riesce ad associare le pressioni sociali sul ruolo della donna a una maggiore vulnerabilità alla depressione. In particolar modo, la dona svilupperebbe una pesante autocritica per diversi fattori e fin dall’adolescenza per la propria immagine.
- I ruoli sociali tradizionali, ancora oggi, interferiscono con la possibilità delle ragazze di dedicarsi ad attività gratificanti e considerate “non femminili”.
- Il sistema biologico che modula le reazioni allo stress (asse HPA), nella donna, associato agli effetti degli ormoni femminili, potrebbe essere alterato a causa dell’esposizione cronica allo stress fin dall’infanzia.
- I fattori di stress nelle relazioni interpersonali sarebbero più accentuati nella donna in quando, nel genere femminile, è più accentuata la ricerca di approvazione e intimità (Hankin, Mermelstein e Roesch, 2007).
- Fattori di stress cronici nell’infanzia condizionano la vita adulta che, a sua volta, condiziona capacità di coping e di gestione della tristezza. Così la donna diviene maggiormente vulnerabile alla depressione.
A questi fattori, si aggiunge il rimuginare. Come la depressione, anche la tendenza a rimuginare sembrerebbe essere una caratteristica prevalente nel genere femminile.
La tendenza a rimuginare, una peculiarità femminile
Si chiama ruminazione e costituisce un fattore di mantenimento di un gran numero di disturbi (fobia sociale, disturbo ossessivo compulsivo, depressione…).
I ruoli sociali favoriscono nella donna lo sviluppo di coping focalizzati sulle emozioni. Questo all’apparenza potrebbe rendere la donna più auto-consapevole ma in realtà non è così. Essere concentrati sulle emozioni non è sinonimo di comprensione o capacità introspettiva.
Questo focus sulle emozioni a sua volta favorisce il protrarsi dell’umore triste a seguito a eventi dolorosi, separazioni ed eventi stressanti.
In modo specifico, le donne tendono a trascorrere più tempo degli uomini a ruminare su stati d’animo tristi e a interrogarsi sul perché di certi eventi accaduti. Se gli uomini accettano gli eventi e vanno avanti, le donne sembrano inciampare in essi e fossilizzarsi.
In più, come premesso, gli uomini tendono a impiegare strategie di coping che non si focalizzano sulle emozioni ma sulle azioni, azioni usate anche come distrazione.
Questo è un ottimo vantaggio, basterà pensare allo sport e alle attività che possono togliere di dosso la tristezza. Concentrarsi su un’altra attività, in caso di eventi dolorosi, costituisce un fattore di protezione.
Al contrario, ruminare sui pensieri, le motivazioni, gli stati d’animo tristi… non fa altro che intensificare un tono dell’umore basso e prolungarlo nel tempo.
Depressione post-partum
Nell’elenco dei fattori di vulnerabilità non abbiamo citato il parto. Questa scelta è nata perché la depressione post partum non è molto più comunque di quanto non lo sia negli altri periodi dell’esistenza femminile. In più, nella grande maggioranza dei casi, la diagnosi di depressione post-partum viene fatta a donne che hanno già avuto episodi depressivi anche prima della gravidanza.
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