Perché non riesco a lasciarmi andare?

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Perché non riesco a lasciarmi andare? Rigido, controllato, riflessivo. Affronta i problemi in modo lucido, pianifica le giornate nei dettagli e va in crisi di fronte a un imprevisto. Vorrebbe divertirsi ma non ci riesce: in compagnia sta sempre in disparte. È l’identikit della persona che non sa lasciarsi andare. Quella a cui tutti dicono: “perché non ti rilassi un po’?”.

La paura di lasciarsi andare

Alla base della fatica a lasciarsi andare possono esserci due caratteristiche caratteriali. La prima è l’insicurezza, data da un mix di timidezza, scarsa autostima, bassa percezione del proprio valore. In questo caso il movente è la paura del giudizio, o il timore di non essere all’altezza: un blocco emotivo che spinge a esporsi il meno possibile con gli altri, fino alla completa chiusura e in casi estremi anche all’isolamento sociale.

A livello relazionale c’è la paura di essere feriti o traditi, che spinge a rifiutare ogni investimento affettivo. In questi casi, laddove si riscontra una compromissione significativa della vita sociale, può essere utile affrontare la problematica iniziando un percorso di psicoterapia.

La seconda caratteristica è il bisogno di controllo di sé, degli altri e degli eventi, con la conseguente difficoltà a tollerare ciò che non era previsto e programmato. È preponderante il timore che gli eventi sfuggano di mano, con esiti che non rispondono alle proprie aspettative e perciò generano ansia e stress. L’approccio “cerebrale” non lascia spazio alle emozioni, destabilizzanti e incontrollabili, perciò queste persone, nel tentativo di mostrarsi sempre impeccabili, tendono a non esprimere ciò che provano. Preferiscono non lasciarsi andare alle emozioni e optare per un approccio più razionale.

Le conseguenze nelle relazioni

Chi vive in maniera rigida e controllata, cercando di prevedere sempre a cosa va incontro, adotta una visione monolitica, a senso unico, dell’esistenza. Un approccio che non prevede curve, pause, digressioni, ostacolando la crescita personale. Le altre persone possono avere la percezione di essere tenute a distanza, possono sentirsi inadeguate, inferiori, addirittura respinte.

Non senza una ragione: chi pretende di avere sempre tutto sotto controllo tende a giudicare male (ma anche a invidiare, talvolta) chi riesce a vivere in maniera più “leggera”, spontanea e spensierata. Proiettarsi sempre sul futuro, preoccupandosi di ciò che accadrà se si allentano le redini del controllo, può fare perdere preziose opportunità di sviluppo di sé.

Lasciarsi andare significa seguire il flusso degli eventi

Imparare a lasciarsi andare non vuol dire sviluppare uno spirito rinunciatario, passivo. Non significa che non bisogna lottare per ciò a cui si tiene, ma imparare ad accettare ciò che la vita ha in serbo, con un atteggiamento aperto e disponibile al cambiamento. È la differenza tra padronanza e controllo: nel primo caso siamo padroni delle nostre azioni, nel secondo ci irrigidiamo.

Un simbolo molto utilizzato è quello del fiume, usato da Pema Chödrön, buddhista tibetana americana e insegnante di meditazione. Lasciarsi andare è come seguire il flusso dell’acqua, accettare gli eventi che arrivano senza entrare in una modalità reattiva, contrastante, come cercare di andare controcorrente, e senza rimanere arroccati sulle proprie posizioni (le rocce intorno al fiume): la ricerca di sicurezza lascia immobili sulla riva, mentre la vita scorre via.

Ci viene in aiuto anche la filosofia: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt“, recita Seneca, riprendendo i versi dello stoico Cleante. Tradotto: il fato guida e conduce chi vuole farsi guidare, e trascina chi non vuole.

Un’altra metafora dei filosofi stoici paragona l’uomo ad un cane legato ad un carro: possiamo contrastare la forza di trazione del mezzo, o seguirla armoniosamente. La strada percorsa sarà sempre la stessa. Ma se ci adeguiamo all’andatura, anziché opporre resistenza, procederemo meglio, senza strattoni.

Lasciare andare qualcosa (o qualcuno) che ci blocca

Matrimoni infelici, lavori deprimenti, famiglie soffocanti: ci sono situazioni e persone a cui si resta aggrappati per paura di ciò che potrebbe succedere se le lasciassimo andare, ma che fanno sentire ingabbiati e infelici. Anche in questo caso il movente è la paura del cambiamento e delle delusioni, o della solitudine e del vuoto.

Lasciare andare qualcosa o qualcuno a cui siamo stati legati, ma che non ci appartiene più, è una sorta di “trasloco emozionale”: coinvolge molti aspetti della propria esistenza, sia affettivi che concreti. Non a caso il trasloco è, secondo le statistiche, la terza motivazione che scatena la depressione, dopo un lutto e il licenziamento: come tutte le forme di distacco, comporta la capacità di elaborare una perdita e di affrontare un cambiamento decisivo per la propria vita.

Come lasciarsi andare?

PRIMO. Impara a lasciar andare…le paure.

Cercare di contrastarle con una programmazione maniacale della giornata fa accumulare tensione. Chiedetevi: riempiendo la giornata di impegni, di cosa ho paura? Di annoiarmi? Di sentirmi solo? Di essere giudicato un fannullone se mi fermo un attimo? Quando vi sentite paralizzati dalla paura (di non riuscire a fare tutto, di fallire, di non essere all’altezza) chiedetevi: cosa potrei fare se non avessi paura?

La mania del controllo

Distinguete ciò che rientra nella vostra “zona di potere” da ciò che non lo è. Se qualcosa è affrontabile o migliorabile, fatelo, altrimenti non ha senso continuare a sprecare energia mentale su qualcosa o qualcuno al di fuori del vostro controllo: imparate a mettere in conto l’imprevedibilità della vita. “Concedimi la forza di cambiare ciò che posso cambiare, la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, e la saggezza per riconoscere la differenza” è una preghiera (intesa anche in senso laico) che rappresenta un atteggiamento davvero illuminato, se messo in pratica.

La programmazione ossessiva

Un’agenda fitta di impegni può nascondere la paura del vuoto, fonte di angoscia perché è qualcosa di sconosciuto, ci mette in contatto con sensazioni che non vogliamo provare. Provate a lasciare piccoli spazi non programmati nella giornata, in cui annoiarvi o far nulla. Trovate un equilibrio tra doveri e piaceri, tra quello che “devo” e “vorrei” fare. Lasciate spazio alla spontaneità del momento. Questi momenti vuoti servono anche per gestire possibili imprevisti: questa consapevolezza abbassa il livello di ansia.

Gli errori commessi.

Le persone che non riescono a rilassarsi sono incastrate nel tentativo di essere impeccabili e si sentono perdenti se fanno un passo falso: si arrovellano sui perché dello sbaglio commesso, non riuscendo a perdonarselo. Imparate ad assolvervi dalle vostre supposte colpe o mancanze, sdrammatizzando se necessario, distinguete l’errore dalla persona (non siete voi a essere sbagliati, ma eventualmente l’azione commessa) e poi lasciate andare l’errore, trasformandolo in una conoscenza utile per il futuro. Nessuno è perfetto.

i giudizi.

I giudizi sono come lenti appannate che non fanno vedere chiaramente chi si ha di fronte. Il collega è in ritardo? Anziché rimproverarlo, chiedetegli se ha avuto un problema. Conoscendo le ragioni per cui le persone non si comportano come vorreste, accetterete meglio il loro comportamento.
(“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.”, Platone)

L’attaccamento alle regole.

Introdurre piccole trasgressioni (come uno sgarro alla dieta) in una quotidianità scandita solo da doveri e saldi principi ammorbidisce l’animo più rigido. Soprattutto rassicura sul fatto che piccole deviazioni di rotta non compromettono la riuscita di un buon percorso.

SECONDO. Impara a gestire…gli imprevisti.

Provate a introdurre piccoli cambiamenti nella giornata, come la strada verso l’ufficio. Uscire dalla routine, vivere situazioni inusuali, insegna a convivere con la paura del nuovo e a studiare le strategie per fronteggiarla.

I piccoli conflitti.

L’amica si comporta nuovamente in maniera irritante? La suocera fa l’ennesimo commento sgradito? La cosa peggiore che potete fare è rimarcare continuamente quanto ciò vi infastidisca: vi farà apparire ancora più rigidi. Fate uno sforzo e provate e passarci sopra. Ne beneficerà il vostro umore.

Battute e frecciatine.

Chi non riesce a rilassarsi spesso si prende troppo sul serio: non ride alle battute, non sta mai al gioco, non partecipa agli scherzi. Fate una lista dei vostri difetti e imparate a riderci su: sembreranno meno inaccettabili quando sarà qualcun altro a farveli notare. In compagnia non isolatevi, ma non fate l’errore di voler sembrare a tutti i costi quello che non siete, ostentando una personalità o un umorismo che non vi appartiene, nel tentativo di risultare più simpatici. Va bene anche essere imperfetti, ma spontanei.

A cura di Chiara Venturi, psicologo psicoterapeuta. Riceve nel suo studio di Milano. Mail info@chiaraventuri.it

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