Chiudere una relazione sentimentale è sempre un’esperienza dolorosa che mette a dura prova chiunque si trovi ad affrontarla. In queste circostanze, le frasi di parenti e amici si sprecano: “Morto un papa se ne fa un altro!”, “Non ci pensare!”, oppure “Con il tempo passerà!”. Nessuna di queste sembra però esserci di aiuto in quel momento, sono frasi dette da persone che non stanno passando quello che stiamo passando noi, che non soffrono l’abbandono e l’angoscia…anzi, sortiscono l’effetto contrario, ci fanno arrabbiare e ci fanno sentire ancora più soli. Per molti potrà essere banale, ma il percorso che si intraprende quando si elabora la fine di una relazione è lo stesso percorso che una persona intraprende quando avviene un lutto.
Perché si soffre tanto?
Nell’inconscio si plasma un nuovo concetto di interazione intrinseca in cui sono presenti lui e lei, se si tratta di una coppia etero (lui e lui oppure lei e lei se si tratta di coppia omosessuale): non c’è più un solo volto ma due, quello della coppia, insomma di due persone che per certi aspetti si fondono per formare l’idea della famiglia. Quante volte abbiamo pensato: “Mah, chissà se piacerò a lui/lei con gli occhiali?” oppure abbiamo fatto una cosa domandandoci subito: “Chissà se lui/lei condividerebbe”.
In qualche modo dentro di noi si è formato il numero due: io e l’altro/a. Nella relazione, l’amore unisce due persone in un unico corpo, in un’unica anima, in un unico evento. Per questo la separazione fa soffrire tanto: implica il riemergere faticoso di un’identità che non è più quella doppia che conoscevamo, il concetto di famiglia…lo stesso concetto che abbiamo vissuto nell’infanzia.
Perdere una persona importante e ritrovare un’altra che vale di più: se stessi
Troppo spesso confondiamo la possessività con l’affettività, senza renderci conto che l’amore, quello vero, non rivendica sofferenze, rabbia, solitudine. Ma è normale essere vulnerabili dopo un abbandono ed è giusto concedersi del tempo per riprendersi dall’accaduto. Ma questo dolore deve far riscoprire… noi stessi. Per questo, è essenziale che in un momento come questo, concentriamo le attenzioni su noi stessi.
Quando si rimane soli la nostra identità soffre anche perché abbiamo perso qualcosa che ci apparteneva, qualche cosa che ci rendeva infiniti. Ritrovarsi soli all’inizio è un’esperienza carica di dolore, il dolore dell’addio, coperto di rancori, di rabbie, di frustrazioni.
Allora cosa fare?
Continuare a pensare a quello che sarebbe potuto accadere non porta da nessuna parte: non abbiamo modo di modificare il passato, ma possiamo cambiare la nostra percezione a riguardo. Anziché continuare a chiederci perché e come sarebbero dovute andare le cose, domandiamoci cosa possiamo imparare da questa esperienza. Concentriamoci su noi stessi, su quello che abbiamo e quello che vorremmo avere!
Dobbiamo immaginare che questo addio, per quanto doloroso, stia contribuendo alla preparazione di un nuovo viaggio, facendo sì che il nostro albero interno metta nuove foglie. Per questo bisogna evitare di rivivere il passato, liberarsi da quello che non c’è più e immaginare che la propria pianta vada verso il proprio destino.
Se da un lato c’è il dolore della riva che abbiamo lasciato, dall’altro possiamo vivere il desiderio di un nuovo percorso, fino a che arriverà la pace e poi puntualmente la gioia, che non dipenderà dall’incontro con un nuovo amore, ma dall’aver accettato di fare i conti con se stessi. Quell’addio era necessario per una nuova tappa: gli amori che finiscono sono porte che si aprono verso nuove possibilità.
Liberarsi dalla sofferenza di aver sbagliato tutto non è semplice. Serve una grande capacità introspettiva per gestire l’essere soli senza colpevolizzare nessuno e senza censurare il cambiamento che, inevitabilmente, ogni separazione porta con sé. Questo però non significa dover ripartire da zero.
Chiudere una storia non attesta la solitudine ma l’autoconsapevolezza; si ama in due e quando questo non avviene la relazione acquisisce nuove forme: si litiga, si offende, si sta male. La separazione deve rappresentare una tappa fondamentale dello sviluppo emotivo, perché ci consente di aprirci all’amore per se stessi e di conseguenza all’autoconsapevolezza che c’è stata un’evoluzione nella relazione che rende impossibile la prosecuzione della vita insieme.
Rompere la prigione emotiva che ci chiude nella dipendenza affettiva
Ecco perché, per affrontare una separazione, occorre una grande capacità di amare se stessi. Talmente grande da rompere quella prigione emotiva che ci vieta di essere liberi, ma che ci rilega ad essere dipendenti. Ecco da dove nasce la dipendenza affettiva.
L’emancipazione emotiva: rielaborare l’inconscio, da famiglia a essere individuale
La cosa più difficile della fine di un amore è il ritrovare se stessi. Nella maggior parte dei casi non abbiamo perso totalmente la nostra individualità; con una storia sentimentale noi abbiamo però unito le nostre abitudini con quelle di un altro individuo: abbiamo smussato gli angoli (e chiesto che fosse fatto altrettanto), abbiamo mediato e trovato punti di comunione e di accordo con il partner e abbiamo fatto posto, nella nostra quotidianità, per un’altra persona. Abbandonare il concetto di famiglia a livello inconscio, comporta uno sforzo emotivo tremendo dato che significa disfare il progetto di una vita insieme ma è necessario per ripristinare l’individualità. Servono: molto coraggio, molta energia, molta autostima.
Pianificare il cambiamento
Imparare a stare soli con se stessi è il compito più difficile da affrontare, dopo aver trascorso tanto tempo insieme sotto lo stesso tetto…e allora cosa facciamo, ci arrendiamo? Per superare la sensazione d’abbandono, è certamente di aiuto darsi degli obiettivi concreti e pianificare materialmente le tappe del cambiamento.
Intanto inizia a:
- Frequentare persone diverse
- Evitare di vedere film drammatici
- Evitare di cercare la persona per la quale si sta male
- Evitare pretesti per chiamarlo/a
- Non coinvolgere in nessun caso i figli, qualora ci fossero
- Cercare o ripristinare vecchi interessi
- Gestire la solitudine senza cercare consensi tra gli amici e i parenti
Trovare se stessi è quello che ognuno di noi vuole dopo un periodo di smarrimento
La fine di una storia d’amore porta con sé un insieme di sensazioni negative: senso di disorientamento, perdita di riferimenti esistenziali e un calo significativo dell’autostima. Il viaggio “di ritorno” alla tua autostima, cioè al senso del valore di te che avevi prima di conoscere quella persona e prima che la vostra storia finisse, può richiedere un po’ di tempo e certamente dedizione e determinazione da parte tua.
Ma questo viaggio di ritorno può essere una grande occasione per ritrovare se stessi e riscoprirsi più forti di prima. Perché una delusione d’amore obbliga a guardarti dentro, a fare i conti con quello che non è andato e a ristabilire nuove priorità e diversi modi di vivere le relazioni. Sono grandi lezioni che dobbiamo cogliere e che sarebbe un peccato sprecare. E soprattutto una grande opportunità per volerci ancora più bene di prima. Perché è vero, abbiamo perso qualcuno o qualcuna a cui tenevamo tanto, ma attraverso questa esperienza possiamo ritrovare la persona più importante della nostra vita: noi stessi.
Sii responsabile della tua felicità
È luogo comune pensare che possiamo trarre insegnamento dalle delusioni passate, certo, questo è possibile, tuttavia non sempre è fattibile. Personalmente non ho mai imparato dalle delusioni, anzi! Tante volte mi sono scontrata con i soliti sbagli. A volte le cose capitano e non hanno nessuna lezione da impartire, solo tanto dolore da vivere. Quando prendi atto di aver vissuto ingiustizie e difficoltà, puoi comprendere relazioni causa-effetto, responsabilità, puoi anche arrivare a colpevolizzare qualcuno per un breve frangente.
Quando prendi coscienza dei tuoi vissuti, non devi necessariamente imparare la lezione, puoi anche semplicemente capirti, accogliere il tuo dolore, supportarti, coccolarti e… andare oltre! Le cose brutte purtroppo capitano, non sempre possiamo trarne il meglio ma sempre possiamo decidere di perseguire la strada del nostro benessere. Spesso non siamo responsabili per ciò che ci accade, per il male ricevuto, ma sempre siamo responsabili del nostro dolore e della nostra guarigione.
Prenditi tutto il tempo che ti occorre per rispondere onestamente a questa domanda: quali sono delle ottime ragioni per continuare a sentirti una persona poco meritevole? Ecco, io direi di iniziare a cercare le giuste motivazioni per volerti bene e meritare la vita che desideri…Ricorda che si vive una volta sola! Dedico questo articolo a tutte le persone che hanno amato, sofferto e imparato ad amare se stesse.
Ti va di riscrivere le pagine della tua vita?
Siamo tutti il frutto del nostro passato, siamo diventati quello che siamo a causa, (o grazie) alle esperienze che abbiamo avuto in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nelle relazioni. Possiamo però non limitarci a “essere la conseguenza di quello che è stato”, ma regalarci la possibilità di essere semplicemente come meritiamo di essere. Se vuoi migliorare la tua presenza e diventare più consapevole di cosa avviene dentro di te, ti consiglio la lettura del mio libro. «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» Ogni pagina parla di te, delle Tue emozioni, dei Tuoi pensieri, dei Tuoi sogni, ma anche delle tue paure, dei problemi, delle difficoltà che vivi. Attraverso la lettura ti prendo per mano e ti spiego come trovare le risposte che cerchi, e acquisire maggiore libertà di scelta, svincolandoti dai bisogni insoddisfatti e costruendo la tua piena autonomia.
Perché come ho scritto nell’introduzione sì, si nasce due volte, la prima quando veniamo al mondo, quando siamo impotenti e inermi dinanzi a tutto, la seconda, invece, quando prendiamo consapevolezza del nostro potere e iniziamo a a darci il valore che meritiamo. Puoi trovarlo in libreria e a questa pagina Amazon.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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