Accettare il dolore

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Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale. Autrice di libri.

accettare il dolore
Le lacrime vengono spesso vissute come nemiche qualcosa da trattenere o da nascondere, associate al dolore. Eppure sono espressione di un’emozione ed è naturale potersi esprimere quando si è tristi. Spesso però vengono viste come segno di debolezza, soprattutto per gli uomini, educati sin da piccoli a trattenere le loro fragilità.

Quando ho letto di come avviene la formazione delle perle all’interno delle ostriche ho pensato al loro significato. Ognuna di esse è il risultato di una stratificazione di madreperla che l’ostrica rilascia per difendersi dall’attacco o dall’ingresso di corpi estranei.

Possono essere raffigurate come delle lacrime che il mollusco produce in seguito ad un evento traumatico. Ciò che rappresenta un momento negativo può trasformarsi in qualcosa di prezioso, unico e irripetibile, perché per la sua formazione ogni perla è diversa da un’altra e questo accresce il suo valore.

Paura del dolore

Solo quando può essere espresso si ha la possibilità di far diventare prezioso un dolore.

Solo quando si può accettare anche la tristezza all’interno della propria vita possono essere colte tutte le occasioni che altrimenti non verrebbero neanche viste. Continuando a schivare le emozioni negative si rinuncia a una parte di sé. Se l’ostrica non riuscisse a piangere non sopravvivrebbe e rinuncerebbe alla possibilità di trasformare quel dolore in qualcos’altro.

Tutti, se potessimo scegliere, eviteremmo di vivere momenti negativi o prove difficili, ma nel momento in cui questo, in un modo o in un altro, avviene, far finta di niente non serve a superarlo.

Negare i propri sentimenti non li fa svanire, vengono solo rimandati o camuffati, ma questo rischia di aggravare la situazione perché non fa che creare confusione.

Come trasformare il dolore in possibilità

Nel momento in cui le cose non vanno come si vorrebbe e si vive un momento negativo, si può decidere di accettarlo o meno. Non è un processo semplice né immediato, come ogni elaborazione richiede un tempo necessario che include diverse fasi. Il passaggio da una fase a un’altra potrebbe essere bloccato nel momento in cui non si accetta di vivere le emozioni negative.

Al contrario quando questi sentimenti vengono riconosciuti l’effetto non dovrebbe essere quello di lasciarsi andare completamente al dolore, sentendosene sopraffatti.

La difficoltà a gestire le emozioni sta proprio nell’idea che queste siano un fatto talmente intimo che non bisogna manifestarlo apertamente. Se si teme di esprimere la rabbia questa rischia di accumularsi e diventare deflagrante. La tristezza non espressa diventa come un veleno che tende a intossicare tutto ciò con cui viene in contatto. Anche la gioia quando non viene esternata si consuma lentamente, inaridendo il terreno che circonda.

Ogni cosa per vivere ha bisogno di un giusto nutrimento. Il dolore non va alimentato, ma ugualmente bisogna prendersene cura, altrimenti si infiltra in ogni aspetto della propria vita.

Nel momento in cui ci si occupa dei propri dolori ci si prende anche cura di sé. Questo richiede del tempo, forse occorre fermarsi, riflettere su cosa si sta facendo e dove si vuole arrivare.

Per questo può diventare una nuova occasione, per avvicinarsi di più a se stessi, a cosa si vuole realmente ottenere. Spesso ci si lascia trascinare dagli eventi e raramente ci si chiede se ciò che si sta facendo va veramente bene per sé.

La propria storia rappresenta qualcosa di unico, che si costruisce con ogni tipo di emozione e di esperienza, spesso sono quelle più difficili a dare maggiore rilievo, come sottolineo in un altro articolo sulle cicatrici d’oro:

“Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro, donandogli un aspetto nuovo attraverso le preziose cicatrici. Ogni pezzo riparato di conseguenza è unico e irripetibile proprio grazie alle sue “ferite” e alle irregolarità delle decorazioni che si formano. L’oggetto quindi diventa ancora più pregiato grazie alle sue cicatrici, perché loro credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello, ancora più prezioso sia esteticamente che interiormente. Questa tecnica è chiamata “Kintsugi” cioè riparare con l’oro.”

Il dolore può essere trasformato in qualcosa di prezioso se si impara a prendersene cura.

Lucia Cavallo, Psicoterapeuta 
specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale
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