La parola masochista viene spesso associata nel senso comune a particolari aspetti della sessualità di persone che traggono piacere da sottomissione, sofferenza ed umiliazione. Le persone con tali tendenze vennero chiamate masochiste da Kraft Ebing in riferimento allo scrittore austriaco Sacher-Masoch. In questo articolo non si parlerà però di particolari tendenze sessuali, ma dello stile di personalità masochistico-dipendente, molto simile, o secondo alcuni una sottocategoria, delle personalità depressive (Shedler,Westen, Lingiardi).
Sigmund Freud parlò di masochismo morale per riferirsi ad aspetti della personalità non necessariamente sessuali e lo psicoanalista Wilhelm Reich descrisse poi molto accuratamente il carattere masochista. Nella classificazione ufficialmente riconosciuta delle malattie mentali, la personalità masochista (autodistruttiva) era classificata tra i disturbi di personalità del DSM-III ma poi fu eliminata nelle successive edizioni perché il termine masochismo sembrava troppo carico di implicazioni morali, come a dire che alcune persone provino piacere nel soffrire, cosa che non ha fondamento reale.
Tuttavia, nonostante la classificazione diagnostica sia ancora controversa, continuano ad esistere le persone con tratti di personalità masochistici, dipendenti e autodistruttivi, anche se non sempre necessariamente patologiche, ma comunque esistenzialmente infelici. A chi fa il mio mestiere capita non di rado di incontrarne nel proprio studio, ma molto probabilmente a ognuno di noi capiterà di riconoscerne i tratti in qualcuno di familiare.
Caratteristica della personalità masochista
Andiamo a vedere quali sono le caratteristiche di una personalità del genere. Gli individui con questo stile caratteriale:
1. Antepongono le necessità degli altri alle proprie. La loro vita acquisisce senso quando si donano agli altri, arrivando talvolta persino a rinunciare a quel che è loro.
2. Hanno la tendenza ad auto-sabotare la propria realizzazione e felicità, anche quando possiedono le qualità e le risorse per raggiungerle, come se ritenessero inconsciamente di non meritarselo (ad esempio si deprimono quando stanno per conseguire un successo lavorativo, rinunciano a vantaggiose opportunità o si coinvolgono in relazioni che le fanno soffrire e non hanno interesse per chi invece mostra di tenere a loro).
3. Mostrano una eccessiva dipendenza dagli altri, dalla loro approvazione per paura del rifiuto, del loro sostegno e consiglio perché non si sentono in grado di prendere decisioni o assumersi responsabilità, temono molto la solitudine.
Questo li può indurre a scegliere o restare in relazioni sbagliate, in cui l’altro approfitta dell’accondiscendenza, dell’estrema disponibilità e sopportazione della persona, che è disposta a tollerare molto pur di non perdere i suoi legami affettivi. In alcuni casi si arriva anche a restare a lungo in situazioni di abuso o maltrattamento.
4. A volte non hanno un’immagine stabile e definita di se stesse, come se non sapessero descriversi o dire o scegliere come sono, cosa vogliono, quali valori o motivazioni li guidino. Sono impostati sul compiacere le aspettative dell’altro per non perderne l’affetto o la stima.
5. Spesso non riconoscono a livello cosciente frustrazione ed aggressività e li manifestano in modi indiretti e provocatori, di tipo passivo-aggressivo (lamentele continue, vittimizzazione, richiesta di aiuto indiretta che poi viene rifiutata, dimenticanze, ritardi, procrastinazioni…).
In altri casi la rabbia è totalmente repressa e rivolta contro se stessi, e queste sono le tipiche persone che si auto-denigrano e si sentono indegne e insignificanti, oppure si identificano nel ruolo di martire, non si curano dei propri bisogni ma si spendono oltre il limite per soddisfare quelli altrui, sentendosi responsabili anche delle situazioni in cui non lo sono. Insomma, fanno del sacrificio di sé la modalità per avere un posto nel mondo.
6. Hanno anche una tendenza a idealizzare alcune persone e a vederle “tutte buone”, negandone gli evidenti difetti o la tendenza a sfruttarli. Possono lamentarsi dell’insensibilità dell’altro nei loro confronti, ma quando poi vengono messi di fronte alla necessità di una soluzione pratica, iniziano a giustificare quel che prima denunciavano. Possono essere facilmente suggestionabili o naïf , legarsi molto velocemente e intensamente a qualcuno, anche quando la relazione non corrisponde alla loro visione.
7. Nei rapporti interpersonali. Non è infrequente che gli altri provino un senso di esasperazione e irritazione quando sono a contatto con queste persone, proprio per il loro modo indiretto e inconsapevole di provocare e tormentare gli altri attraverso la lamentela o il sacrificio esibito. Sembrano spesso più interessati a dimostrare la loro superiorità morale, il fatto che la colpa è degli altri, piuttosto che a risolvere concretamente le situazioni.
Quando con loro le persone diventano aggressive e mostrano la loro irritazione, le personalità auto-frustranti (masochiste) sentono che se lo sono meritato, ricevendo così conferma della propria indegnità, oppure, non capendo la loro parte di responsabilità nel co-determinare le situazioni, restano sorpresi e possono finalmente avere confermato il loro ruolo di vittime e l’idea che il mondo sia ingiusto.
Differenza con la depressione
La personalità masochista e quella depressiva hanno molti aspetti in comune, ma un clinico esperto sa riconoscere alcune differenze. Ad esempio una differenza sostanziale è proprio legata alla posizione della colpa: nel depresso la colpa è collocata dentro di Sé :“gli altri mi trattano male perché non valgo nulla, è colpa mia”, mentre nella personalità masochiste la colpa è più spesso collocata all’esterno: “mi trattano male, sono una vittima, è colpa loro”.
Inoltre le personalità autodistruttive sono più attive e hanno più energie di quelle depressive, devono fare qualcosa per contrastare i sottostanti stati depressivi e di demoralizzazione.
Il senso di colpa del masochista e la sua infanzia
Il senso di colpa del masochista è legato alla credenza profonda che essere se stessi, con i propri bisogni, pensieri, desideri, sogni, distinti e differenziati dall’altro, sia sbagliato, che significhi “tradire” l’altro o che implichi il rischio che l’altro si arrabbi, lo rifiuti o abbandoni.
Naturalmente queste credenze profonde, che sono alla base della scarsa fiducia nel proprio giudizio e valore e che portano a vivere le relazioni con tanta sofferenza e senso di impotenza, hanno radici nella storia affettiva delle persone con tendenze masochistiche e dipendenti. Spesso il masochista è stato un bambino che ha imparato che se mostrava di soffrire abbastanza, riusciva ad attirare su di sé un certo interessamento.
Il percorso terapeutico con chi ha questo tipo di carattere è spesso lungo e faticoso. Sradicare le profonde credenze ed i condizionamenti appresi da cui deriva il bisogno di cercare la sofferenza e l’autosacrificio, come unico modo per poter essere amati ed accettati, è un lavoro che richiede molto impegno e costanza.
Si deve imparare a sentire come profondamente legittimo il diritto di esistere, di avere dei bisogni e che questi hanno un valore; che se non ci prenderemo noi stessi la responsabilità per la nostra felicità, soddisfazione e pienezza, non lo farà nessun altro al posto nostro; che se affermiamo noi stessi anche con una dose di sano egoismo e in modo assertivo, non saremo moralmente puniti o abbandonati, ma anzi attireremo l’attenzione e la benevolenza di persone che saranno in grado di rispettarci e con cui costruire dei rapporti basati sulla reciprocità.
Autore: Giorgia Gattari, psicologa e psicoterapeuta, a orientamento Gestalt Analitico.
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