Quando ti senti giudicato, disprezzato o sbagliato, ricordati questo

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Perché temiamo così tanto il giudizio degli altri? Come mai riusciamo a farci influenzare da ciò che pensano gli altri di noi, tanto da non vivere la nostra vita serenamente? Per la maggior parte di noi, essere giudicati è un’esperienza tra le più sgradevoli e limitanti. Non pochi ne sono seriamente condizionati, fino al punto da sentirsi paralizzati quando si sentono sotto osservazione. Spesso essere giudicati negativamente comporta l’esclusione dal gruppo. Pertanto un giudizio negativo diventa sinonimo di isolamento e non accettazione.

Sarà forse perché temiamo che quello che loro pensano di noi sia la conferma di ciò che pensiamo per primi? Qualcosa di negativo ovviamente, altrimenti che paura dovremmo averne? Come esseri umani, tendiamo a recepire il mondo con la nostra, personale visione e razionalizziamo le scelte e i punti di vista altrui secondo i nostri schemi mentali, ai quali siamo parecchio attaccati. Tuttavia, ciò è in forte contraddizione col desiderio di non deludere le aspettative di nessuno o di piacere a tutti. Insicurezza, vanità, sensi di colpa, autocompiacimento ci spingono alla ricerca del giudizio altrui e dell’altrui approvazione, ma al contempo siamo poco disposti a modificare il nostro metro di giudizio

Sai qual è il vero problema in tutto questo?

Il vero problema è che viviamo in funzione di una domanda che ci poniamo costantemente: mi sento accettato? Anche se non te accorgi, questa domanda te la porti dietro di continuo. Ce la poniamo costantemente. Tutti. Abbiamo una maledetta paura di non essere ok, paura di non essere accettati e non riuscire a cavarcela da soli nella vita. Temiamo di non valere abbastanza da essere amati, abbastanza da meritare la stima degli altri, abbastanza da potercela fare. Abbastanza da avere un senso, qui, su questa Terra.

Da dove nasce la paura del giudizio

La paura del giudizio proviene principalmente dalla nostra natura di “animali sociali”: non solo abbiamo bisogno di sentirci approvati ed amati, ma senza l’appoggio degli altri ci diventa difficile affrontare la vita (questo è meno vero in epoca moderna, ma per milioni di anni essere allontanato dal gruppo voleva dire morte quasi certa). Per quello sentirsi giudicati ci provoca una reazione così viscerale: abbiamo paura di venire respinti e abbandonati. In effetti, tutti noi, chi più chi meno, siamo influenzati dal giudizio altrui, da sempre, almeno da quando i nostri antenati si organizzavano in tribù e l’accettazione all’interno di quella tribù era fondamentale: definiva il ruolo sociale, mentre la non ammissione poteva implicare l’allontanamento dalla tribù stessa, con il rischio di non essere in grado, da soli, di sopravvivere in un mondo selvaggio.

Infatti, gli esseri umani tendono ad andare in cerca di apprezzamento e accettazione per non essere esclusi, allontanati, per la paura del rifiuto. Il nostro cervello si è quindi evoluto, riconoscendo come un pericolo o una minaccia l’eventualità di essere socialmente emarginati.

Schiavi dell’approvazione

La soluzione apparente a questo bisogno è quella di piacere a tutti, di diventare una persona che tutti approvano. Purtroppo questi sforzi sono inevitabilmente fallimentari. Liberarsi completamente dai giudizi altrui è impossibile, perché siamo tutti diversi ed ognuno vede le cose a modo suo: quindi non sarà mai possibile piacere a tutti. Quello che possiamo fare è imparare a ignorare i giudizi (specialmente delle persone senza importanza), a non dargli peso, o a capire perché certe persone ci giudicano: se capisco che lo fanno per un problema loro, mi sarà più facile non farmi carico di quel che dicono.

Quando la paura dei giudizi è paralizzante

Anche se tutti temiamo il giudizio, per alcuni questa paura raggiunge livelli angoscianti e ossessivi, a volte fino a bloccare ogni iniziativa della persona. Questo livello di preoccupazione può nascere da un’esperienza familiare con genitori molto critici, severi od esigenti: se il bambino si sentiva continuamente sotto osservazione, se niente di quello che faceva era considerato sufficiente, e magari veniva punito ad ogni mancanza, può sviluppare un trauma tale da seguirlo anche in età adulta.

Chi ha subìto tale tipo di trauma spesso interiorizza quel modello comportamentale, e lo prosegue anche se i genitori sono ormai lontani o persino defunti. In pratica, le voci critiche dei genitori continuano a vivere nella sua testa sotto forma di giudizi continui. Molte persone insicure o ansiose hanno questo tipo di ferita. Queste persone hanno bisogno di realizzare che il loro problema non è nel mondo reale, ma nella loro mente ancora condizionata. Per liberarsi devono imparare ad ignorare o disattivare queste voci critiche

Magari non mi credi ma posso assicurarti che sei meno giudicato di quanto pensi! Prima di tutto, occorre capire che spesso temiamo di essere giudicati anche quando non avviene realmente. Molte persone (specialmente quelle più insicure) vanno in giro con la paura che tutti siano intenti a guardarli e giudicarli, ma il più delle volte questo non è vero.

Anche se sbagli non succede nulla

Dietro la paura del giudizio c’è la paura delle conseguenze: come già accennato, temiamo che se facciamo o diciamo qualcosa di sbagliato, ci succederà qualcosa di spiacevole (venire respinti, disprezzati, ridicolizzati, abbandonati, ecc.). Ma in realtà, il più delle volte le conseguenze dei giudizi sono irrilevanti o quasi. Se vado in giro vestito male o in modo bizzarro, se mi metto le dita nel naso, se canto per strada, se esco spettinato, se vado in giro senza agghindarmi… cosa succede? Nella maggior parte dei casi, niente di niente. Assolutamente niente. Le persone intorno ci fanno a malapena caso, e poi pensano ad altro (di solito ai cavoli loro).

Invece spesso viviamo con il terrore che ogni nostro passo falso porterà gravi conseguenze, perché ci portiamo dietro quella paura dai tempi in cui eravamo bambini (e scontentare i nostri genitori poteva portarci effetti gravi e dolorosi). Ma come adulti non è più un problema: il mondo è grande e, se a qualcuno non piace come siamo, ci sono altri otto miliardi di esseri umani verso cui andare.

Ovviamente questo non vale in certe situazioni, come sul lavoro o di fronte a qualcuno a cui teniamo: in questi casi il giudizio conta, ed è importante comportarsi in modo efficace. Ma nella maggior parte del tempo, possiamo tranquillamente rilassarci, comportarci come ci viene (nei limiti del rispetto e dell’educazione comune), e non ci succederà nulla di male.

Non puoi piacere a tutti

Una delle più grandi illusioni che esistano, è pensare che se ci sforziamo abbastanza riusciremo a piacere a tutti, ad essere amati da chiunque. Purtroppo non succede mai, perché siamo tutti diversi e vogliamo cose diverse: per cui, in qualunque maniera tu sia, ci sarà sempre qualcuno a cui non vai bene. Persino gli individui migliori e più brillanti hanno i loro detrattori e critici. Quindi voler piacere a tutti, o pensare di raggiungere una “perfezione” per cui tutti ti ammirano, è una pura utopia.

Segui la tua “bussola”

Il fatto che siamo tutti diversi comporta pure che una cosa sbagliata per altri, può essere giusta per te. Per questo bisogna imparare a pensare con la propria testa e saper decidere cosa è meglio per se stessi – accettando il rischio di commettere errori. Se non si sviluppa questa capacità decisionale autonoma, questa “bussola” interna, si rimane delle banderuole spinte di qua e di là dall’influenza di opinioni e giudizi altrui.

La paura dei giudizi ci porta a dare importanza a tutte le critiche che riceviamo, ma questo è un grosso errore. Molti giudizi sono senza valore, o decisamente stupidi, o del tutto falsi, oppure arrivano da persone insignificanti: perché mai dovremmo dar retta a tutte queste scempiaggini?
E’ quindi importante saper riconoscere le “fonti” degne di nota (sensate, ragionevoli, utili), e trascurare le altre. In particolare, le persone da ascoltare sono quelle che tengono davvero a noi, che anche quando ci criticano lo fanno con affetto e buone intenzioni. Invece, chi giudica per partito preso, per interesse personale o senza riguardo, è bene lasciarlo perdere.

Quando ti senti giudicato, disprezzato e umiliato, ricordati questo

Il dottor Seuss (autore molto amato in America), ha scritto: “Sii ciò che sei e dì quel che senti, perché quelli che hanno da ridire non contano e quelli che contano non hanno da ridire.” Le persone che contano davvero nella tua vita, sono quelle che ti vogliono bene e ti accettano per come sei. Che ti incoraggiano ad essere autentico, a dire ciò che pensi. Se costoro ti criticano, lo fanno per aiutarti, con rispetto, e per valide ragioni. Non giudicano le tue stranezze, le piccole imperfezioni o gli errori che a tutti capita di commettere.

Invece, le persone che ti criticano pesantemente, che ti fanno sentire inferiore o sbagliato, che insistono su ogni tua piccola mancanza o imperfezione, che non si curano se ti fanno stare male, queste sono le persone che non contano; che faresti bene ad ignorare, e magari anche da tenere a distanza.
Questo vale anche se sono tuoi familiari, o persone che dicono di volerti bene ma non lo dimostrano nei fatti.

Se un giudizio ti colpisce, è perché ci credi

Non tutti i giudizi ci colpiscono allo stesso modo: in genere, quelli che più ci turbano e ci fanno soffrire sono quelli che confermano le convinzioni negative che già abbiamo su noi stessi. In altre parole, se credo di avere un difetto e qualcuno mi giudica per quello, mi sentirò ferito per la conferma di quello che già penso. Invece, se non credo che quella critica sia reale, resterò indifferente o avrò una reazione lieve. Facciamo un esempio: se qualcuno mi disprezza perché ho i capelli verdi, non mi sentirò ferito; riderò dell’accusa, o penserò che quella persona ha le idee confuse. Perché dovrei risentirmi, se so benissimo di non avere i capelli verdi?

Una reazione forte rivela qualcosa di te

Quindi, provare una reazione molto forte ad un giudizio altrui, potrebbe rivelare una convinzione negativa su noi stessi che non vogliamo ammettere. In poche parole: se un giudizio mi fa davvero molto male, è perché io stesso ci credo – anche se dico il contrario.
Riconoscere questa convinzione inconscia mi permette di portarla alla luce, quindi di lavorarci su per liberarmene. Finché invece rimane nascosta nell’inconscio, continuerà a condizionarmi ed io non potrò farci nulla – perché mi rimane invisibile.

L’accettazione neutralizza i giudizi

Fin dalla nascita, a quasi tutti viene insegnato che non vanno bene come sono, che devono nascondere alcune parti di sé, che devono adattarsi alle regole altrui. Questo produce una vita tormentata: non possiamo sentirci felici vivendo in conflitto con la nostra natura.
Inoltre, quasi tutti abbiamo paura di non essere “abbastanza qualcosa”: non abbastanza bravo, bello, intelligente, attraente, ricco, ecc. Questa paura provoca un senso di inadeguatezza logorante: qualunque cosa siamo o facciamo, ci sembra non sia mai sufficiente….e i giudizi altrui non fanno che alimentare e confermare queste paure.

Questi due elementi (il conflitto con la propria natura, e il senso di inadeguatezza) sono alla radice di buona parte della sofferenza umana. Molti fanno di tutto per sfuggirvi, di solito sforzandosi per sembrare meglio di quel che sono, o per assomigliare a qualcun altro. Ma poiché è una lotta contro se stessi, non può essere vinta. Invece, una soluzione efficace per uscire da conflitto e tensione continui, è fare proprio il contrario: accettare quello che sei, inclusi i limiti e le imperfezioni. Suona paradossale, ma accettando se stessi diventa anche più facile dare il meglio di sé, e migliorare in modo sereno.

Quando riesci a dire a te stesso “Sono come sono, e va bene così”, non solo ritrovi pace e ottimismo, ma i giudizi altrui diventano secondari. Una volta che sei in pace con te stesso, quello che pensano gli altri smette di avere potere su di te: hai ottenuto l’approvazione della persona più importante della tua vita (l’unica che sarà sempre con te), ed è quello che più conta.

Nella nostra crescita è mancata un’educazione psicoaffettiva e così vaghiamo per il mondo con bussole difettose, facendo scelte che spesso si rivelano sbagliate e senza capire con chiarezza cosa ci portiamo dentro. È per questo che ho scritto un libro, si tratta del libro che io stessa avrei voluto leggere prima ancora di diventare psicologo. Si tratta di un prezioso manuale di psicologia e del libro più consigliato dagli psicoterapeuti. S’intitola «d’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce» ed è il libro giusto per te se vuoi tracciare la tua strada e affinare la tua bussola. È, tra l’altro, ricco di esercizi psicologici. Puoi trovare il mio libro in qualsiasi libreria d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “D’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce”
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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