Quello che i social non dicono: il malessere a portata di click

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Psicologa e mental coach, specializzata in psicologia alimentare, gestione dello stress, psicologia dell’ansia e della coppia. Riceve online e nei suoi studi di Terni e Bellaria-Igea Marina.
I social network veicolano il messaggio dello stile di vita del malessere

Sapete che uno degli hashtag più utilizzati su Instagram è: fitinspiration? Probabilmente ne eravate a conoscenza, o forse no. Oppure ancora, potreste trovarlo un dato irrilevante. In realtà non è tanto sull’hashtag che voglio puntare i riflettori, quanto più sulla fotografia della società che restituisce.

Partiamo dal suo significato analizzando la composizione di parole da un punto di vista prettamente grammaticale.

Dietro le quinte dell’hashtag Fit inspiration

FIT ha a che fare con la forma fisica (essere in forma) che in quest’ottica è ottenuta grazie all’esercizio fisico (FITNESS). INSPIRATION, equivale a ispirazione.

Questo hashtag riporta quindi ad una volontà di infondere la cultura della forma fisica ed ispirare uno stile di vita che possa fare ottenere risultati di “bellezza tonica” o “muscolosa”. Per quanto riguarda il femminile, si è passati da un ideale di donna eccessivamente magra, ad uno di donna tonica e “forte” da un punto di vista fisico. In questo processo gli uomini non sono esenti. Anch’essi infatti vengono spinti ad ottenere un fisico muscoloso.

La promozione dello sport è qualcosa di sicuramente ammirevole, ma non è tutto oro quel che luccica. Infatti, in questo caso non viene promosso uno stile di vita sano, ma l’esercizio fisico come mezzo per ottenere una determinata forma fisica.

Nulla quindi che abbia a che fare con il benessere (tanto meno quello psichico), considerando che dietro le quinte di un tale atteggiamento possono nascondersi numerose insidie: la dipendenza da esercizio fisico (overtraining), ossessioni riguardanti il cibo e la vigoressia (un vero e proprio disturbo presente anche nel DSM V che si riferisce ad un’ossessione eccessiva per la massa corporea).

La cultura dell’insoddisfazione

La competizione, la sfida, l’omologazione a modelli estetici, sono i messaggi che più spesso vengono veicolati attraverso i social network. I social network, infatti, sono pieni di persone che si erigono a modelli da seguire e da emulare.

Attraverso le loro “campagne di ispirazione” spingono all’attività fisica smodata, al superamento dei propri limiti fisici. In questo scenario l’esercizio fisico non è più solamente un’attività ludica o salutare, ma uno strumento per sfidare (o autosfidarsi), ma non solo, diviene spesso il mezzo per raggiungere quell’ideale di bellezza “magro e tonico” per le ragazze oppure “ipertrofico” per i ragazzi.

Si perché il messaggio veicolato più di frequente nei post è :”Fa attività sportiva così potrai ottenere quel determinato corpo”. Di per sé, promuovere l’esercizio fisico è qualcosa di sicuramente positivo, non lo è più quando il fine ultimo di tale promozione, non è il benessere, ma l’omologazione a determinati canoni estetici.

Il messaggio nascosto: “l’omologazione pena l’esclusione”

In questo modo è come se in realtà venisse promosso “il malessere”, uno stile di vita che ingabbia, che tiene prigionieri ed ostaggi delle richieste della società. Ingabbia perché è un messaggio, che contiene in sé un “metamessaggio”: l’omologazione pena l’esclusione.

I Social Network sono pieni di immagini di ragazze e ragazzi, che in palestra mostrano le loro abilità, e che a loro volta propongono allenamenti ed esercizi (molto spesso senza averne le competenze). Non solo, ma spesso le descrizioni che accompagnano tali immagini inneggiano allo sforzo fisico, e al superamento dei propri limiti.

Come se non bastasse vengono di frequente consigliate diete o regimi alimentari che hanno tutte le caratteristiche di una vera e propria “dittatura”.

Chissà quante volte anche voi avrete letto didascalie del tipo: “no pain no gain”, “oggi mi spacco” come a dire, “se non soffri non ottieni il risultato”. Siamo proprio sicuri sia davvero così?

È vero che per ottenere risultati e raggiungere i propri obiettivi occorre impegno e dedizione, ma è davvero fondamentale sfidare i propri limiti psico-fisici per adeguarsi ad un modello preconfezionato dalla società? Parliamo poi di un modello che è di questo momento, ma che nel tempo è destinato a cambiare, modificarsi.

Se pensiamo poi che questi messaggi, raggiungono più di frequente giovani adolescenti, lo scenario risulta ancora più grave. In questa fase infatti la personalità è in formazione, i pari sono più di tutti coloro i quali influenzano e determinano la creazione del proprio sé. È quel momento della vita in cui, più di ogni altro, si ha bisogno di sentirsi accettati, inclusi, stimati. E per fare ciò si è disposti a tutto, anche a conformarsi allo stile di vita del “malessere”.

È una cultura dell’eccesso, dell’esasperazione, della sfida, che ha alla sua base un atteggiamento “guerresco”, non solo in riferimento agli altri, ma anche a se stessi. Si è infatti, costantemente in lotta con sé stessi per poter raggiungere, ottenere quell’ideale estetico. Ideale estetico che è però raggiungibile, solo attraverso un dato comportamento: l’esercizio fisico eccessivo. Tutto questo conduce a non accontentarsi mai, e quando non ci si accontenta mai, si è destinati all’insoddisfazione.

Per tali motivi occorre sganciarsi da questa rigidità, da questo paradigma della competizione. Non è semplice perché ormai si è intrisi di questa ansia costante della sfida, del confronto con i modelli sociali.

Il proprio corpo non viene più ascoltato e rispettato, ma solo sfruttato e molto spesso disprezzato perché non lo si ritiene in linea con modelli che vengono sbandierati.

Siamo arrivati al punto in cui una fotografia che ritrae il viso di una ragazza con l’acne fa scalpore e stupisce. In questo caso mi riferisco ad Aurora Ramazzotti, la quale ha avuto il coraggio di non cadere nella rete dell’omologazione. Ha avuto il coraggio di presentarsi per quella che è, e di mostrare quella che è la realtà.

Molto spesso infatti ci dimentichiamo, che quello che si vede sui social, in particolare, le forme delle ragazze delle fotografie, sono di frequente il risultato di fotoritocchi, “filtri”, e modifiche di ogni tipo. Si è invertita quindi la direzione della vita. Fa scalpore la realtà e non la finzione.

Non di rado inoltre, capita che venga attribuito lo status di “superdonne” o “superuomini” a coloro che riescono a fare un certo numero di ripetizioni di esercizi o a terminare in un dato tempo un allenamento.

La prestazione fisica, le forme del corpo, non rispecchiano in alcun il valore di una persona. E non dimentichiamoci che ogni donna ed ogni uomo, può essere considerata/o “super”, ognuna/o per un motivo diverso.

Si può essere “super” in tanti modi, ma sopratutto, si può vivere una vita “super”, vivendo il proprio corpo secondo le proprie regole e non secondo quelle dettate dall’esterno.

Veronica Rossi, Psicologa e Mental Coach 
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