Quel momento che ti è scivolato addosso… ma che ti ha lasciato un segno profondo. C’è una domanda che a volte ci accompagna in silenzio per anni. Non la pronunciamo ad alta voce, ma si insinua nei momenti di solitudine, quando spegniamo le luci e ci ritroviamo a fare i conti con noi stessi.
La domanda è semplice, ma spiazzante: “Quando ho smesso di credere in me?”
Non sempre sappiamo rispondere. E forse è proprio questa incertezza che fa più male. Perché la verità è che non c’è stato un momento preciso, una data da segnare sul calendario. È stato più un lento scivolare via. Una piccola rinuncia dopo l’altra. Una luce che si affievoliva mentre cercavamo di adattarci, di essere accettati, di farci amare… anche a costo di non amarci più.
Hai smesso di crederci in una giornata qualunque. Magari da bambino, mentre qualcuno rideva del tuo entusiasmo. O magari da adolescente, quando le tue fragilità sono state giudicate, invece che accolte. Forse è successo dopo un fallimento, o dopo che qualcuno ti ha lasciato senza una spiegazione, e tu hai pensato che il problema fossi tu.
Ma la verità è che spesso smettiamo di credere in noi stessi non per una grande delusione, ma per mille piccoli sguardi che ci hanno fatto sentire invisibili. Per tutte quelle volte in cui avremmo voluto essere abbracciati e invece siamo stati corretti. Per le parole mai dette e quelle dette male. Per ogni “non sei capace”, “non sei abbastanza”, “sei troppo sensibile”, “sei troppo fragile”.
Smettiamo di crederci quando iniziamo a dubitare delle nostre emozioni
Quando ci convinciamo che quello che sentiamo non conta. Quando, per sopravvivere, impariamo a compiacere, ad adattarci, a non disturbare.
E allora, un po’ alla volta, smettiamo di esistere davvero. Diventiamo versioni addomesticate di noi stessi. Più controllate, più accettabili, ma anche più spente. E sotto quella apparente calma, inizia a covare un senso di vuoto. Una nostalgia difficile da nominare. La nostalgia di chi eravamo prima di imparare a dubitare di noi.
Questo articolo nasce per prenderti per mano. Per portarti dolcemente lì, in quel punto preciso in cui hai iniziato a lasciarti andare. Non per colpevolizzarti, ma per farti sentire che non sei solo. Che non sei sbagliato. Che è umano smettere di crederci quando non ci si è mai sentiti davvero visti.
Ma è possibile tornare a farlo. Non come prima, ma meglio. Perché ora puoi farlo con consapevolezza. Non per dimostrare qualcosa a qualcuno, ma per tornare a sentire che tu vali, anche senza spiegazioni. Che puoi smettere di rincorrere approvazioni esterne e cominciare a costruire, dentro di te, un rifugio sicuro.
Perché tu sei degno di fiducia. Anche quando hai paura. Anche quando ti senti fragile. Anzi, proprio lì, nel tuo punto più vulnerabile, risiede la parte più vera e luminosa di te.
E allora, respira. Concediti il tempo di ascoltare. E se vuoi, cammina con me tra queste parole. Magari, alla fine, scoprirai che non hai mai smesso davvero di credere in te. Ti eri solo messo in pausa, in attesa che qualcuno ti dicesse: “Va bene così, puoi tornare a brillare”.
1. Il disincanto silenzioso
Credere in sé stessi non è un atto di orgoglio. È un atto d’amore. E quando smettiamo di crederci, non è perché abbiamo improvvisamente capito di non valere, ma perché ci siamo sentiti non visti, non accolti, non validati nel nostro sentire.
Spesso succede nell’infanzia. Quando una maestra dice che il nostro disegno “non ha senso”, quando un genitore ci corregge con durezza, quando un fratello maggiore ride dei nostri sogni.Ma può succedere anche più tardi, in adolescenza, quando iniziamo a confrontarci con l’esterno, a misurarci con gli altri, a cercare conferme. E se quelle conferme non arrivano, iniziamo a pensare che il problema siamo noi.
Così, senza accorgercene, iniziamo a disinnamorarci di noi stessi. A vedere solo ciò che manca, ciò che non siamo, ciò che non funziona. È un disincanto lento, silenzioso, ma profondo.
2. I segnali invisibili di chi non crede più in sé
Chi ha smesso di credere in sé non sempre se ne rende conto. Ma ci sono segnali, piccoli e quotidiani, che parlano per noi:
- Chiedi costantemente conferme: hai bisogno che gli altri ti dicano che stai facendo bene, che vali, che sei sulla strada giusta.
- Ti scusi anche quando non serve: come se occupare spazio fosse un fastidio, come se esistere fosse già troppo.
- Ti adatti per non deludere: cambi forma per piacere, anche se questo significa tradire ciò che senti.
- Eviti di metterti in gioco: temi il fallimento, ma in fondo temi ancora di più di scoprire che hai davvero poco da offrire.
Rinunci prima ancora di provarci: pensi che tanto non ce la farai, che non sei all’altezza, che gli altri sono “più”.
E poi c’è quella voce interiore, la più crudele: quella che ti dice che non sei abbastanza. Non abbastanza intelligente, non abbastanza bello, non abbastanza interessante.
3. Il ruolo degli altri nella costruzione (e distruzione) dell’autostima
Nessuno nasce con l’autostima piena o vuota. L’autostima si costruisce. E si costruisce nelle relazioni, nello sguardo degli altri, nel modo in cui veniamo trattati.
Quando da bambini ci sentiamo accolti per come siamo, impariamo che valiamo, anche quando sbagliamo. Ma se lo sguardo degli altri ci rimanda continuamente che siamo “troppo” o “non abbastanza”, iniziamo a deformare la percezione di noi stessi.
E allora smettiamo di essere noi per diventare ciò che pensiamo gli altri vogliano. E se questo meccanismo si protrae per anni, finiamo per dimenticare chi siamo. È così che smettiamo di crederci. Perché ci hanno fatto credere che ciò che siamo non bastava.
4. Quando ti sei allontanato da te
Prova a pensarci. Quando hai iniziato a non ascoltarti più? Forse quando hai scelto un percorso che non sentivi tuo, ma che era “giusto” secondo gli altri. Forse quando hai smesso di scrivere, di cantare, di creare, perché qualcuno ti ha detto che non era un “vero lavoro”. O forse quando hai iniziato a frequentare persone che ti facevano sentire sbagliato, ma hai continuato per paura di restare solo.
Ogni volta che ci allontaniamo da ciò che sentiamo, smettiamo di crederci un po’ di più. Ogni volta che diciamo “sì” quando vorremmo dire “no”, ogni volta che restiamo in silenzio quando vorremmo urlare, ogni volta che ci adeguiamo per essere accettati… ci perdiamo un pezzetto.
5. Il dolore nascosto dietro la sfiducia in sé
Dietro la mancanza di fiducia in sé c’è sempre un dolore. Una ferita. Non si tratta solo di insicurezza, ma di un vero e proprio lutto: il lutto della nostra autenticità. Abbiamo dovuto seppellire parti di noi per essere amati. Abbiamo imparato a spegnerci per non disturbare. Abbiamo costruito maschere per sopravvivere.
Eppure, anche se oggi quelle maschere ci proteggono, ci soffocano. Perché la parte più viva di noi, quella autentica, continua a bussare. E lo fa attraverso l’ansia, la stanchezza emotiva, la sensazione di non essere mai nel posto giusto.
6. Ritrovare la fiducia: un atto di coraggio
Ritrovare la fiducia in sé stessi non è un percorso facile. Ma è possibile. Serve un atto di coraggio. Serve scegliersi, anche quando sembra folle. Serve guardarsi allo specchio e iniziare a dire: “Io merito di fidarmi di me”.
Significa smettere di chiedere permesso per esistere. Significa iniziare ad ascoltare il proprio sentire, anche se va controcorrente. Significa darsi il diritto di fallire, di sbagliare, di cambiare idea. Perché credere in sé non significa essere perfetti, ma autentici.
7. Come si ricostruisce la fiducia in sé
Ecco alcuni passaggi concreti per iniziare a ricostruire il rapporto con te stesso:
- Ascolta la tua voce interiore: chiediti ogni giorno cosa senti, cosa desideri, cosa ti fa stare bene.
- Impara a dire no: dire no agli altri, a volte, significa dire sì a te.
- Celebrati per ogni passo: anche piccolo. Ogni gesto di autenticità è un passo verso la fiducia.
- Circondati di chi ti vede davvero: scegli relazioni che ti nutrono, non che ti svuotano.
- Riscopri ciò che amavi fare: torna a quella passione abbandonata, a quell’attività che ti faceva sentire vivo.
- Parla con te con gentilezza: osserva come ti parli e prova a usare parole che useresti con una persona che ami.
- Chiedi aiuto se serve: ci sono percorsi terapeutici che possono accompagnarti nel recuperare il legame con te stesso.
8. Non devi tornare a com’eri. Devi tornare a chi sei.
Non è questione di “tornare indietro”, di recuperare una versione passata di te. È un andare in profondità. È un atto di verità.
La fiducia in te stesso non si basa su ciò che fai o su quanto ottieni. Si costruisce quando smetti di giudicarti con gli occhi degli altri e inizi a guardarti con i tuoi. Quando inizi a sentirti abbastanza non perché qualcuno te lo dice, ma perché lo senti dentro. Quando smetti di aspettare il permesso di essere te stesso, e inizi semplicemente ad esserlo.
9. La tua storia merita fiducia
Tu sei la somma di tutte le volte che ti sei rialzato. Di tutte le volte che hai amato anche senza garanzie. Di tutte le ferite che hai trasformato in comprensione. Non sei le tue cadute, sei ciò che hai imparato da esse.
E se oggi ti senti perso, se senti di non crederci più, sappi che la fiducia può tornare. Può rinascere. Ma ha bisogno che tu scelga di guardarti con occhi nuovi. Con occhi che non cercano la perfezione, ma la verità.
Non è troppo tardi per credere in te
Forse non puoi tornare indietro e cambiare quel momento in cui hai smesso di credere in te. Ma puoi fare qualcosa di ancora più prezioso: puoi scegliere, oggi, di ricominciare. Puoi scegliere di guardarti non più con gli occhi di chi ti ha fatto dubitare, ma con gli occhi di chi ha attraversato tanto e ha ancora voglia di rinascere.
Puoi scegliere di non aspettare che qualcuno ti riconosca, ma di iniziare a riconoscerti da solo, giorno dopo giorno, anche tra mille incertezze. Puoi scegliere di ritrovare quella voce che è sempre rimasta dentro di te, anche nei momenti più bui. Una voce che non ha mai smesso di sussurrarti che meriti amore, rispetto, spazio. Anche quando non ti sei sentito all’altezza. Anche quando ti sei nascosto.
Credere in sé non è un atto egoistico. È un atto rivoluzionario. Significa iniziare a camminare nella vita con occhi nuovi: i tuoi. Nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi”, parlo proprio di questo: della possibilità di spogliarsi dalle aspettative, dalle etichette, dai ruoli imposti, per tornare a guardare il mondo – e sé stessi – con uno sguardo autentico, pulito, libero. Uno sguardo che non cerca approvazione, ma verità. Uno sguardo che non chiede: “Va bene così?” ma che afferma, con dolce fermezza: “Io vado bene così”.
Credere in te è un ritorno. Non a chi eri, ma a chi sei sempre stato, sotto tutte le maschere. E se oggi senti che il tuo cuore è stanco, se ti sembra di esserti perso… sappi che non sei rotto, sei solo in attesa di ritrovarti. E quel momento può cominciare adesso. Basta anche solo un passo. Una scelta. Una nuova carezza verso te stesso.
Perché non è mai troppo tardi per tornare a vederti con i tuoi occhi. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
E se ti va, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe.
Ti aspetto lì per continuare il viaggio.