Siamo abituati a pensare alle emozioni e alle attitudini psicologiche come qualcosa di astratto, privo di alcuna concretezza corporea. Tale tendenza è legata all’evoluzione culturale e a quello che da sempre è noto come “dualismo” mente-corpo. L’idea che mente e corpo siano due entità separate ha radici profonde nella storia della filosofia, della religione e della scienza. Questa convinzione, nota appunto come dualismo, è stata influenzata da una serie di fattori culturali, filosofici e scientifici.
Sappiamo come la religione ha influenzato questa credenza. Molte religioni, come il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam, distinguono l’anima (o spirito) dal corpo fisico. L’anima è associata alla psiche (psykhḗ dal greco, significa appunto “anima”); tutto questo ha favorito l’idea che esista una componente spirituale, immateriale, separata dalla realtà fisica. Una credenza che oggigiorno è controproducente se non addirittura pericolosa perché ci fa perdere di vista quelle che sono le funzioni corporee connesse alla mente!
Dopo la religione è stata la volta dei filosofi. E qui abbiamo Cartesio che sosteneva che la mente (res cogitans, o “cosa pensante”) e il corpo (res extensa, o “cosa estesa”) fossero due sostanze distinte. Ecco che la concezione dualistica ha segnato profondamente il pensiero occidentale, influenzando la scienza, la medicina e la psicologia per secoli.
Prima dell’emergere delle neuroscienze moderne, non esistevano strumenti per comprendere il funzionamento del cervello e il legame tra processi fisici e mentali. Per fortuna, oggi, le neuroscienze ci sono e possono finalmente iniziare a spezzare, in modo definitivo, questo approccio dualistico.
La resilienza è corporea
Se pensiamo alla resilienza crediamo subito che sia un’attitudine personale legate alla “capacità di fronteggiare i problemi”, alla “buona volontà”, alla “saggezza” e alla “pazienza”. Tutto questo è vero, ma è altrettanto vero che la pazienza e la saggezza si apprendono, sono come muscoli che si sviluppano. E non in modo metaforico, anche in termini fisici!
Essere resilienti non significa non provare stress o difficoltà, ma sviluppare la capacità di riprendersi e crescere da ogni esperienza, anche negativa. Lo si diventa trattandosi con gentilezza lungo il tortuoso percorso chiamato vita. Se tutti sappiamo descrivere la resilienza da un punto di vista attitudinale, sono poche le persone che ci riflettono: se un dualismo mente-corpo non esiste, allora la resilienza è corporea? Esatto! Lo è!
6 caratteristiche fisiche delle persone resilienti
La resilienza ha una base neurobiologica significativa. È il risultato di interazioni complesse tra il cervello, il sistema nervoso periferico e l’ambiente che ci ospita. E, quando parliamo di ambiente, facciamo riferimento ai contesti sociali in cui viviamo. In altre parole, alle relazioni che stringiamo con gli altri o che abbiamo stretto nel nostro passato. Per spezzare le credenze che vedono radicato il dualismo mente-corpo, vi proponiamo alcune delle principali componenti neurobiologiche della resilienza!
1. Neurotrasmettitori
- Serotonina
è associato alla regolazione dell’umore e delle emozioni. Livelli adeguati di serotonina favoriscono un atteggiamento più positivo e resiliente. - Dopamina
Coinvolto nella motivazione e nella ricompensa. Una buona regolazione dopaminergica supporta la capacità di trovare significato e scopi anche in situazioni difficili. - Noradrenalina
aiuta il cervello a gestire lo stress e a rispondere in modo adattivo a situazioni critiche.
Ecco un piccolo spoiler: è vero che vi è una regolazione endogenza di questi neurotrasmettitori, tuttavia, le attività che decidi di svolgere hanno un forte impatto sulla loro modulazione (sintesi e azione). Pertanto, fatta eccezione per rarissime mutazioni genetiche (credimi, rarissime!), non c’è motivo di pensare che tu sia poco resiliente (e magari depresso) perché il tuo corpo non produce uno o l’altro neurotrasmettitore. Come abbiamo segnalato il premessa, si tratta di una complessa interazione tra il nostro corpo (in toto, mente-corpo) e l’ambiente che ci ospita (e quindi il modo in cui viviamo, le relazione che stringiamo, gli stimoli ai quali decidiamo di reagire!).
2. Strutture cerebrali coinvolte
- Amigdala
Regola le risposte emotive, come la paura e lo stress. Una regolazione efficace dell’amigdala aiuta a mantenere la calma in situazioni difficili. Al contrario, un’amigdala iperattiva ci fa rispondere impulsivamente agli stimoli anche se non rappresentano una vera minaccia. - Corteccia prefrontale
È cruciale per il controllo delle emozioni, modula l’attività dell’amigdala! Inoltre svolge un ruolo nella pianificazione e il problem-solving. Una corteccia prefrontale ben funzionante può contribuire a regolare le reazioni impulsive e favorire un approccio più razionale agli eventi stressanti. - Ippocampo
È essenziale per la memoria e l’apprendimento. Aiuta a contestualizzare le esperienze e a ridurre le risposte eccessive allo stress.
Vuoi capire se la tua corteccia prefrontale deve essere allenata? Molte semplice. Se quando programmi di fare qualcosa di complesso, ti rendi conto che ti manca la pianificazione, allora dovresti allenarla! Magari decidi di dipingere una parete del tuo appartamento e hai tutto l’entusiasmo. Acquisti i componenti, porti su lo scaletto e stai per iniziare e poi però, ti accorgi che non avevi pensato proprio a tutti!
Anzi, al contrario, i pennelli erano in garage, la pittura presa non basta neanche per un metro quadro…. Certo, possono essere errori attribuiti alla scarsa esperienza ma più probabilmente a una “pigrizia” della corteccia prefrontale. Una buona pianificazione ti porta a “pensare a tutto” in fase di progettazione. Diciamo così: se sei più bravo nel “fare” e preferisci che ci sia qualcuno che ti “diriga” nel concreto, meglio che alleni la tua corteccia prefrontale! E… dovresti allenarla anche se ti lasci andare a scatti d’ira, se ti senti sopraffatto da tristezza o attraversi umori depressi.
Nel nostro libro «il mondo con i tuoi occhi» (già bestseller e libro più consigliato dagli psicoterapeuti, disponibile in tutte le librerie e in questa pagina amazon), ti abbiamo parlato del “sistema della rabbia e della paura”. Tutte le strutture qui elencate fanno parte del sistema della rabbia e della paura, cioè quell’insieme di strutture che dirigono e muovono TUTTI i tuoi comportamenti. Spiegandoti che queste strutture possono essere modulate dall’esterno, applicando una serie di strategie che vertono sull’unità mente-corpo!
3. Neuroplasticità
La capacità del cervello di adattarsi e riorganizzarsi in risposta a nuove esperienze è un elemento chiave della resilienza. L’esposizione a situazioni difficili ma superabili può rafforzare i circuiti neurali coinvolti nella gestione dello stress. Ciò significa che tutte le strutture di cui abbiamo parlato fin ora sono “plasmabili”, anche se con fatica.
4. Fattori genetici ed epigenetici
Alcuni geni influenzano la predisposizione alla resilienza, come quelli associati ai neurotrasmettitori e alla regolazione dello stress. Tuttavia, i fattori epigenetici (cioè le modifiche ambientali che influenzano l’espressione dei geni) possono modulare queste predisposizioni. Ecco perché nel paragrafo dedicato ai neurotrasmettitori vi abbiamo detto che non dovete cadere nell’errore di credere “sono depresso perché ho la serotonina bassa”, i collegamenti non sono così lineari e l’ambiente (sociale!) in cui siamo, incide tantissimo sull’espressione epigenetica e quindi sulla produzione dei neurotrasmettitori.
5. Ruolo delle esperienze e dello stile di vita
Esperienze positive nella prima infanzia: legami affettuosi e sicuri favoriscono lo sviluppo di una maggiore resilienza. È stato dimostrato, però, che anche esperienze protratte durante la vita adulta, facendo leva sui principi di neurplasticità ed epigenetica, possono portare cambiamenti concreti al nostro assetto fisico!
6. Asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)
Questo sistema regola la risposta allo stress. Nelle persone resilienti, l’asse HPA è in grado di attivarsi rapidamente in situazioni stressanti e di tornare altrettanto rapidamente a uno stato di equilibrio una volta terminata la minaccia. Nel libro «riscrivi le pagine della tua vita» (long seller e tradotto anche all’estero, disponibile in tutte le librerie e a questa pagina amazon) ti abbiamo spiegato imparare a stabilizzare il tuo asse ipotalamo-ipofisi-surrente agendo dall’esterno e anche come alcuni eventi della tua vita, hanno potuto renderlo iper-sensibile.
In sintesi: le nostre attitudini psicologiche sono sempre corporee
La resilienza, così come tutte le altre caratteristiche psicologiche, emergono dall’interazione complessa tra esperienze di vita, ambiente sociale, predisposizioni genetiche e plasticità cerebrale. Questo rende la resilienza non solo un tratto psicologico ma anche una caratteristica profondamente radicata nella biologia del nostro corpo.
Lo stesso discorso si applica a qualsiasi “attitudine” che fino a oggi credevi meramente “psicologica”. Il successo dei nostri libri, tutti bestseller, è legato proprio a questo elemento di novità: quando parliamo di emozioni e vi spieghiamo il vostro mondo interiore, lo facciamo sottolineando sempre i substrato biologici che rendono tutto possibile e questa è una vera innovazione! Infatti, i nostri libri sono gli unici saggi di psicologia italiani tradotti anche all’estero, in genere capita il contrario, importiamo e traduciamo libri dagli altri paesi. Se hai voglia di iniziare a lavorare sul serio su te stesso, sulla tua unicità mente corpo, ti consigliamo di leggere i nostri saggi che propongono un percorso completo. Sono complementari, non c’è un ordine di lettura, quindi inizia pure da quello che ti ispira di più; come premesso, puoi trovarli in tutte le librerie. I titoli sono:
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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