Segnali tipici delle persone che non sanno stringere legami affettivi

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Le relazioni affettive sono una parte fondamentale della vita umana. Esse ci forniscono sostegno emotivo, connessione sociale e un senso di appartenenza. Tuttavia, molte persone sperimentano difficoltà nell’instaurare legami affettivi profondi e duraturi. I motivi possono essere molteplici. Uno degli autori della psicoanalisi più importanti che ha elaborato delle teorie che potrebbero spiegare la difficoltà a stringere legami è sicuramente Bowlby, il quale attraverso degli esperimenti comprese che il legame che si instaura tra il bambino e la madre funge da base per le relazioni future dell’intera vita. Se la base dell’attaccamento non è sicuro o ancor peggio ambiguo, noi potremo sviluppare delle difficoltà a costruire dei legami affettivi soddisfacenti da adulti.

In questo articolo mi soffermerò su quelle persone che non riescono a stringere legami per difficoltà di accesso alla propria sfera emotiva. Se ne conosci una, condividi con lei/lui questo articolo, sono certa che potrà essere un utile punto d’inizio!

Alcune persone si sentono, al contempo, vuote e affamate di vita. Provano noia facilmente, a tratti sono apatiche e a tratti divengono smaniose di qualcosa, di un qualsiasi stimolo in grado di scuoterle, di fornire loro una scarica di vita o addirittura una via di fuga. Per comprendere meglio questi stati d’animo, vi propongo un breve racconto esemplificativo.

Il vuoto e le relazioni affettive

«Solo pochi minuti fa avevo un oggetto in mano, una cosa alla quale tengo moltissimo e non sapevo cosa farne, dove riporla, dove custodirla per tenerla al sicuro, per poterla ritrovare. Mi guardavo intorno e non c’era un posto giusto. È così anche dentro di me, non c’è mai un posto giusto per le persone. Se non avessi iniziato un lavoro su me stessa, guardandomi direi che quel posto non c’è mai stato, invece so che qualcuno l’ha solo incasinato. Ora sta a me fare ordine, fare spazio. Trovare i luoghi interiori dove poter custodire gli altri importanti. So che non è semplice.

Il caos che c’è nei mei luoghi interiori non solo non mi aiuta a essere un buon custode, ma mi porta a sentire anche un forte vuoto. E quando arriva io non provo nulla, almeno non in superficie. Ho poi scoperto che, in realtà, provo tutto ma non riesco a sentire niente. La differenza è sottile ma c’è.

Al momento delle difficoltà, la mia emotività si dilegua. Rimane solo un freddo pensiero razionale. All’inizio ci stavo bene dentro quel freddo, dentro quel vuoto, mi anestetizzava, mi regalava un’immunità immensa. Ero immune a tutto, semplicemente intoccabile. Nessuno poteva ferirmi ma a botta di non sentire niente, avevo smesso di vivere, tanto che per sentirmi viva avevo bisogno di gesti estremi. Che fosse guida spericolata, rapporti occasionali, avventure folli (…), quel vuoto così divorante mi aveva spesso indotto a ricercare la vita mediante emozioni forti, facendomi allontanare sempre di più dalla quiete e dalla sicurezza di cui avevo bisogno.

Adesso ho capito come fare con tutto quel vuoto, mi basta solo accoglierlo, abbracciarlo e ricordargli che ho le spalle larghe, che ce la faccio anche senza di lui, che ora non deve più proteggermi. Devo solo fargli capire che ora può farsi da parte, può lasciarmi sentire tutto, sono pronta.

So che quel vuoto è lì perché un tempo, per me, è stato più sicuro non provare nulla. Da bambina ho dovuto vivere sempre sull’attenti, sempre troppo impegnata a provvedere ai bisogni degli altri per poter soddisfare i miei, per poter badare alle mie emozioni, quindi non mi era permesso esprimerle, non perché non lo volessi, semplicemente non potevo! Così quel vuoto mi ha protetto da reazione ostili in un ambiente familiare estremamente disfunzionale. Oggi sono adulta, non ho alcun legame affettivo da salvaguardare se non quello che ho con me stessa, non ho paura di reazioni ostili, non ho paura di emozioni soverchianti, posso sentire tutto e imparare a prendermi cura di me come delle persone che amo».

Persone che non sanno stringere relazioni affettive

Stringere legami affettive, far funzionare una relazione sentimentale, sono cose che molti danno per scontate ma che invece non sono affatto semplici. Per stringere un legame profondo è necessaria una certa stabilità emotiva, è necessaria la capacità di auto-accettazione e di accettazione dell’altro, sono necessarie abilità superiori quali la capacità introspettiva, l’ascolto empatico di sé e dell’altro, la capacità di comprendere e ascoltare i propri bisogni così come l’assertività affinché l’altro li rispetti.

Per non parlare poi delle capacità comunicative. Un conto è esporre un proprio bisogno sollecitando un ascolto empatico nell’altro (amore, vorrei trascorrere più tempo con te, mi piace quando ceniamo insieme, mi fa stare bene!), tutt’altro conto è muovere pretese e accuse (rientri sempre tardi! Possibile che tu mi faccia cenare sempre da sola?!). Insomma, le abilità richieste per stringere un legame e far funzionare una relazione sono tantissime! Eppure, noi, tendiamo a lasciare tutto al caso, dalla scelta del partner alle dinamiche di coppia. Il risultato? Spesso più che una storia d’amore ci invischiamo in una storia disfunzionale, contornata da conflittualità irrisolte, proprie e del partner.

Per amare bisogna amarsi, sembra un concetto banale ma è una sacrosanta verità. Chi non accetta se stesso, chi nega le proprie emozioni, in realtà non riesce neanche ad accettare l’altro, ne’ ad accogliere le sue emozioni! Nell’altro proietta solo parti di sé ma la relazione che instaura è destinata a generare insoddisfazione.

L’importanza dell’auto-empatia nelle coppia

Quando parliamo di relazioni, ci focalizziamo sull’empatia presa come qualità relazionale. In realtà, abbiamo bisogno di diventare empatici anche con noi stessi. Molte persone, proprio come la protagonista del racconto precedente, non sono allenate a sentire le proprie emozioni, pertanto accolgono le emozioni dell’altro in modo distorto o non le accolgono affatto!

Chi non è allenato a sentirsi, ad ascoltarsi nel profondo praticando auto-empatia, difficilmente riuscirà a costruire relazioni sane se prima non farà un profondo lavoro su se stesso. Perché l’auto-empatia è così utile? Riflettici un attimo, ogni scambio con l’esterno inizia prima dentro di noi e, solo dopo, si manifesta con atteggiamenti, azioni e parole. Come possiamo orientarci nel mondo e nella relazione con l’altro, se non sappiamo cosa sta succedendo dentro di noi? Fintanto che non ne diventiamo consapevoli e padroni, non avremo pieno potere di ciò che diciamo e facciamo. Le cose, le relazioni, la vita, finirà per sfuggirci di mano.

Ma è normale! Se nessuno ci ha mai “allenato a…”, non possiamo pretendere nulla da noi stessi. Possiamo iniziare a invertire la rotta sperimentando, come la protagonista del racconto, una sana volontà di connettersi a se stessi! Al fine di imparare l’auto-empatia, dovremmo rallentare il ritmo, rallentare i tempi di reazione e di risposta (alle provocazioni, agli eventi spaventosi, all’aggressività…), per concederci quei preziosi secondi per arrestare gli automatismi che ci accompagnano da sempre.

Il non provare nulla della protagonista del racconto o il ricorrere e emozioni forti per “metterci una pezza”, sono automatismi appresi negli anni. Senza prima rallentare, non si può lavorare su di sé.

Durante l’interazione con gli altri, alcuni dei nostri meccanismi interiori partono in automatico. Senza consapevolezza, uno stimolo può innescare una risposta abituale appresa nel passato. Quando invece siamo consapevoli e auto-empatici, possiamo intervenire per creare un’alternativa alla nostra reazione appresa.

Usando sempre reazioni apprese, finiamo per modellare il nostro presente sul nostro passato, precludendoci la possibilità di migliorare. Quando rallentiamo e ci sforziamo di entrare in contatto con noi stessi, possiamo costruire il nostro presente così come lo desideriamo! È una conquista enorme che poche persone riescono a concederci e tu potresti essere tra quelle!

Ma come apprendere l’auto-empatia?

La prima regola è «rallentare». Se ci pensi, quando vedi immagini a rallentatore è tutto più bello, anche un bicchiere che s’infrange riducendosi in mille pezzi, visto in slow motion può essere poetico! Ecco, allora concediti la possibilità di sentire i tuoi vissuti interiori in slow motion!

La seconda regola è «dialogare». Dialoga con te stesso, interrogati più spesso su come ti senti, cosa vedi davanti a te, come interpreti uno stimolo, cosa desideri davvero dall’altro, quale bisogno insoddisfatto ti sta facendo agire (…). Nel descrivere ogni cosa, evita di usare parole che giudicano più che “osservano”, limitati a descrivere senza critica, senza giudizio. Tieni presente che può esserci sempre una differenza tra ciò che pensi e ciò che provi e questo è del tutto normale. Imparare ad auto-ascoltarsi è il primo passo per poter stringere relazioni sane.

Non siamo fatti per accontentarci

I legami non sono come i mobili IKEA, non si possono semplicemente assemblare i pezzi e via, c’è bisogno di attenzione, cura e impegno. Il problema dei legami è che questo concetto di “cura” e “reciprocità” sono davvero in pochi a capirlo. Si tratta di perle rare dall’inestimabile valore. Ognuno meriterebbe una perla così nella propria vita ma sono difficili da riconoscere e attrarre… ecco perché poi finiamo per accontentarci. Eppure, gli affetti più sinceri e gli amore, non dovrebbero mai essere QUELLI CHE CI CAPITANO PER CASO, dovrebbero essere quelli che abbiamo scelto con consapevolezza e partendo da una sana autonomia emotiva (così da non rimanere invischiati in incastri).

Come rinascere

Nel mio libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce» ti prendo per mano per visitare i tuoi luoghi bui e temuti, ti insegno a chiamare col nome le tue difficoltà senza giudicarti, a donarti e donare perdono a chi ha avuto un ruolo nelle tue ferite.. perché è imparando ad amarsi che si pongono le fondamenta per un incontro autentico con l’altro. Con il libro, potrai ripristinare un equilibrio perduto: ogni pagina ti insegna a rivendicare il tuo valore di persona completa, amabile e degna di stima, ad ascoltare i tuoi bisogni e soprattutto, a farli rispettare.

Non siamo fatti “per stare con qualcuno”: siamo fatti per incontrare noi stessi. Nella tua vita devono aprirsi porte verso nuove occasioni, nuove evoluzioni, nuovi incontri. I compagni di viaggio e di vita sono certo importanti, ma l’unica figura con cui dobbiamo stare bene siamo noi stessi. Stare con te stessa nel modo giusto è la sola partita che conti davvero nella vita. Quindi, se hai voglia di acquisire nuove consapevolezze, su di te e sulle dinamiche in amore, è il libro giusto per te. Il titolo del mio libro? “D’amore ci si ammala, d’amore si guarisce“. Puoi trovarlo in tutte le librerie o su Amazon a questo indirizzo.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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