Segnali tipici di chi ha avuto genitori anaffettivi

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Può un genitore invalidare il benessere psicofisico di un figlio? Si parla tanto di carenza d’amore nell’ambito della coppia e poco nell’ambito genitore-figlio. E’ risaputo, quello del genitore è un mestiere difficile ma diventa ancora più difficile per un figlio accettare un’infanzia fatta di assenza di amore; è il caso dei genitori anaffettivi. Anche in una famiglia, dove in apparenza governa armonia e amore, si possono coltivare conflitti e risentimenti eterni; dinamiche in cui i genitori, anche se a volte in modo inconsapevole, diventano penalizzanti verso la felicità della prole.

Essere plasmati secondo un copione predefinito

Per un genitore anaffettivo, il figlio è una “proprietà” che deve rendere: dalla soddisfazione a scuola, alla prosecuzione dell’attività di famiglia, al formarsi una famiglia di gradimento dei genitori (partner scelto dai genitori, maternità per soddisfare il desiderio dei futuri nonni ecc.) fino al classico bastone della loro vecchiaia. A ogni tentativo di ribellione, frasi come “Ti mantengo io!”, “Con tutto quello che ho fatto per te”, “Sei un ingrata/o!”…..riescono a ristabilire l’ordine e la supremazia. Visto che un figlio si dovrebbe fare per amore, nulla si può chiedere in cambio perché ogni richiesta è puro interesse.

Caratteristiche del genitore anaffettivo

Il genitore anaffettivo è l’esatto opposto del genitore iperprotettivo: se quest’ultimo riempie di attenzioni eccessive il figlio fino a soffocarlo, quello anaffettivo non riesce a manifestare affetto, risultando gelido e distaccato. Il tipico segnale, dunque, è l’incapacità di accudire correlato alla completa mancanza di protezione percepita dal bambino.

Gli abbracci, i baci, le coccole, non fanno parte del legame genitore-figlio ma vengono percepiti come un ostacolo, un fastidio, qualcosa di irritante. Le motivazioni possono essere molteplici e le cause, in genere, risiedono nel vissuto emotivo dei genitori. Probabilmente a loro volta sono cresciuti senza amore e attenzioni, in un ambiente rigido e austero. Genitori di questo tipo, anche se spesso inconsapevolmente, plasmano, nella prole, una dimensione affettiva ed educativa volta alla colpevolizzazione e alla punizione. Il bambino percepirà di non essere meritevole d’amore, acquisirà un atteggiamento disfunzionale che lo accompagnerà anche in età adulta. Il genitore anaffettivo può paradossalmente rivelarsi un genitore in grado di provvedere ai bisogni materiali dei figli, e talvolta se ne ha possibilità anche in modo dispendioso (sport, moda, corsi d’arte etc).

Il genitore anaffettivo attraverso il” figlio/burattino” rafforza la sua propria immagine e il proprio potere

In alcuni casi, i genitori anaffettivi vedono, nei figli, lo strumento ideale per la realizzazione delle proprie attitudini narcisistiche. In questo contesto, il figlio viene strumentalizzato e diviene fonte di nutrimento narcisitico, in altre parole il figlio è usato come trofeo, per fare bella figura con le amiche, per sentirsi più importanti.

Il figlio viene incoronato ed esaltato agli occhi degli altri! Tutti devono ammirare e riconoscere la bellezza e la bravura del figlio che viene vissuto come una creazione personale, un’estensione di sé. Il genitore anaffettivo ovviamente non ha a cuore le esigenze del figlio e non incoraggia quelle che potrebbero essere le sue doti se non rientrano nella gamma delle ambizioni del genitore.

Qualora il bambino dovesse deludere i genitori perché per esempio, ha una qualche difficoltà a scuola, oppure non vuole fare quel certo sport o suonare un determinato strumento, diventerà oggetto di svalutazione e disprezzo. Le dinamiche del genitore anaffettivo generano nel bambino un doppio messaggio che può essere esplicito o anche trasmesso attraverso un atmosfera affettiva o relazionale che il piccolo percepisce come ambigua e ambivalente: sviluppa l’idea che per farsi accettare non è sufficiente essere quel che si è ma occorre essere un bambino speciale, dotato o precoce

Come è chiaro, non stiamo parlando di abusi fisici o percosse ma di sottili mezzi che possono avere un impatto altrettanto nefasto sullo sviluppo emotivo e cognitivo del figlio. Ancora oggi, molti genitori sono convinti che le punizioni fisiche siano necessari metodi educativi, o addirittura genitori che possono usare le percosse come valvola di sfogo personale. In questi frangenti il genitore può subito essere etichettato come “cattivo”, “negativo” e socialmente da allontanare. Purtroppo, quando l’abuso è emotivo, né il bambino, né la società sono pronti a comprendere ciò che sta realmente accadendo tra le mura domestiche.

Nella realtà dei fatti, il genitore anaffettivo non si cura affatto dell’interiorità e della sensibilità del figlio, non cerca di capire cosa egli desidera e tanto meno i suoi bisogni psicologici. Semplicemente, lo usa inconsciamente come un appendice di sé, da adornare e plasmare come meglio crede per se stesso, come un modo per esaltare la propria immagine.

E una volta adulti?

Un’infanzia senza l’amore dei propri cari, di solito, è sinonimo di un’infanzia triste, infelice o complicata. Un bambino privato di attenzioni, di stimoli e di cure possono letteralmente fargli perdere la capacità di dar vita a relazioni significative per il resto della sua vita. Un bambino non amato proverà un senso di vergogna che lo accompagnerà per il resto della vita, non si sentirà mai abbastanza amato e desiderato.

Un adulto con un vissuto di trascuratezza emotiva, agirà in ogni ambito della vita spinto dalla carenza di affetto, cercando disperatamente di soddisfarla attraverso rapporti di dipendenza, invasivi e immaturi… seppur in modo inconsapevole.  Comportamenti antisociale e delinquenziali potrebbero verificarsi per attrarre attenzione dell’altro e chiedere aiuto. In modo inconsapevole, dunque, si ritroverà in una lenta spirale di distruzione, in cui finirà per dubitare di se stesso: una persona che non merita di essere amata o rispettata. Forse non ne sarà consapevole, ma questo vuoto emotivo che cercherà di colmare a tutti i costi,  si ripercuoterà sul suo stato d’animo e peggio sul suo sistema immunitario.

Ecco il bivio: cadere nel vuoto o riempire quel vuoto

Chi è cresciuto senza amore,  sente un vuoto nell’anima che lo porta a sprofondare nell’abisso della solitudine…ad annullarsi. Questo è proprio il punto: il nulla. La carenza. Quel luogo dell’anima che è rimasto vuoto da sempre,  a causa di quel bisogno di affetto che non è stato colmato durante l’infanzia. Per questo motivo si percepisce il vuoto, l’assenza… un “nulla” che diventa intollerabile.

Quel vuoto emotivo creato dai nostri genitori può essere riempito…..ma attenzione a non riempirlo di amori sbagliati

Puoi scegliere di cadere nel vortice degli amori sbagliati o riempire quel vuoto attraverso l’amor proprio. Diceva Samuel Johson “Non esiste piacere migliore nella vita di quello di superare le difficoltà , passare da un gradino del successo a quello superiore, formulare nuovi desideri e vederli realizzati. Colui che si accinge a qualche grande o lodevole impresa vede le sue fatiche prima sostenute dalla speranza, poi ricompensate dalla gioia.”

Ormai sei adulta/o e hai preso piena consapevolezza di aver avuto genitori che non hanno saputo darti amore;  ora non ha senso odiarli, dimenticarli, punirli, allontanarli o tanto meno perdonarli.  Considera i tuoi genitori stelle che si spengono lontane mentre altre più luminose brillano nel presente. Spostando l’attenzione non più sulle tue carenze emotive ma bensì sulle tue priorità, sul tuo “valore”, ti accorgerai che  i malesseri emotivi pian piano svaniranno.

Non è un percorso facile né veloce, ma è l’unico che devi intraprendere se vuoi riempire quel vuoto emotivo che cerca di sabotare la tua esistenza. Lo so, le ferite emotive possono essere deleterie, ma anche la ferita più profonda può essere lenita. Nessuno ti chiederà di condonare gli errori di un genitore negligente, abusante o distratto, tutto quello che ti chiedo è ciò che già devi a te stesso: prendi in mano le redini della tua vita e diventa la persona che desideri essere. Solo quando ti sentirai pienamente soddisfatto di te e della persona che sei diventata, sarai pronto a guardare i tuoi genitori con occhi diversi, non più con gli occhi dell’accusa, ma con gli occhi di chi è riuscito a guarire… nonostante tutto. Qualcuno una volta mi ha detto che l’amore rende magica la vita, forse è il caso di iniziare a crederci, o di provarci almeno.

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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