Sei duro con te stesso? Ecco cosa stai rischiando

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Ogni giorno, inevitabilmente, mettiamo in atto un dialogo interiore con noi stessi. Molti dei pensieri che elaboriamo sono privi di senso compiuto, altri sono continue ruminazioni e altri ancora, possono essere feroci critichecondanne e auto-accuse. Eppure, osservando all’esterno, siamo perfettamente in grado di distinguere una relazione abusiva da un rapporto sano ma nonostante questa capacità, quello che abbiamo con noi stessi sembra somigliare più a una relazione d’abuso. Non perdiamo occasione per screditarci, condannare ogni minimo errore commesso e sentirci responsabili se le cose non sono andate come avremmo voluto.

Essere duri con se stessi significa infliggersi un ulteriore dolore emotivo. Chi è duro con se stesso, in genere, tende a non sentirsi mai abbastanza e a cadere nel perfezionismo patologico. Ha anche un approccio competitivo alla vita che lo induce a fare molti paragoni con gli altri, paragoni dai quali ne esce sicuramente perdente.

Gli effetti delle imposizioni

Chi è severo con se stesso si impone di fare, si impone di produrre… DEVE, DEVE, DEVE… la sua prerogativa è l’efficienza. Peccato che le imposizioni sono controproducenti e spesso innescano l’effetto contrario. Un po’ come una persona che s’impone di mangiare sano e poi finisce in un circolo vizioso di alimentazione compulsiva. Un gruppo di ricercatori guidati da Stefano Palminteri, dell’Institut national de la santé et de la recherche médicale di Parigi, ha dimostrato che fattori come le imposizioni e le punizioni, sono del tutto controproducenti. Al contrario, ricompense e libertà gettano le basi per il successo e migliori performance.

In genere, chi è duro con se stesso desidera raggiungere elevati obiettivi ma tenta di farlo nel modo più sbagliato possibile: con imposizioni irragionevoli e poi condannandosi e punendosi al primo sgarro, facendo di quello che ha con se stesso, un autentico rapporto abusivo.

Un approccio più sano prevede la possibilità di esplorare e di sbagliare, prevede comprensione e fiducia anche quando si sgarra per poi concedersi una ricompensa (una validazione) per ogni piccolo traguardo tagliato. Tutto questo si può raggiungere ri-modulando il dialogo interiore, cioè il modo in cui comunichiamo con noi stessi e direzioniamo emozioni e comportamenti.

L’autocritica inasprisce anche i rapporti con gli altri

L’autocritica feroce non solo logora quotidianamente la propria autostima, mina anche i rapporti interpresonali e lo fa in due modi. Chi è duro con se stesso è spesso sopraffatto da alti livelli di dolore, diciamocelo: è una persona che soffre, soffre per ciò che potrebbe essere e per ciò che non è, soffre per ciò che è stato e per ciò che non sarà, insomma, è una persona piena di malinconia.

Le capacità cognitive dell’essere umano sono limitate. Dando molto spazio al dolore, alla frustrazione e all’autocritica, si vanno a dissipare molte risorse cognitive che altrimenti potremmo dedicare agli altri. Se una persona percepisce un costante dolore di sottofondo, solo difficilmente sarà pronta ad accogliere e comprendere i vissuti interiori degli altri. Questo creerà un muro che spesso sfocia in solitudine.

In più, c’è una verità inequivocabile. Se una persona non riesce ad accettarsi con tutti i suoi difetti e limiti e soprattutto, se una persona non riesce a riconoscere in lui tutte le qualità di cui dispone, non riuscirà a stringere legami senza auto-giudicarsi o sentirsi giudicato.

Impara a dare peso alle tue qualità

Chi è duro con se stesso, in genere, riconosce di avere qualche pregio ma non gli dà peso, la visione, infatti, è costantemente spostata sulle connotazioni negative. Dando peso alle qualità che possediamo, incrementiamo la fiducia nelle risorse di cui disponiamo.

Ogni stato negativo (ansia, preoccupazione, paura dell’abbandono, il non sentirsi abbastanza, la rabbia, la frustrazione…) deriva da un preconcetto che dice: «non dispongono delle risorse per fronteggiare la realtà che mi circonda». Tale preconcetto fonda le sue radici in una mancanza di fiducia in sé. Accettare le imperfezioni e gli errori del passato, ci consente di lavorare sulle potenzialità di crescita che sono presenti in ognuno di noi. L’apprendimento è uno strumento potente e può trasformare la propria vita. La crescita personale non è qualcosa che cade dall’alto, ma qualcosa che si guadagna sfruttando il proprio intelletto e mettendosi alla prova in modo sano.

Modelli correttivi da interiorizzare

Se stai usando un dialogo interiore severo, fatto di critiche, sensi di colpa e ruminazioni, è perché nel corso del tuo sviluppo non hai imparato a fare diversamente. Non hai avuto nessun modello benevolo: probabilmente sei cresciuto con genitori litigiosi e/o ipercritici. Può essere che sono stati severi con te ma non necessariamente: anche se un genitore era ipercritico con l’altro, questo modello può essersi fissato in qualche modo nella tua struttura di personalità rendendoti a tua volta severo e autocritico. Anche esperienze di negligenza emotiva (essere invisibili agli occhi delle persone affettivamente importanti) possono innescare un modello autocritico, in questo caso, la credenza di sottofondo è questa: «se sarò abbastanza bravo, allora mi accetteranno. Se diventerò importante, allora sarò meritevole di amore». 

In questo caso hai imparato che le persone possono amarti per ciò che fai e non per ciò che sei, non hai mai acquisito una giusta dose di fiducia (chiamata, in modo riduzionistico, autostima) quindi pensi che devi sgomitare per ogni cosa, anche per guadagnarti un posto in questo mondo. Ecco una novità: puoi essere amato per ciò che sei, un posto nel mondo di aspetta come diritto di nascita, proprio come gli altri, anche tu meriti di essere felice.

Gli insulti

Il primo apprendimento verterà sul modo in cui ti rivolgi a te stesso quando credi di aver sbagliato qualcosa. Frasi come «Faccio schifo» oppure «non merito nulla», oppure «ho rovinato di nuovo tutto», «sono davvero uno stupido», «possibile che faccio sempre gli stessi errori? Cosa c’è che non va in me?!».

Questo approccio non ti condurrà da nessuna parte. Prova a fare un passo indietro, anche se non riesci a uscire dal senso di sconforto del momento, analizza la tua condotta. Forse hai mangiato un bel po’ di comfort food perché avevi molte tensioni emotive? Forse hai aggredito la persona che ami, perché non hai saputo regolare il tuo volume emotivo? Prova a indagare la componente affettiva soggiacente, di cosa parlano quelle tensioni emotive? Sii curioso con te stesso. L’autostima gioca un ruolo determinante nella traiettoria di vita di ognuno di noi. Ogni insulto che ti muovi è un pesante colpo che infliggi a te stesso, è un’opportunità che ti neghi.

L’insicurezza e il perfezionismo

Insicurezza e perfezionismo vanno di pari passo. Se non ti senti all’altezza di un compito, prova a chiederti se non ti stai negando l’ennesima possibilità. L’insicurezza si rivela in modi subdoli: difficoltà a prendere decisioni ma anche a porre domande, esporsi, iniziare nuove attività. In questo scenario ti consiglio di leggere l’articolo dedicato alla sindrome dell’impostore, ti meraviglierà sapere che spesso sono proprio le persone più dotate e di talento a sentirsi insicure.

Le distorsioni cognitive

Imparare a evitarle è difficile, questa è una delle sfide più grandi che puoi affrontare. Le distorsioni cognitive sono scorciatoie di pensiero maladattive, che vanno a confermare credenze radicate. Esistono diverse distorsioni cognitive, alcune portano a generalizzare (se ho commesso un errore, allora sono un fallito, se ho fallito una volta, allora fallirò sempre…), altre portano a vedere solo un frammento della realtà (quello che conferma la credenza primordiale, conducendo a una costante delusione). 

Un’altra distorsione cognitiva è la fallacia del controllo: questa consiste nella tendenza a dare la colpa a se stessi per situazioni che in realtà sono al di fuori dal proprio controllo. Anche questa fallacia verte sull’insicurezza e sulla necessità di controllare tutto per non essere colto alla sprovvista (perché ritieni di non avere abbastanza risorse per fronteggiare eventuali imprevisti). Sì, è proprio come un cane che tenta di mordersi la coda. Da un lato sei portato a rincorrere il controllo, dall’altro questo ti si ritorce contro facendoti sentire sbagliato.

Anche in questo caso, la curiosità può essere una tua alleata. Prova ad analizzare i tuoi errori e vedi che storia raccontano, cerca di capire se c’è una lezione che puoi trarre (perché è chiaro che un errore non deve tradursi in un’automatica condanna! Tutti sbagliato, ed è del tutto naturale).

Usa parole rassicuranti «è vero, ho sbagliato, ma l’importante è che posso continuare a provarci anche se non sempre faccio tutto bene». Oppure «esistono parti di me che ancora non conosco, ho bisogno di tempo per esplorarle, comprenderle e capire come muovermi al meglio nel mondo, oggi ho sbagliato ma non sarà sempre così».

Disinnescare il dialogo auto-critico

Un «non merito niente, sono destinato a rimanere solo» (dopo un litigio con la persona cara) può trasformarsi in «oggi sto male, cosa posso fare per me stesso in questo momento?». In fondo non è affatto facile mettersi in gioco e sforzarsi di migliorare richiede molto coraggio. Già che ti stai cimentando in questa impresa, è ammirevole. Come premesso, le persone che sono dure con se stesse non hanno affatto un passato leggero, quindi inizia a riconoscere che non sei stato tu l’artefice di questa forte auto-critica ma puoi essere tu l’artefice di qualcosa di bello, che parla davvero di te, dei tuoi bisogni e delle tue sensazioni. Perché ad essere troppo duri con se stessi, si rischia di non conoscersi affatto e precludersi il bello della vita.

Nel mio libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce» ti prendo per mano per visitare i tuoi luoghi bui e temuti, ti insegno a chiamare col nome le tue difficoltà senza giudicarti, a donarti e donare perdono a chi ha avuto un ruolo nelle tue ferite.. perché è imparando ad amarsi che si pongono le fondamenta per un incontro autentico con l’altro. Con il libro, potrai ripristinare un equilibrio perduto: ogni pagina ti insegna a rivendicare il tuo valore di persona completa, amabile e degna di stima, ad ascoltare i tuoi bisogni e soprattutto, a farli rispettare.

Non siamo fatti “per stare con qualcuno”: siamo fatti per incontrare noi stessi. Nella tua vita devono aprirsi porte verso nuove occasioni, nuove evoluzioni, nuovi incontri. I compagni di viaggio e di vita sono certo importanti, ma l’unica figura con cui dobbiamo stare bene siamo noi stessi. Stare con te stessa nel modo giusto è la sola partita che conti davvero nella vita. Quindi, se hai voglia di acquisire nuove consapevolezze, su di te e sulle dinamiche in amore, è il libro giusto per te. Il titolo del mio libro? “D’amore ci si ammala, d’amore si guarisce“. Puoi trovarlo in tutte le librerie o su Amazon a questo indirizzo.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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