Sentirsi soli anche se in coppia

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Le relazioni d’amore proteggono dalla solitudine, ma non tutte le relazioni sono uguali: alcune possono farti sentire ancora più solo. Sebbene le relazioni di coppia costituiscano un legame interdipendente, le ricerche dimostrano che vi sono dei modelli di interdipendenza tra partner che possono predire la sensazione di solitudine in coppia. Il termine «interdipendenza» descrive una modalità relazionale in cui le parti coinvolte sono impegnate in uno scambio reciproco. Nella sana interdipendenza, le parti dipendono, in maniera egualitaria e senza sbilanciamenti, l’uno dall’altro.

L’interdipendenza e la vicinanza emotiva

È opportuno chiarire che l’interdipendenza non ha nulla a che vedere con la dipendenza affettiva. L’obiettivo dell’interdipendenza è riuscire a stare in coppia in un legame in cui si è in grado di essere autonomi; stare insieme all’altro potendo contare su stessi, sulle proprie risorse e potendo esprimere pienamente la propria identità.

Nell’interdipendenza c’è equa condivisione delle responsabilità, ci sono decisioni condivise, momenti d’incontro che vedono l’evoluzione della coppia e momenti di crescita che vedono la progressione dei singoli.  In altre parole, nella coppia interdipendente si dà e si prende l’uno dall’altro in modo uguale in termini di attenzione, energie, impegno e tempo trascorso insieme. Un buon grado di interdipendenza permette di impegnarsi in una relazione dove si possa dare e avere in ugual misura, dove la coppia è in equilibrio e nessuno si sente mai solo perché è consapevole della vicinanza emotiva dell’altro. Il sentimento di solitudine emerge quando qualcosa, in questa modalità relazionale, va storto.

Sentirsi soli, distanti e diversi da tutti

La solitudine nella coppia può essere un problema relazionale ma potrebbe anche essere legato a caratteristiche di personalità del singolo. In questo articolo mi soffermerò sul sentimento di solitudine nei rapporti sentimentali esaminando dinamiche relazionali e di interdipendenza. Molto diverso è il caso di chi si sente solo a prescindere da tutto. Alcune persone, purtroppo, hanno difficoltà nello stringere legami profondi e percepire la vicinanza affettiva dell’altro.

Queste persone, infatti, possono sperimentare un senso di solitudine cronico, in cui si percepiscono distanti da tutti. Nel presente scenario, le cause della sensazione di solitudine non vanno ricercate nel rapporto di coppia ma nel rapporto che si ha con se stessi.

Tre modelli relazionali che ti fanno sentire solo anche in coppia

Una ricerca (N. Hsieh e L. Hawkley, 2017) ha evidenziato come determinate qualità relazionali possano associarsi al sentimento di solitudine in coppia. Quando il modello di relazionale verte su sentimenti di ambivalenza, ostilità o indifferenza, la solitudine diviene inevitabile. Il «sentirsi soli in coppia» è una sensazione più comune di quanto ci si aspetterebbe (Distel et al., 2010). Nei successivi paragrafi, descriverò dei modelli relazionali che possono innescare sentimenti di solitudine e, in ultima analisi, vedremo perché tu hai scelto (in maniera più o meno inconsapevole) un modello che non è in grado di appagarti.

Dalla distanza affettiva all’indifferenza

Il fattore più comune che genera senso di solitudine nella coppia è la distanza affettiva tra i partner. Le coppie caratterizzate da una minore coesione, vale a dire scarsa comunicazione, bassi livelli di intimità emotiva, hanno più possibilità di innescare sentimenti di solitudine. La distanza emotiva è un chiaro campanello d’allarme di declino affettivo e, quando arriva al capolinea, si manifesta con completo disinteresse e indifferenza.

L’indifferenza è caratterizzata da scarso supporto interpersonale e scarso impegno. Quando una coppia accumula problemi non risolti (che possono essere anche piccoli screzi ma che a lungo andare possono diventare degli enormi macigni) i partner possono sentire il bisogno di proteggersi dall’altro e innalzare un muro emotivo. Un muro emotivo non fa altro che mettere distanza, fino a quando non si è più a conoscenza di cosa provi esattamente il partner. Alla lunga, la distanza emotiva può generare noia, emotività appiattita, mancanza di interesse nella condivisione e indifferenza.

In questo scenario è inevitabile sentirsi soli. La coppia distante non necessariamente è destinata a disunirsi. Se c’è il reciproco interesse a trovare dei punti di congiunzione, il più è fatto e i sentimenti di solitudine potranno diventare solo un brutto ricorso. L’ascolto attivo e l’essere supportivi nei confronti delle attività svolte dal partner, possono essere un ottimo inizio. L’ascolto attivo aprirà le porte alla comunicazione che a sua volta, potrà far sentire i partner più vicini. L’essere di supporto, migliorerà i momenti di condivisione e anche questo fungerà da collante emotivo.

Piccolo suggerimento per donne che amano troppo

In caso di relazione basata sull’indifferenza, gli Autori della ricerca hanno dimostrato che le donne tendono a sentirsi più sole rispetto agli uomini. Segnale che le donne tendono a investire di più nelle relazioni affettive e meno nelle attività personali. Un buon modo per riabilitare se stesse potrebbe consistere nel ritagliare spazi in cui stare bene con la propria identità, a prescindere dall’altro.

La relazione ambivalente

Le relazioni ambivalenti sono caratterizzate, al contempo, da un forte sostegno, impegno e  fortissime tensioni interpersonali. Una crescente letteratura ha dimostrato che le relazioni basate su sentimenti di ambivalenza possono incidere in modo consistente sul grado di benessere psicofisico. Elevati livelli di ambivalenza relazionale sono stati associati a problemi cardiovascolari (Uchino, Smith e Berg, 2014), pressione sistolica elevata (Nealey-Moore, 2003) e benessere psicologico compromesso (Fingerman et al., 2008) con sentimenti di solitudine.

L’ambivalenza nella coppia, sul piano pratico, può essere descritto con il pensiero di base: «faccio questo per te ma te lo faccio pesare», «oggi non ti dico nulla, ma tengo il conto» (…). Il partner ambivalente è sempre pronto a rinfacciarti tutto, impegna molte energie nella coppia che diviene, al contempo, anche il contenitore della propria frustrazione.

L’ambivalente vive il partner come oggetto d’odio e d’amore. Non riesce a regolare distanze e vicinanza così talvolta si fonde con l’altro e talvolta sente il bisogno di ferirlo per allontanarsene. Chi ha una relazione con un partner ambivalente, sa che, nonostante gli apparenti sforzi che l’altro mostra, non può contare davvero su di lui, sa di essere solo, si sente disorientato e, in queste circostante, i sentimenti di solitudine sono del tutto legittimi.

Se in caso di distanza emotiva nella coppia, i partner possono tentare di ricucire in autonomia il rapporto, in caso di relazione ambivalente sarebbe più saggio rivolgersi a un terapeuta di coppia.

L’ostilità relazionale

Queste coppie si caratterizzano per uno scarso supporto del partner ma alto impegno, le energie, però, sono investite nel tentativo di screditare l’altro.

Le ricerche hanno dimostrato che la solitudine nella coppia è condizionata dalla frequenza (quantità) e dalla qualità delle interazioni (Cacioppo, Fowler e Christakis, 2009). Nel caso della distanza emotiva, abbiamo visto come una scarsa condivisione e bassi livelli di comunicazione, possano innescare sentimenti di solitudine. In questo scenario, la condivisione e la comunicazione nella coppia non mancano ma sono estremamente disfunzionali.

I partner dovrebbero essere particolarmente sensibili agli effetti che le loro azioni e parole hanno sull’altro. Purtroppo questo non sempre si verifica. In un modello di interdipendenza sano, i partner hanno a cuore il benessere reciproco. Nelle dinamiche disfunzionali, gli individui possono interagire negativamente nei confronti del proprio partner. Gli esempi più eclatanti sono:

  • Il silenzio
    Il partner si rifiuta di rivolgerti la parola, oppure evita in modo selettivo un argomento che a te sta a cuore.
  • Le lamentele continue
    Il partner si lamenta continuamente di tutto ciò che fai o non fai.
  • Le critiche
    Il partner tende a ferirti con parole velenose o addirittura insulti.

Queste dinamiche possono essere giustificate in diversi modi. Il silenzio può essere mascherato da un «non mi va di parlarne». È chiaro che in determinati momenti può essere sano ritagliarsi un po’ di spazio per riflettere, tuttavia se questo diviene il modello preferito, può che per ritagliarti uno spazio per sé, il silenzio diviene un’arma per punire il partner. Una vendetta passivo-aggressiva che invece di porre un rimedio, amplifica la sensazione di malessere.

Le lamentele e le critiche, potrebbero essere costruttive se poste nel modo giusto, correlate a possibili piani d’azione, strategie o compromessi mossi per il comune benessere. Purtroppo, però, quando si stringe une relazione con un partner negativista, qualsiasi azione sarà condannata. È inevitabile che, una relazione del genere, possa innescare senso di solitudine nell’altro.

Perché hai scelto un partner che ti fa sentire sola/o?

Secondo l’ipotesi della «somiglianza-attrazione», è più probabile che le persone formino relazioni a lungo termine con coloro che percepiscono come simili o già conosciuti, in termini di atteggiamenti e personalità (Byrne et al. 1970 ). Le caratteristiche su cui opera la somiglianza si spostano da caratteristiche ovvie (per esempio tratti fisici, atteggiamenti, abitudini…) a caratteristiche meno evidenti (tratti di personalità, somiglianza cognitivo-strutturale, bisogni emotivi complementari). Man mano che le relazioni si sviluppano e si approfondiscono, il modello della «somiglianza-attrazione» diviene più palese. Ciò non significa che tu e il tuo partner siete uguali, ma che condividete tratti di personalità o bisogni complementari e questo non sempre è un bene.

La solitudine nella coppia è la conseguenza del mancato soddisfacimento di bisogni di intimità, coesione e condivisione. Prova rifletterci su, perché hai costruito un modello relazionale del genere? Perché hai scelto un partner con quelle determinate caratteristiche? Se supponi che questa relazione ti sia capitata per caso e non sei stato tu a sceglierla, ti sbagli.

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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro best seller “Riscrivi le pagine della tua vita” edito Rizzoli
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