Soffri per amore? Se stai leggendo questo articolo forse hai deciso di dire basta al tuo dolore

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

L’amore è un concetto piuttosto complesso che affascina; si innescano comportamenti che spesso non hanno alcuna spiegazione o quantomeno sfuggono a una logica comune. Perché diventiamo dipendenti dall’altro? Perché esistono amori malati fin dall’inizio? Perché non riusciamo a separarci dal nostro amato anche quando ci “succhia la vita”?

E’ semplice vedere come ognuno di noi abbia caratteristiche differenti nel modo di relazionarsi agli altri. Risalire invece ai fattori che possono avere determinato queste differenze resta un’operazione estremamente complessa. Le caratteristiche che ogni persona ha avuto in eredità, sono sempre la risultante di come siamo stati cresciuti dai nostri genitori o da persone che per prima si sono presi cura di noi. Tutto questo avviene quando ancora le strutture mentali non possiedono una forma definita e ogni aspetto della personalità è in piena fase di costruzione.

Alla radice della dipendenza affettiva

La dipendenza affettiva è una sorta di “imprinting disfunzionale” che pone le radici nella primissima infanzia con le figure di accudimento. John Bowlby, con la “teoria dell’attaccamento”, è stato l’iniziatore e il principale teorico del filone di ricerche sull’argomento. Tali studi hanno dato un contributo molto importante nella conoscenza del processo di sviluppo del bambino e inoltre hanno permesso una maggiore comprensione dell’andamento delle relazioni affettive e sentimentali.

Il cosiddetto ‘legame di attaccamento’, infatti, fungerà da modello per le successive relazioni che il bambino costruisce con altre figure durante tutto l’arco dello sviluppo, fino all’età adulta. A questo punto, è fin troppo chiaro il ruolo cruciale delle figure adulte sia per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni primari (fame, sete, protezione etc..), sia per la costruzione dei legami affettivi in età adulta.

Amiamo come siamo stati amati

Già nei primi momenti di vita, il bambino può acquisire esperienze negative non sempre semplici da digerire. Per ipotesi, diamo all’inconscio una dimensione e immaginiamocelo come un apparato digerente. Ogni giorno della vita, l’inconscio è alimentato da esperienze belle e brutte che riesce più o meno a digerire e modellarsi di conseguenza. Un inconscio ben nutrito sarà sano e in forma, privo di ogni conseguenza.

Per rendere meglio il concetto: se ci capita di ingoiare un pezzo di vetro, questo non potrà essere scisso in alcun principio attivo, resterà lì e non riuscirà a dissolversi in nessun modo. Col passare degli anni, quel pezzo di vetro resterà integro nel nostro inconscio, mantenendo la forma originaria, ovvero come un oggetto estraneo. Bene, quell’oggetto estraneo è il nostro trauma. Non processato e non elaborato. Nei casi migliori, quel corpo estraneo diventa causa di disarmonie mentre nei casi peggiori, causa conseguenze più tangibili che prendono la forma di una ferita interiore che in un certo senso resterà sempre aperta.

Cosa può succedere se le figure di accudimento hanno un ruolo emotivamente assente, rifiutante nei confronti del bambino?

E’ inevitabile che il bambino sviluppi schemi cognitivi disfunzionali. Se per esempio un bambino ha ricevuto un “imprinting insicuro” da genitori iperprotettivi, quello che interiorizza è uno stile insicuro: “sono incapace”, “non sono all’altezza della situazione”, oppure “da sola/o non combinerò mai nulla di buono” In età adulta, questo schema comportamentale la/o porterà inevitabilmente a dipendere dal partner nella ricerca di sostegno e protezione costanti.

Se le figure di accudimento hanno un ruolo deprivante?

In questo caso, il figlio da adulto acquisirà uno schema comportamentale svalutante. Si sentirà sempre una persona inadeguata, sbagliata e finirà con il perdere informazioni importanti su ciò che ama e desidera davvero. Non chiederà, non esprimerà bisogni e desideri perché si aspetterà svalutazione e deprivazione, finendo con il non sentirli più. Potrà sviluppare un atteggiamento reattivo disfunzionale: in questo caso pretenderà in futuro un trattamento di riguardo quale “risarcimento” di quanto subito: è il caso del narcisista perverso.

Se le figure di accudimento hanno un ruolo svalutante e critico?

Altro schema comportamentale disfunzionale può verificarsi con genitori palesemente svalutanti e critici. Giusto per fare qualche esempio: “Sei stupida!” “Non vali niente!” Con tali genitori, il bambino non potrà che interiorizzare un atteggiamento svalutante nei propri confronti. Si sentirà da adulto una  persona inadeguata, indegna di amore, incapace e impotente.

E quando si è adulti, cosa succede?

Si diventa insicuri, inadeguati, non meritevoli d’amore. Una condizione costante, anche se disfunzionale; quasi come se fosse una sorta di seconda pelle cucita addosso che  ci porta ad adottare comportamenti più disparati pur di soddisfare ogni bisogno del partner e scongiurare così il rischio dell’abbandono e dell’ennesima sofferenza. Si asseconderà l’altro/a, sacrificandosi per lui/lei e preoccupandosi in tutto e per tutto del suo benessere, così da colmare le carenze affettive, emotive nonostante l’assenza, la svalutazione e la mancanza di riconoscimento da parte dell’altro/a

I rischi della dipendenza emotiva

Amare una persona richiede reciprocità, preoccupazione e compromesso. Certo, è inevitabile dipendere dalla persona che si ama, soprattutto quando fa parte della nostra vita in modo così intimo e speciale. E’ legittimo preoccuparsi di tutto quello che fa, che esprime e che pensa.

Tuttavia, è necessario essere in armonia con le nostre emozioni se teniamo alla nostra salute emotiva. Dare tutto all’altro fino al punto di rimanere vuoti, ci trasforma in una specie di piccolo satellite che ruota attorno a un pianeta senza mai cambiare orbita. In pratica entriamo nell’orbita della dipendenza affettiva. Se ne diventiamo consapevoli possiamo invertire la rotta per intraprendere una nuova strada…. quella che porta all’autoconsapevolezza, alla volontà di emergere e sentirsi apprezzati e meritevoli di rispetto e attenzioni.  Se pensi di essere vittima di dipendenza voglio spiegarti come stai sprecando qualcosa di prezioso: la tua vita!

1. Stai anteponendo i desideri del tuo partner ai tuoi

È molto comune intraprendere una tipica relazione tossica senza nemmeno rendersene conto, una relazione in cui si mettono i desideri e i capricci dell’altra persona al primo posto, anche al di sopra dei propri. Il problema è che lo stai facendo di tua spontanea volontà e con amore, perché pensi sia giusto doverlo fare. In realtà, stai solo elemosinando felicità della persona che ami. Sappi che arriverà un giorno in cui ti sentirai davvero frustrata/o perché ti renderai conto che non sei mai stata apprezzata/o, che non ti è mai stato riconosciuto nulla. Aprirai gli occhi e vedrai quella realtà che cerchi di nascondere a tutti i costi: di essere stata/o manipolata/o come una marionetta.

2. Stai pensando che puoi essere felice solo se hai una persona al tuo fianco

Il tuo partner non ha le chiavi della tua felicità. Non puoi anteporre i suoi bisogni e i suoi interessi alla tua famiglia, al tuo lavoro, ai tuoi interessi.. È giusto? Assolutamente no. È così che si rischia di cadere nella dipendenza emotiva, di dimenticarsi di sé stessi…..e per cosa? Per concentrarti sull’altra persona. Arriverà un giorno in cui tutto questo più che renderti felice ti distruggerà emotivamente.

3. Farai fatica a dire no

Dire no significa negare. E negare è qualcosa di inconcepibile quando si è innamorati. Come si può negare qualcosa alla persona che si ama? Come scegliere diversamente da quello che dice il proprio partner? Si ha paura a contrariare, disturbare o inquietare la persona amata, e per questo molta gente mette da parte l’assertività necessaria, ossia il difendere ed esprimere quello che si sente, che si crede o di cui si ha bisogno.

4. Se il tuo partner non ti ama, ti senti una nullità

Può sembrare esagerato, ma chi soffre di dipendenza affettiva vive l’amore in modo eccessivo. Se non ricevono dimostrazioni d’affetto quotidianamente, se non si sentono amate o, ancor di più, se non hanno un partner, si vedono come le persone più sfortunate al mondo. Persone che non concepiscono il fatto di vivere senza un compagno, per esempio. Queste persone hanno bisogno di essere amate per sentirsi bene con sé stesse e per valorizzarsi. Se non si sentono confermate da una persona al proprio lato, soffrono di una grande infelicità.

5. Inizierai a tenere tutto sotto controllo

La dipendenza emotiva è un’ossessione, e le ossessioni richiedono controllo, alimentano la sfiducia e la gelosia. Di sicuro ti è capitato qualche volta. La tua insicurezza ti porta a controllare l’altro? E allora ecco che lo “insegui” virtualmente con telefonate, messaggi, mail, chat e via dicendo perché proprio non puoi farne a meno. Stai manifestando una mania del controllo ingiustificata, un atteggiamento che non porta nulla di buono in una relazione.

Cosa fare per uscire dalla dipendenza affettiva?

Il fattore principale che spesso è alla base della dipendenza affettiva è la scarsa autostima. Si tratta normalmente di persone che non hanno mai avuto abbastanza autostima o che l’hanno persa durante la vita. Pertanto, la chiave per superare la dipendenza affettiva è quella di recuperare l’autostima. In primo luogo, è necessario convincere se stessi che si vale molto e che l’accettazione sociale è un aspetto importante ma non fondamentale. Ogni persona può avere i propri criteri di giudizio e gusti personali, e questi non si devono soddisfare sempre tutti.

Un ottimo esercizio è quello di ricordare i momenti in cui ci siamo sentiti davvero bene con noi stessi, sicuri e fiduciosi. Ricordiamo vividamente ogni dettaglio e, soprattutto, le sensazioni che stavamo vivendo. In questo modo staremo attivando emozioni e sentimenti che si pensavano perdute, ma che sono ancora nascoste da qualche parte.

Infine, un altro dettaglio importante è imparare a distinguere tra “necessità” e “desiderio”. Normalmente nella mente della persona che ha una dipendenza emotiva questi concetti si intrecciano come se fossero uno solo. Per fare un esempio, quando abbiamo fame, non abbiamo bisogno di soddisfarla necessariamente con un dolce o un hamburger, ma possiamo farlo anche con un alimento sano e naturale come una insalata. In realtà desideriamo l’hamburger o il dolce, ma non ne abbiamo “bisogno”.

Qualcosa di simile accade in amore, questo infatti non si deve basare nell’esigenza patologica ma piuttosto in un compromesso consapevole. Cioè; hai scelto di condividere la vita con il tuo partner ben sapendo che questa relazione può solo nuocerti. Ma se stai leggendo questo articolo forse hai deciso di dire basta al dolore che ti causa. E io me lo auguro di cuore.

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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