La manipolazione mascherata: i giochetti mentali per farti impazzire

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce ma che possono risultare ancor più invalidanti di una ecchimosi o di uno sfregio, perché feriscono, tagliano e segnano in modo indelebile la coscienza. Si tratta di una violenza che riguarda situazioni diverse sia di tipo carenziale-omissivo che di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima.

È un gioco a due: uno (il manipolatore) ha il bisogno di mantenere alta l’autostima e raggiungere i suoi scopi a qualunque prezzo, l’altro (il manipolato) ha un forte bisogno di approvazione. Questo meccanismo porta il manipolatore a fare ciò che vuole alla propria vittima, inconsciamente consenziente.

Forme di aggressione psicologica

La provocazione continua, persistente, l’offesa, la denigrazione, il disprezzare, l’umiliare, l’ossessionare, la svalutazione, il privare della privacy, la coercizione, il ricatto, il silenzio, la privazione della libertà, il subissare di responsabilità, la menzogna, l’assenza di un adeguato supporto economico, il tradimento della fiducia riposta. E inoltre..la noncuranza, la trascuratezza fisica e affettiva, l’esclusione dalle decisioni importanti della famiglia, la manipolazione dei sensi di colpa, sono solo alcune forme in cui si manifesta la manipolazione psicologica.

Genesi dell’abuso emozionale

Il problema principale è che spesso la manipolazione mascherata è commessa da una persona vicina, che amiamo, e dalla quale non ci aspettiamo un simile comportamento. Così, quando ce ne rendiamo conto è perché siamo già impigliati nella ragnatela che ha costruito intorno a noi. Tutto di solito inizia con un’osservazione casuale su una questione banale, come il colore delle tende, lavare i piatti o portare la macchina dal meccanico. Quella persona farà in modo di isolare la situazione dal contesto e, piuttosto che limitarsi a segnalare un fatto, avanzerà un accusa per fare sentire male il suo interlocutore.

Ovviamente, quando qualcuno si sente accusato tenta di solito di esporre le sue ragioni per difendersi. Ma questo non l’aiuterà perché l’accusatore non ha la pretesa di capire o risolvere il problema, lo vuole semplicemente attaccare. Infatti, il suo obiettivo non è che l’altra persona lavi i piatti o porti la macchina dal meccanico, queste sono solo delle scuse per iniziare il gioco della manipolazione e dare libero sfogo alla sua rabbia.

Personalità dell’aggressore psicologico

Chi agisce la violenza psicologica utilizza l’altro come bersaglio su cui scaricare i propri conflitti interiori, o lo ritiene un oggetto che deve essere posseduto per mantenere un’illusione di onnipotenza. E’ un individuo che ha bisogno di sentirsi potente o migliore solo schiacciando un altro. E’ un debole che cerca una vittima per sentirsi forte. E’ un individuo frustrato che proietta sull’altro la sua incapacità. E’ quindi un individuo che non sa relazionarsi e il suo comportamento rabbioso gli consente di ripristinare un livello minimo di sicurezza interna.

Chi è la vittima del manipolatore

E’ difficilissimo accettare che una persona cui vuoi bene ti voglia fare male o che una persona che dovrebbe amarti voglia il tuo male….Ovviamente la vittima non ha sesso; può essere sia un uomo che una donna. Le donne però hanno una sindrome da crocerossina, pensano di poter guarire con l’amore, si fidano nonostante vedano cose che non vanno Facilmente si sentono in colpa e quasi sempre si illudono di poter cambiare l’altro.

E’ molto più semplice dare la colpa a se stessi/e, pensare di non capire chiaramente come stanno le cose, di non amare abbastanza, di non sopportare abbastanza. Chi è vittima sviluppa meccanismi di difesa per non vedere una realtà che sente troppo dolorosa. Ma questa negazione produce uno stato di ansia fortissimo, che può sfociare in irritabilità, agitazione o all’opposto depressione, abulia, convincendo ancora di più il contesto sociale che la vittima sia la persona “fuori di testa” e il maltrattatore l’individuo “normale”.

La vittima di queste forme di abuso si sente inadeguata, non ha autostima, accetta continue umiliazioni, può arrivare ad avere una visione distorta della realtà Dubita di sé, di quello che prova, pensa di dover accettare i comportamenti dell’altro, di doversi rassegnare, per non mettere in pericolo il rapporto oppure la stabilità della famiglia.

Marionette nelle mani di altri: le tecniche di manipolazione più dannose

La manipolazione psicologica inizia in modo subdolo e prende piede nel tempo, con una velocità che varia dalla vittima che si ha davanti. Ci sono persone più manipolabili ed altre che richiedono più tempo. Ma se non riusciamo ad entrare nell’ottica del manipolatore sarà difficile rendersene conto ed ancora di più uscirne.

Apparentemente, il manipolatore si mostra come una persona carismatica, rispettabile, preciso sul lavoro e premuroso. Sul piano affettivo potrebbe sembrare il partner ideale, quello che hai sempre cercato. Sul piano lavorativo è molto abile, scrupoloso, e incline alla brillante carriera. Tutto ciò che all’inizio sembrava meraviglioso però, a lungo andare, si trasformerà in un vero e proprio incubo. Sono tanti i fattori su cui il manipolatore può far leva per ottenere dei vantaggi. E diverse possono essere le tecniche manipolatorie.

1. Gaslighting

Questo termine deriva dall’opera teatrale “Gas Light”, nella quale il protagonista cercava di convincere sua moglie di essere pazzo, manipolando oggetti differenti nell’ambiente e insistendo sul fatto che lei si sbagliava quando gli faceva notare questi cambiamenti. In pratica, questa persona fa in modo di presentare informazioni false per farci dubitare della nostra memoria e della percezione e, alla fine, anche della nostra salute mentale. L’aggressore di solito inizia negando che certi eventi si siano verificati fino a creare situazioni ambigue che disorientano la vittima. In questo modo finiamo per dubitare anche di quello che abbiamo detto un minuto prima.

2. Silenzio

Anche il silenzio può essere usato come tattica di manipolazione mascherata. Infatti, l’indifferenza associata al silenzio causa profonde ferite emotive, perché non solo aumenta il livello di ansia nella vittima, ma danneggia anche gravemente la sua autostima e provoca una enorme insicurezza. L’aggressore utilizza il silenzio per punire la vittima non rispondendo, mostrandosi freddo e distante. Così, tende completamente la corda fino a quando l’altra persona non ne può più e finisce per scusarsi di qualcosa che non ha fatto. Ecco che l’autore raggiunge il suo obiettivo: dominare e manipolare giocando con le emozioni.

3. Proiezione

Talvolta serbiamo sentimenti e desideri che sono difficili da ammettere con noi stessi, così li disconosciamo, li neghiamo e in questo gioco di negazione li proiettiamo sugli altri. La proiezione, infatti, è il meccanismo di difesa attraverso il quale attribuiamo agli altri desideri e sentimenti che in realtà appartengono a noi, ma che non riconosciamo come nostri perché distorcerebbero l’immagine che abbiamo di noi stessi.

Nell’abuso emotivo la persona non fa altro che proiettare sulla vittima le proprie insicurezze, paure e problemi. Pertanto, accuserà l’altra persona di essere una bugiarda, quando in realtà è il manipolatore a tendere alla menzogna, oppure l’accuserà di essere infedele, quando in realtà è lui che tradisce. Questo meccanismo di difesa, nei rapporti disfunzionali, assolve a un duplice scopo: da un lato fa sì che il manipolatore possa scaricare la sua responsabilità sulla vittima, proteggendo l’immagine di sé e, dall’altro, genera una forte confusione.

4. Intimidazione nascosta

La persona che utilizza tattiche di manipolazione emotiva, non sempre arriva a usare anche l’aggressione e la violenza fisica. Lo scopo principale di questi individui è quello di manipolare la vittima senza che la propria immagine risulti danneggiata, ecco perché oltre della proiezione, spesso si serve anche dell’intimidazioni nascoste.

In questo contesto, le conversazioni con il manipolatore divengono piene di minacce indirette ed estremamente implicite. In questo modo fa capire alla sua vittima quali potrebbero essere le conseguenze delle sue azioni sottolineando che la responsabilità è solo sua. Potrebbe usare frasi come: “Capisco che non stai facendo niente, ma in questo metti a dura prova la mia pazienza” oppure “Se continui a uscire con tuoi amici, credo che la nostra relazione ne risentirà parecchio”. Il ricatto emotivo mascherato è la strategia onnipresente del manipolatore.

5. Vittimismo

Quando tutte le tattiche sopra menzionate non riescono, il manipolatore ricorre spesso al vittimismo. In pratica fa leva sul senso di colpa e l’iper-responsabilizzazione altrui presentandosi come la vittima della situazione. Quando chiudiamo una conversazione con un manipolatore vittimista, spesso possiamo sentirci dispiaciuti, come se non ci fossimo impegnati abbastanza per lui, talvolta ci sentiamo addirittura in colpa per il nostro comportamento anche se non abbiamo fatto assolutamente niente di sbagliato.

In realtà, il manipolatore fa leva proprio sui sensi di colpa e la forte empatia della vittima al fine di indurla a compiere determinate azioni. L’empatia ci fa cadere nella sua rete e siamo più propensi a cedere alle sue richieste. Alcune frasi tipiche di questo tipo di manipolazione emotiva sono: “Con tutto quello che ho fatto per te, è così che mi ringrazi?” oppure “quando esci sto malissimo, non mi piace come ti trattano i tuoi amici, io mi preoccupo per te!”.

Come difendersi dalla manipolazione

La prima arma per difendersi dalla manipolazione è prenderne atto, comprendere di trovarsi una relazione fatta di dominio e dipendenza, in una situazione di squilibrio di potere, in cui si è in uno stato di sottomissione, in cui viene calpestata la propria identità, la propria vitalità.

Per farlo, occorre guardare con sguardo consapevole al proprio “lato” dipendente e insicuro, che tende a idealizzare l’altro nella certezza di averne bisogno, di non potercela fare da soli. Siamo tutti ANCHE insicuri e dipendenti, ma solo fino a che non lo ammettiamo in primo luogo a noi stessi. Bisogna abbandonare quel senso di colpa che si è instillato nel proprio modo di vedere le cose, orientando lo sguardo al proprio centro, alla propria interiorità per ricostruire pian piano la sicurezza e l’amore per se stessi che il manipolatore ha demolito.

Come rinascere più forte di prima

Sarebbe bello poter cancellare, con un colpo di spugna, tutta la rabbia, il risentimento, il rancore che il manipolatore ha fatto insorgere in noi. Quando sentiamo di aver subito un’ingiustizia, è naturale provare rabbia per chi ci ha inflitto quella sofferenza. Quella stessa rabbia, se ben gestita, può diventare il motore della più potete rinascita.

Basta modificare il pensiero soggiacente ai vissuti emotivi complessi e tumultuosi. Modificando i presupposti cognitivi, si può passare facilmente da un approccio disfunzionale e distruttivo a un approccio funzionale e ri-creativo. In quest’ultimo caso, bisognerà ri-creare se stessi, ri-forgiarsi a partire dalle nuove esperienze fatte, a partire proprio dagli apprendimenti impartiti dal manipolatore. L’intento del manipolatore è quello di svilire, umiliare e annientare la propria “vittima”, di farla piccola piccola, di renderla insignificante… Allora potrai usare tutte le tue emozioni per affermare un netto «io esisto! Sono qui, sono forte e non sono affatto insignificante!».

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