‘Ti amo’, il significato che gli dai rivela la tua maturità affettiva

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Ti amo. Quante volte lo hai detto? E quante volte te lo sei sentito dire? Ricevere un “ti amo” dalla persona giusta, ci fa vibrare nel corpo, ci fa smuovere l’intero mondo interiore. Le sensazioni possono essere bellissime ma anche contrastanti, in quegli istanti potremmo sentirci in bilico tra tante emozioni diverse. Intanto, l’altro è in attesa della sua conferma, della sperata reciprocità, del fatidico: “anche io”. Era il lontano 2015 quando scrissi la lettera che nessun manipolatore avrebbe mai il coraggio di consegnarti.

Quelle erano le parole sincere che si nascondono dietro il suo ‘ti amo’, quelle che un manipolatore non ti dirà mai ma che agiscono in silenzio, dietro ogni promessa e ogni carezza. Il suo, infatti, è un “ti amo” pronunciato solo per trattenerti, per confonderti, mai per amarti davvero. Da allora, la mia lettera ha fatto il giro del web, registi e scrittori mi hanno chiesto i diritti per usare quel testo nelle loro opere. Se non l’hai ancora letto, la trovi qui: cosa significa quando un naricisista ti dice “ti amo”. In questo articolo sento il bisogno di chiarire, in modo definitivo, cosa dovrebbe significare il fatidico «ti amo» pronunciato in una relazione autentica e matura.

Quando una persona matura ti dice «ti amo»

Quando dico ti amo, non ti chiedo di essere come voglio io, ti accolgo esattamente per ciò che sei, senza doverti inchiodare a un’idea o un ricatto. Puoi restare o andare, puoi darmi tutto o niente, la mia presenza non è un vincolo ma una scelta che rinnovo ogni giorno.

Quando dico che ti amo, non pretendo, non misuro, non accumulo debiti di attenzione, ascolto o cura che poi pretenderò di riscattare “al momento giusto”; quando dico che ti amo, so già che ogni momento al tuo fianco è quello giusto, anche quando è cupo perché il sole lo portiamo noi.

Tu puoi amarmi nel silenzio di una tua ferita del passato, puoi amarmi con l’intensità di una fame che vuoi saziare, puoi amarmi nell’incertezza degli inevitabili su e giù della vita e va bene così perché il mio amore non è una moneta di scambio. Non si nutre di impegno, sforzi o sacrifici. Si nutre di stima, rispetto, ammirazione, di uno spazio sicuro in cui esistere pienamente, senza paura di deludere. Non esigo che tu mi dia più di ciò che senti. Ti lascio ESSERE perché l’amore è questo: accettazione, verità, dono, validazione, incontro.

Il partner non è…

Un compagno di vita non è un risarcimento danni. Non è una benda per le tue ferite ne’ un garante di senso per la vita. Non è “tutto il tuo mondo”. Il partner è un mondo a sé (come lo sei anche tu). Due persone che s’incontrano sono due mondi immensi: c’è spazio a sufficienza per soddisfare i bisogni di entrambi.

Le relazioni d’amore e le relazioni strumentali

Le interazioni umane dovrebbero essere guidate dalla volontà di conoscere i pensieri, gli atteggiamenti, i desideri e le intenzioni degli altri. Dovrebbero essere determinate dalla curiosità di scoprirsi e avere scambi. Le interazioni che gli esseri umani hanno con gli oggetti, invece, sono di tipo strumentale: un oggetto è utile al raggiungimento di un obiettivo, al soddisfacimento di un bisogno. Entro una certa misura, tutti noi usiamo o abbiamo usato il partner per qualche scopo, che sia soltanto quello di riscaldarsi i piedi a letto, d’inverno. Una relazione strumentale, però, è unicamente finalizzata a uno scopo, come se tu decidessi di rimanere con il tuo partner al fine di usarlo come stufa umana! Limitante, non trovi? Eppure è quello che spesso facciamo.

Rimaniamo con il partner non per amore ma per sopperire a un bisogno, per un fine strumentale. Te ne accorgi perché, in fin dei conti, senti che non sei appagato pienamente, che la relazione non ti gratifica come vorresti. È chiaro, manca qualcosa. Attenzione: le relazioni strumentali nascono con l’innamoramento, sono in grado di farti provare tantissime emozioni: gioia intensa, euforia, eccitazione, dolore, attaccamento… Fanno provare emozioni potentissime. Sono reali. Ecco perché talvolta è difficile distinguere una relazione strumentale dove l’altro è sì amato, ma di un amore che rimanda a un attaccamento. Vediamo meglio cosa significa.

Esercizio di autoindagine affettiva

Se noti che nella coppia sei in costante ricerca di conforto, conferme e supporto, inizia a valutare che ciò che stai vivendo potrebbe essere una relazione strumentale. Il senso di sicurezza che possiamo trarre da qualcun altro è molto potente ma effimero. Se l’altro è l’unica fonte di stabilità o sicurezza, non siamo responsabili di noi stessi: abbiamo bisogno di capire che possiamo diventare, per noi , la medesima fonte di conforto e gratificazione che cerchiamo all’esterno; possiamo diventare il nostro punto fermo. L’uso strumentale dell’altro, infatti, cessa quando impariamo a darci da soli quello di cui abbiamo bisogno: un’identità definita che possa contare su sane basi di autoaccettazione.

Come ho scritto, “Due persone che s’incontrano sono due mondi immensi, c’è spazio a sufficienza per la soddisfazione dei bisogni di entrambi. L’indicatore più significativo che può dirti se la tua relazione è di tipo strumentale sono i tuoi sentimenti. Se nutri profonda stima, rispetto e ammirazione per chi hai accanto, sei pronto ad ampliare il tuo mondo. L’errore che spesso commettiamo quando ci uniamo con qualcuno è quello di rimpicciolire e ridurre tutto all’altro.
«Sei tutto per me»
«Sei il mio mondo»
«Sei tutta la mia vita»

Accade perché il nostro modo di amare e concepire i legami non si è evoluto: continuiamo a riproporre un legame dove l’altro è il nostro “tutto”. Il mondo di un bambino è legittimamente il genitore, considerando il partner il nostro mondo regrediamo all’infanzia e ci aspettiamo da lui tutto ciò che non abbiamo vissuto. Evolversi, passare da un legame verticale a una relazione orizzontale ingigantisce tutto, apre a nuovi orizzonti: ecco i due mondi che s’incontrano, già pieni, maturi e immensi.

Costruire l’amore pieno prima per sé

Sappi che questo articolo è tratto dalle pagine 199 e 200 del mio libro «Il Mondo con i Tuoi Occhi», un libro che non solo ti insegnerà ad affermarti nella tua identità di persona completa, ma ti farà capire quanto sia essenziale imparare a bastarti, a sentirti pieno e integro dentro di te, senza dipendere dall’amore dell’altro per colmare i tuoi vuoti. E ti condurrà proprio lì, nel punto della tua piena autorealizzazione. In questo modo, ti sarà semplice costruire un amore autentico, pieno, che nutre, espande e arricchisce.

Senza trattenerti, senza farti ristagnare o limitarti. Le relazioni non annoiano mai quando le persone che le costruiscono evolvono, l’amore pieno non è statico, è una continua evoluzione, una continua scoperta e si parte da sé. Ecco, adesso sai da dove cominciare: «il mondo con i tuoi occhi» è il bestseller più consigliato da psicologi e psicoterapeuti, lo trovi in tutte le librerie o a questa pagina amazon.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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