Ti sembra di non meritare la felicità? Allora devi leggere questo

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ti è mai successo di provare una gioia… e subito dopo sentirti in colpa? Hai mai avuto la sensazione che qualcosa di bello, se arriva, non durerà? O peggio ancora: che non ti spetti davvero? Se la risposta è sì, non sei solo. E soprattutto: non sei sbagliato. Molte persone vivono con una convinzione silenziosa e radicata: “Non merito di essere felice.” Una frase che, seppur non detta ad alta voce, guida scelte, relazioni, obiettivi e desideri.

C’è stato un tempo in cui non riuscivo nemmeno a pronunciare la parola “felicità” senza provare un senso di disagio.

Come se fosse un termine che non mi appartenesse, come se descrivesse qualcosa destinato ad altri, non a me. Non che fossi infelice, almeno non in modo eclatante. Ero, piuttosto, “adattata”. Avevo imparato a non desiderare troppo, a non chiedere troppo, a non aspettarmi troppo. Avevo imparato a gioire delle briciole, a celebrare i momenti appena sereni come se fossero un privilegio, un’eccezione.

E mi sembrava perfino sbagliato voler di più. Mi sembrava di peccare di presunzione. Perché dentro di me si era radicata un’idea pericolosa, silenziosa, insinuante: non sono fatta per la felicità.

Non so quando è iniziato. Forse da bambina, quando cercavo invano uno sguardo che mi rassicurasse, una parola che mi confermasse che valevo qualcosa. Forse crescendo, quando ogni successo sembrava dover essere subito compensato da senso di colpa, da paura di perdere tutto. Quando la gioia, invece di espandersi, veniva subito rimpicciolita dal timore di rovinarla.

Il nodo nascosto: quando la felicità ci mette a disagio

Non sempre ci rendiamo conto di portare dentro una ferita: quella dell’essere indegni. Una ferita che si forma spesso nei primi anni di vita, quando le emozioni non sono contenute, quando il nostro valore non viene rispecchiato, quando i nostri bisogni vengono minimizzati o vissuti come “troppo”.

Se hai avuto genitori anaffettivi, intermittenti o ipercritici, potresti aver sviluppato un legame profondo tra amore e rinuncia. Potresti aver imparato che essere amati significa essere meno, reprimersi, adattarsi. E da lì in poi, ogni volta che qualcosa di bello entra nella tua vita, una parte di te si allerta: “Attento. Questo non è per te. Lo perderai. Ti verrà tolto.”

Così succede che non accogliamo la felicità, la sopportiamo. E spesso la roviniamo da soli, con comportamenti autosabotanti, scelte relazionali disfunzionali, procrastinazione, indecisione.

Cosa accade nel cervello quando non ci sentiamo degni di essere felici

A livello neurobiologico, questo vissuto ha un impatto profondo. Quando l’idea di “non meritare” si radica nel sistema limbico, tutto ciò che genererebbe piacere e sicurezza viene filtrato come “anomalo”. L’ippocampo, responsabile della memoria emotiva, registra ogni tentativo fallito del passato come un campanello d’allarme. E l’amigdala, sede della paura, entra in azione anche davanti alla felicità, interpretandola come un pericolo.

Non è una metafora: alcune persone provano ansia o vergogna quando si sentono bene. Perché il loro corpo non riconosce la felicità come uno stato “sicuro”. Anzi, è proprio nei momenti di gioia che si riattiva il trauma: “Se ora va tutto bene, tra poco crollerà. Preparati.”

L’identificazione con la sofferenza: quando il dolore diventa identità

Molti di noi hanno sviluppato una sorta di alleanza inconscia con il dolore. La sofferenza ci ha resi visibili, amabili, importanti. Da bambini forse venivamo accuditi solo quando stavamo male. Da adulti, abbiamo imparato che il dolore è l’unica costante. Così finiamo per identificarci con esso. Diventiamo quella persona “forte”, “resiliente”, “che ce la fa sempre da sola”. Ma sotto quella corazza si nasconde una convinzione: “Se sono felice, perdo il mio ruolo, la mia identità, il mio valore.”

E allora si resta nella gabbia. Una gabbia invisibile, fatta di storie che ci raccontiamo: “Non fa per me. Non ne sono capace. Tanto va sempre tutto storto. Meglio non sperare.”

Il dolore di chi non osa più desiderare

C’è qualcosa di terribilmente triste in chi ha smesso di desiderare. Non perché non sappia cosa vuole, ma perché ha imparato a proteggersi da quel desiderio. Troppo pericoloso. Troppo grande. Meglio rimpicciolirsi, adattarsi. Meglio farsi andare bene quel poco che arriva, senza disturbare.

Ma la verità è che non siamo venuti al mondo per sopravvivere alle giornate. Siamo venuti per viverle. Per sentire. Per espanderci. Per costruire un senso. E quando ci convinciamo che la felicità sia per “altri”, che l’amore sano sia un’utopia, che la serenità sia noiosa… non stiamo vivendo: stiamo trattenendo il fiato.

Meriti la felicità proprio perché hai sofferto

C’è una frase che porto dentro: “Il dolore non ti rende meno degno. Ti rende più capace.” Più capace di empatia, di delicatezza, di profondità. Ma solo se quel dolore viene attraversato, riconosciuto, trasformato. Altrimenti, diventa una zavorra.

Meriti la felicità non perché hai fatto qualcosa di speciale, non perché hai ottenuto tutto, non perché sei perfetto. Ma perché sei umano. Perché esisti. Perché ogni bambino nasce con un diritto implicito alla gioia, all’amore, alla sicurezza.

Se oggi ti sembra assurdo anche solo pensarlo, prova a fermarti un istante. Appoggia la mano sul petto. E ascolta. Non le voci interiori dure, quelle che ti giudicano. Ma il battito. Il ritmo vitale. Quel suono antico che ti ricorda che sei vivo. E che essere vivo è un atto di merito, non di colpa.

Cosa puoi fare per cominciare a sentirti degno

Guarire dal sentirsi indegni non è questione di forza di volontà, ma di verità ritrovate. Non si tratta di “convincersi” di meritare di più, ma di riscrivere ciò che dentro di te è stato distorto a lungo. Perché quando smetti di identificarti con il dolore e inizi a trattarti come tratteresti chi ami davvero, qualcosa cambia. Ecco da dove puoi iniziare.

Intercetta la tua voce interiore

Fai attenzione al modo in cui ti parli quando stai per essere felice. Che frasi usi? Cosa temi? Scrivile. Quelle frasi sono la chiave. Non sono vere. Sono eredità.

Riconosci da dove vengono

Nessuno nasce sentendosi indegno. Quel senso di colpa, quella vergogna, sono stati appresi. Forse da un genitore insicuro, da una società che ti ha insegnato che devi essere “più bravo”, “più forte”, “più utile”. Non è colpa tua. Ma ora è tua responsabilità sciogliere quel nodo.

Accetta che ti servirà tempo

La felicità non si impone. Si coltiva. E all’inizio fa paura. È come aprire gli occhi dopo anni al buio: la luce abbaglia. Ma puoi abituarti. Un gesto alla volta. Un pensiero nuovo alla volta. Una piccola concessione al benessere ogni giorno.

Crea rituali di benessere che affermino il tuo valore

Non si tratta di “premiarti”. Si tratta di affermare ogni giorno, con piccoli gesti, che sei importante. Una tisana bevuta con lentezza. Un messaggio scritto a te stessa. Un bagno caldo. Un “no” detto senza sensi di colpa. Ogni gesto è un messaggio al tuo sistema nervoso: “Sei al sicuro. Puoi stare bene.”

Non sei nato per accontentarti

Non lasciare che il tuo passato scriva il tuo futuro. Non lasciare che le briciole diventino l’unico sapore che conosci. Non lasciare che la felicità ti spaventi più del dolore.

Forse sei sopravvissuto a troppo. Forse hai imparato a fare a meno. Ma dentro di te, sotto le paure, sotto i condizionamenti, sotto la vergogna, c’è ancora una parte che vuole fiorire. Una parte che vuole sentirsi degna, finalmente, senza condizioni.

E se ti stai chiedendo “da dove comincio?”, ti rispondo così: comincia col non voltarti le spalle. Comincia col credere che non sei sbagliato. Che non sei rotto. Che la tua vita può essere più di ciò che ti hanno fatto credere. Comincia col guardare la tua ombra. E poi osa. Osa sbagliare. Osa desiderare. Osa vivere. E un giorno, forse, ti sorprenderai a sorridere senza motivo. Non perché tutto sarà perfetto. Ma perché, finalmente, ti sentirai in diritto di essere felice.

E se oggi ti senti ancora lontano dalla felicità, sappi che non è troppo tardi. Vuoi riscrivere il tuo modo di sentire, pensare e vivere? Nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi” trovi esercizi, riflessioni e strumenti per costruire una felicità che somigli a te – e non alle aspettative altrui. Perché il benessere non è qualcosa da meritare. È qualcosa da riconoscere. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon

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