Perché alcuni di noi, sono ossessionati dall’eliminare ogni traccia di imperfezione dalla propria pelle, anche se significa assistere a uno spettacolo poco piacevole? Spesso, purtroppo, questa “ossessione” di tormentare la pelle” diventa una vera e propria malattia che si prolunga negli anni. Si chiama dermatillomania e non è semplicemente una “cattiva abitudine”.
La pelle è un organo speciale molto “vicino” al sistema nervoso, infatti nell’embrione umano pelle e cervello derivano dallo stesso foglietto che si chiama ectoderma. Oltre al fortissimo legame filogenetico ce n’è uno funzionale e psicologico, altrettanto forte, che si struttura durante lo sviluppo del bambino e continua per tutta la vita. Infatti la pelle è il primo organo, insieme all’olfatto, che collega il neonato al mondo esterno.
Rappresenta una specie di antenna attraverso la quale si ricevono segnali dall’ambiente ma anche viceversa ovvero un organo attraverso il quale comunichiamo all’esterno le nostre emozioni, anche quelle più profonde e dolorose: è il caso della dermatillomania
La prima descrizione risale alla fine dell’Ottocento, quando Erasmus Wilson osservò dei segni di escoriazione della pelle in pazienti allora diagnosticati come nevrotici (Wilson, 1875). Da allora, la dermatillomania è stata dapprima considerata come uno dei sintomi dei Disturbi da movimenti stereotipati (American Psychiatric Association, 1996) e successivamente come Disturbo del controllo degli impulsi (American Psychiatric Association, 2002).
Solo recentemente, è stata inserita nel capitolo sui Disturbi dello Spettro Ossessivo-Compulsivo della quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5; American Psychiatric Association, 2014) e la motivazione risiede nella principale caratteristica dei comportamenti ripetitivi focalizzati sul corpo che, pur non essendo innescati da ossessioni, possono essere preceduti o accompagnati da intensi sentimenti di ansia, noia, senso di vuoto o stanchezza e portare a gratificazione e sollievo quando la pelle viene stuzzicata (Odlaug, & Grant, 2008).
Quando schiacciare brufoli e punti neri diventa patologico?
La differenza con quello che può esser considerato un comportamento comune è l’incapacità di controllare l’impulso di tormentarsi la pelle e di non riuscire a fermarsi. Questa indagine evidenzia come il disturbo si presenti lungo un continuum che va da lieve a grave ed è in quest’ultimo caso che l’American Psychiatric Association (APA) ne ha delineato gli aspetti patologici:
- ricorrenti prelievi di pelle con conseguenti lesioni cutanee;
- ripetuti tentativi di diminuire o fermare la lesione della pelle;
- l’escoriazione della pelle causa una forte angoscia o compromette diversi ambiti della vita, dalle relazioni al lavoro;
- l’escoriazione della pelle non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica.
Questa pratica, dunque, diventa patologica quando assume il carattere di una compulsione, cioè quando il soggetto non riesce ad esimersi dal mettere in atto il comportamento, quando è ripetuto nel tempo, con una intensità sempre maggiore e, dunque, inizia a causare alterazioni cutanee evidenti e/o permanenti. In questi casi la dermatillomania ha anche delle ovvie conseguenze sociali, relazionali, lavorative.
La dermatillomania è una condizione psicologica molto invalidante
Chi ne soffre infatti tormenta la propria pelle in svariati modi: pizzicandosi, strofinandosi, graffiandosi, lacerandosi spesso nel tentativo di eliminare imperfezioni cutanee reali o immaginarie presenti sulla sua pelle (es. nei, brufoli, punti neri, crosticine). La mancanza di conoscenza e l’assenza del disturbo (fino al 2012) dai manuali diagnostici internazionali ha contribuito anche al proliferare di tante denominazioni diverse.
La dermatillomania è infatti conosciuta anche come Escoriazioni psicogene, Escoriazioni nevrotiche, Acne escoriata e, in inglese come Skin picking disorder,Pathological skin picking e con altri nomi ancora.
Di solito un episodio di dermatillomania è caratterizzato da un aumento della tensione emotiva, talvolta accompagnata da prurito, formicolio, bruciore, e da una incontrollabile urgenza di tormentarsi la pelle.
Chi ne soffre si gratta con le unghie ma è capaci di martoriarsi la pelle anche con pinzette, aghi, o addirittura con i denti creandosi ferite ed escoriazioni. La parte colpita di norma è il viso, ma possono essere preda di attacchi anche braccia, petto, spalle, mani, labbra e cuoio cappelluto.
Il disagio può esordire ad ogni età, dalla preadolescenza alla vecchiaia, con una prevalenza per il sesso femminile. La persona che soffre di questo disagio infatti impiega moltissime ore della sua giornata ad ispezionarsi la pelle con o senza lo specchio e tralascia ovviamente gli appuntamenti quotidiani come lo studio, il lavoro e i contatti sociali.
Possiamo affermare che questi individui cerchino in tutti i modi di camuffare con trucchi e vestiti i segni lasciati dalle loro “torture” in quanto il sentimento che li accompagna è sempre quello della vergogna, dell’imbarazzo e del senso di colpa; eviteranno così luoghi pubblici come piscine, spiagge, palestre dove dovrebbero per forza spogliarsi e rendere pubbliche le loro escoriazioni.
Cosa si nasconde dietro il piacere di schiacciare brufoli
L’azione di rimozione del brufolo sarebbe la conseguenza di un bisogno irrefrenabile e ineluttabile, di un pensiero ricorrente che attanaglia la mente del soggetto e che non può essere ostacolato.
Si possono ipotizzare due funzioni principali: la funzione di regolarizzazione delle emozioni (come altri comportamenti autolesionistici, fa svanire quelle negative) o come una sorta di “ricompensa”, in quanto rilassa ed è estraniante, similmente ad altri disturbi del deficit di controllo del comportamento, es: gioco d’azzardo, dipendenza da internet, binge eating, ecc.
L’ossessione per i brufoli e i punti neri, tuttavia, potrebbe tradire anche uno stato emotivo di ansia o di depressione: spesso soggetti angosciati dalla noia, dall’ansia o dalla solitudine schiacciano compulsivamente punti neri e brufoli per anestetizzare il proprio mondo interiore spostando l’attenzione su qualcosa di cui si può avere il controllo (ho un brufolo e posso eliminarlo).
Anche la smania del perfezionismo e la volontà di apparire sempre al meglio di sé sono motivi che spingono a questa pratica, che ben si innesta in altre pratiche estetiche che, in forme più gravi, possono diventare vere e proprie patologie: strapparsi i peli delle sopracciglia, eliminare le pelli morte o altre piccole imperfezioni che imbruttiscono la nostra immagine riflessa.
Cosa dicono alcuni studi
Uno studio della Fordham University di New York, spiega che la pratica di schiacciarsi i brufoli è sinonimo della ricerca del brivido: prima dell’estrazione il soggetto prova un brivido legato alla paura inconscia di provare dolore; al termine dell’operazione la soddisfazione e il piacere si trasformano in sollievo. Questo sollievo è enorme, anche se la pratica viene ritenuta disgustosa anche da chi la compie.
Secondo un altro studio, schiacciare i brufoli rappresenta un modo per esorcizzare il passato e strappare via i brutti ricordi e le brutte esperienze. Questo rappresenta sicuramente una mancanza di autostima e può essere pericoloso per la persona che va a distruggere la propria pelle, giorno dopo giorno.
In conclusione
Schiacciarsi un brufolo ogni tanto non rappresenta sicuramente una malattia, ma nel momento in cui questa pratica dovesse diventare una fissazione è bene fermarsi e ragionare sul nostro stato d’animo.
Capire se quando facciamo picking siamo stressati, che stato d’animo proviamo. Essere consapevoli se cerchiamo per forza anche l’imperfezione che non c’è pur di schiacciare o strappare lembi di pelle.
Capire se dopo aver eliminato ogni traccia di imperfezione ci sentiamo più leggeri… ma subito dopo crolliamo nel vedere i segni rossi o la pelle che sanguina e cerchiamo di coprire il tutto con cerotti e altri rimedi estremi pur di non far vedere agli altri ciò che ci siamo fatti… del male.
A cura di Ana Maria Sepe, psicoloogo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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