Nella tradizione buddista, il racconto della zattera è una metafora potente che ci invita a riflettere sul valore e l’uso appropriato della nostra vita. Questa antica storia, tramandata da generazioni, ci offre preziose lezioni sulla saggezza, l’impermanenza e la consapevolezza. La zattera è solo un mezzo di attraversamento, e così è la nostra vita…un’opportunità per crescere, imparare e scoprire il vero significato dell’esistenza.
Un’occasione mancata, una scelta errata, un mossa non affrontata possono fare un’enorme differenza nella vita?
A volte quel singolo passo che evitiamo di fare perché non troviamo il coraggio può rivelarsi a distanza decisivo. Se non avessi lasciato l’università…, se avessi accettato quel lavoro…Ti capita spesso di ripensare alle decisioni che hai preso e provare un senso di rimpianto? Ammettiamolo! Spesso viviamo di “se” e di “ma” usando il condizionale. Una volta chiarito quali sono le cose che chiaramente sono una perdita di tempo nella nostra vita, è il momento di domandarci: “Cosa e chi meritano il mio prezioso tempo?”
Sentire il peso dei rimpianti è come avere una zavorra legata al piede
Un peso che non ci permette di correre e che ci trascina emotivamente sempre verso il passato perché orientiamo la nostra attenzione sulle scelte non fatte o sulle scelte sbagliate. Questo concetto basilare ci fa subito capire che il rimpianto è un sentimento che ci imprigiona in un tempo che non c’è più. Questo crea un ingorgo psichico: non riuscendo a smaltire i pensieri sul passato, il cervello si carica di parole inutili e il risultato è che il presente non viene mai vissuto appieno, e quindi perdiamo ogni possibilità di trasformazione, sorpresa, rigenerazione
L’arte di non sprecare la propria vita e di non farsi travolgere dagli eventi del passato, è ben spiegato nella filosofia buddista nel racconto della zattera. Rimanere incastrati in una relazione che non ci fa stare più bene, continuare a fare un lavoro che non ci rende felici, frequentare degli amici con cui non c’è più feeling.. Suona familiare? Per vivere bene, è necessario lasciarsi alle spalle ciò che non ci rende sereni e aprirsi al nuovo senza portare con sé delle zavorre. Per spiegare l’importanza di praticare il distacco da persone e cose, Buddha racconta una storia. Nella tradizione buddista, il racconto della zattera è una metafora potente che ci invita a riflettere sul valore e l’uso appropriato della nostra vita. Questa antica storia, tramandata da generazioni, ci offre preziose lezioni sulla saggezza, l’impermanenza e la consapevolezza. Protagonisti sono un uomo e una zattera che simboleggia ciò da cui dovremmo separarci lungo il cammino della nostra vita.
Il racconto della zattera
Il racconto della zattera è ambientato nell’antica India, ai tempi del Buddha. Narra di un monaco che si trova su una zattera mentre attraversa un fiume. “Supponiamo, disse, che un uomo sia di fronte a un grande fiume e deve attraversarlo per raggiungere l’altra riva, ma non c’è una barca per farlo, cosa farà? Taglia alcuni alberi, li lega insieme e costruisce una zattera. “Quindi si siede sulla zattera e usando le mani o aiutandosi con un bastone, si sposta per attraversare il fiume. Una volta raggiunta l’altra sponda cosa fa? Abbandona la zattera perché non ne ha più bisogno. Quello che non farebbe mai, pensando a quanto gli era stata utile, è caricarla sulle spalle e continuare il viaggio con lei sulla schiena. Allo stesso modo, i miei insegnamenti sono solo un mezzo per raggiungere un fine, sono una zattera che vi trasporterà sull’altra riva. Non sono un obiettivo in sé, ma un mezzo per ottenere l’illuminazione“.
Questa è la storia che Gautama Buddha raccontò ai suoi seguaci per spiegare loro l’importanza di praticare il distacco e non aggrapparsi a cose, esperienze o relazioni. Tuttavia, quante volte ci aggrappiamo alla zattera e la trasciniamo con noi lungo la strada, anche se è completamente inutile?
C’era una volta una persona con una zattera sulla schiena
C’è tanta gente che sale sulla zattera e non rema, che dimentica anche che stava cercando di attraversare il fiume, perdendo così la prospettiva prima ancora di iniziare il viaggio. Peggio ancora, c’è chi pensa che sia meglio fare in modo che la zattera sia più comoda. Allora costruisce delle pareti e un tetto, la arreda con mobili e utensili da cucina, quindi invita amici e familiari per fargliela vedere. Cioè, trasforma la zattera in una casa e la lega saldamente alla riva perché non gli interessa mollare le cime o issare l’ancora.
“La riva sulla quale ci troviamo, spiega il Buddha, è il presente, l’esistenza legata all’ego, l’altra riva è quello che aspiriamo ad essere, rappresenta i nostri obiettivi e sogni. La zattera ci aiuta ad attraversare le acque, questa è la sua funzione, ma dopo dobbiamo abbandonarla“.
Questa parabola buddista non è altro che un invito a guardarsi dentro. Tenere presente quanto sia importante, per vivere bene, lasciarsi alle spalle ciò che non ci rende sereni (che potremmo immaginare come tante zavorre) e che ci impedisce di aprirci al nuovo. Sprechiamo tempo ed energie a tenere strette cose e persone che invece dovremmo perdere o eliminare. Ci sentiamo più sicuri in situazioni che conosciamo già e, spesso, i cambiamenti fanno paura e li rifuggiamo. In questo modo riusciamo a dare un senso all‘infelicità della nostra vita, all’aggrapparci a situazioni tossiche, ad amicizie sbagliate, a relazioni infelici, a lavori che ci stressano, a famiglie che ci tarpano le ali. Riusciamo persino a sorridere e dire che va tutto bene, ma sappiano nel profondo che sono bugie. Che abbiamo bisogno di un cambiamento, di una svolta!
E tu vuoi rimanere sulla zattera?
Naturalmente, la zattera non rappresenta solo i beni materiali, rappresenta tutto ciò che ti lega e ti impedisce di raggiungere il tuo pieno potenziale. Possono essere relazioni interpersonali che hanno perso la loro ragion d’essere o persino certi tratti o credenze della personalità che ci tengono legati.
A tal proposito vorrei porti una domanda: quando stai cercando di prendere una grande decisione, pensi di avere solo una scelta, vero? Per esempio, non ami il tuo lavoro; le tue due opzioni sono: rimanere in un lavoro che odi o lasciare ed essere disoccupato. E non finisce qui, perché poi si aggiunge il pensiero: “sarò disoccupato, quindi morirò di fame perché non sarò mai in grado di trovare un altro lavoro per cui sì, morirò di fame”. Sbagliato! Hai sempre un’altra scelta. Per quanto a volte sia difficile da vedere, c’è sempre un’altra opzione. Non è quel lavoro o nessun lavoro, non è quell’uomo o nessun uomo. E, di nuovo, la risposta certa è proprio al di là del salto nel buio.
Come possiamo applicare i principi del racconto della zattera alla nostra vita quotidiana?
Innanzitutto, è fondamentale sviluppare la consapevolezza del momento presente. Possiamo praticare la meditazione e l’osservazione dei nostri pensieri e delle nostre azioni, imparando a riconoscere quando ci stiamo attaccando a qualcosa di transitorio o stiamo seguendo desideri superficiali. Inoltre, è importante riflettere sulle nostre priorità e fare scelte consapevoli. Dobbiamo chiederci se ciò a cui stiamo dedicando il nostro tempo e le nostre energie sono veramente in linea con i nostri valori più profondi e se ci stanno portando verso la realizzazione personale. Infine, dobbiamo abbracciare l’impermanenza e il flusso della vita. Dobbiamo essere flessibili di fronte ai cambiamenti e alle sfide, accettando che tutto ciò che accade è parte del viaggio della nostra evoluzione personale.
E’ giunto il momento di avanzare!
Non riesci a lasciare chi ti fa soffrire? Hai paura di lasciare il tuo partner? Vorresti cambiare lavoro ma temi di non trovarne uno migliore? Corri il rischio di rimanere prigioniero sulla zattera precludendoti la possibilità di arrivare all’altra riva…..Lì potresti trovare ciò che desideri!
Un famoso aforisma di Buddha recita “I tuoi pensieri determinano le tue azioni; le tue azioni determinano il corso della tua vita”. Solo tu puoi creare la tua vita. Se non ti piace restare sulla zattera, soltanto tu puoi decidere di scendere. E quando finalmente potrai dire a te stesso “Questo è ciò che mi piace, questo è ciò che mi emoziona e mi fa stare bene, questo è ciò che davvero conta per me”, vorrà dire che hai trovato il coraggio di abbandonare quella vecchia zattera.
Si inciampa, si cade e ci si rialza. La tua vita non sarà mai perfetta, ci saranno giorni buoni e altri da dimenticare. Ciò che importa è come reagisci ai cambiamenti. E non si tratta di cambiare in quattro e quattr’otto: ciò che sei, nel bene e nel male, si è consolidato del tempo. Ma puoi farcela. Devi capire cos’è che ti trattiene. E magari un percorso terapeutico può far luce nel profondo. Il motivo che tiene in piedi gli schemi familiari non è mai evidente o banale; si nasconde nella vita emotiva e nella storia biografica della persona.
Hai presente la storia del ragazzino sfigato nel quale tutti faticano a credere?
Quello che non si fila nessuno lungo l’intero percorso scolastico ma che, all’improvviso, sboccia e sorprende tutti? La classica storia di riscatto. Al ragazzo gli viene restituito, con gli interessi, tutto ciò che gli è stato negato per anni e anni della sua vita. Ecco. Tutti noi, più o meno consapevolmente, viviamo nell’attesa di ottenere quel riscatto. Viviamo nell’attesa di essere notati, di stupire l’altro, di vedere quella luce di ammirazione e convalida nei suoi occhi. E se invece di aspettare che quella luce compaia negli occhi altrui, la ricercassimo nel nostro stesso sguardo?
Per essere pienamente appagati nella vita -da single o in coppia- possiamo e, anzi, dobbiamo, imparare a guardarci con occhi diversi, perché ogni piccola sfumatura interiore può essere, per noi, motivo di sorpresa, stupore e perché no, di meraviglia! Credimi, quando imparerai a riconoscere la bellezza che ti porti dentro, allora sì che potrai capire davvero le parole che stai leggendo. Puoi mantenere tu stessa, quella promessa di riscatto infranta da sguardi troppo distratti che per anni hanno costellato la tua vita. Non lasciare che il tuo sguardo sia altrettanto disattento.
Non deludere le tue stesse aspettative. Concediti le giuste attenzioni, dedicati cure e premure, impara a maneggiarti con l’amore e la stima che meriti. Tutto ciò che hai già dentro, non cercarlo fuori. Nel mio libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», imparerai a concederti, in piena autonomia, quel riscatto tanto ambito. È vero, meriti di essere notato, ma la prima persona che deve imparare a farlo, sei tu! Perché come scrivo nell’introduzione del libro “Non è mai l’amore di un altro che ti guarisce ma l’amore che decidi di dare a te stesso”. Il libro lo trovi in tutte le librerie, su Amazon, a questo indirizzo e su tutti gli store online. Se hai voglia di scoprire le immensità che ti porti dentro e imparare a esprimere pienamente chi sei, senza timori e insicurezze, è il libro giusto per te.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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