Un racconto zen ci insegna come spesso “creiamo una tempesta in un bicchier d’acqua”

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Napoleone Bonaparte diceva: “Liberati dalle preoccupazioni, come ti liberi dei vestiti prima di andare a letto”. In effetti, le preoccupazioni, il rimuginare, il pensare al peggio funzionano come un vero e proprio virus mentale! Generano ansia e stress, influenzano negativamente l’andamento degli eventi, rendendoci persone irritabili incapaci di godere del presente. Perche ci succede? Perché le aspettative limitano e creano un sistema mentale bloccante che, come una deviazione stradale, non consente il libero sviluppo dei pensieri, delle capacità e dei comportamenti.

Un racconto Zen per riflettere

Buddha spiegava i suoi  insegnamenti ai discepoli attraverso le sue parabole. Secondo Buddha sono gli attaccamenti che incatenano la mente alle cose possedute…..e questo racconto rende molto bene il concetto.

“Molto tempo fa, in una piccola città, viveva un uomo che aveva 250 vacche. L’uomo era molto orgoglioso del suo bestiame e si preoccupava del suo benessere. Si assicurava che potessero crescere ogni giorno libere e che le stalle fossero abbastanza confortevoli. Il latte che otteneva era di ottima qualità e tutti lo lodavano per questo. Tutto procedeva senza problemi, non poteva chiedere di più dalla vita.

Tuttavia, un giorno un branco di lupi affamati attaccò una delle vacche e la divorò. Alla sera, quando l’uomo contò il suo bestiame, si rese conto che mancava una vacca. Quindi pensò: – Che disgrazia! Il mio bestiame è incompleto Mentre passavano i giorni, cominciò a trascurare il resto delle mucche. Pensava sempre: – Perché è dovuto accadere proprio a me? Che senso ha avere tutte queste altre vacche? Con questa idea in mente, ossessionato dalla morte di una delle sue vacche e pensando che niente sarebbe mai stato più come prima, condusse il resto del bestiame alla scogliera, a morire.”

Cosa ci insegna questa parabola?

“Ogni persona è un’isola, in un senso molto reale e può costruire ponti verso altre isole solo se desidera davvero essere se stessa e se è disposta a permetterselo”(Carl Rogers) Anche se il concetto sembra esasperato, non possiamo negare che spesso ci comportiamo come l’uomo della storia. Spesso, anche se inconsapevolmente, ci trasformiamo negli architetti della nostra sfortuna. Quante volte ci è capitato di amplificare un problema che poteva essere molto più piccolo rispetto a quello che lo abbiamo fatto diventare? In altre parole: creiamo una tempesta in un bicchier d’acqua.

Perché ci concentriamo sul lato negativo

Ci sono persone che sembrano uscire indenni da qualunque situazione. Si tratta di fortuna o magari di individui speciali? Certo che no! Sono semplicemente persone che hanno imparato a non farsi travolgere dalle avversità, dallo stress. Magari hanno anche loro attraversato un periodo davvero buio ma poi hanno imparato a mantenere una lucidità interiore che permette loro di non perdere di vista il senso della propria vita.

Ovviamente, queste persone riescono meglio degli altri ad adeguarsi alle situazioni, anche le peggiori; in effetti hanno imparato a cogliere le opportunità che si profilano davanti a loro. Purtroppo la maggior parte delle persone si concentra maggiormente sugli eventi negativi e li ricorda in modo più dettagliato. Infatti, si è visto che il nostro cervello processa in modo relativamente diverso le informazioni positive e le negative.

Quando veniamo coinvolti da un evento negativo indossiamo subito dei paraocchi che impediscono di vedere e analizzare ciò che ci accade intorno. La mente, infatti, tende a focalizzarsi su una specifica azione (nel caso della parabola la perdita di una vacca), scartando tutto il contesto intorno a se (il pastore ha ancora 249 vacche di cui prendersi cura): letteralmente non lo vede, non lo considera.

Il pastore, con la mente intasata dalla perdita singola,  non riesce ad andare oltre al punto di lasciarsi andare a un destino peggiore. La stessa cosa può valere per ognuno di noi….se non siamo in grado di vedere gli eventi nella giusta prospettiva, possiamo cadere nella nostra stessa trappola e condannarci all’infelicità che cerchiamo di evitare, immergendoci in un circolo vizioso di ruminazione.

Cinque segnali che indicano che stai perdendo la prospettiva

Ti comporti come il personaggio della storia ogni volta che:

  1. Ti concentri esclusivamente sulla perdita e non sei pertanto in grado di vedere le possibilità che hai ancora a tuo favore
  2. Lasci che la negatività prenda il sopravvento su d te, così finisci per vedere il mondo grigio
  3. Pensi che il dolore, l’angoscia e la sofferenza che sperimenti per un evento vissuto non passeranno mai
  4. Crei una tempesta in un bicchier d’acqua, trasformando un piccolo problema in un dramma
  5. Ti focalizzi sugli eventi che confermano la tua visione negativa dei fatti, scartando il resto.

Una cosa abbastanza interessante è il significato socialmente accettabile che può trasmettere la preoccupazione: se mi preoccupo vuol dire che sono una persona responsabile e questo mi renderà apprezzabile dagli altri. Le persone non desiderano preoccuparsi. Non è di certo il loro scopo principale. la preoccupazione è un mezzo per fronteggiare le situazioni che riteniamo pericolose, incerte, fuori controllo.

Il motivo per il quale ci preoccupiamo è perché crediamo che bisogna farlo:

  • crediamo che la preoccupazione ci aiuti a risolvere i problemi
  • crediamo che il mondo sia pericoloso e che non abbiamo le risorse per fronteggiarlo
  • crediamo che la preoccupazione ci aiuti ad evitare di pensare alle conseguenze peggiori possibili di un evento
  • crediamo che la preoccupazione ci tenga al sicuro dalle emozioni troppo forti
  • crediamo che la preoccupazione contenga la nostra ansia
  • crediamo di avere il controllo
  • crediamo di essere più responsabili
  • crediamo di ridurre le incertezze
  • crediamo di controllare i pensieri e le emozioni
  • crediamo di avere maggiore motivazione

Tentiamo di analizzare la situazione da più punti di vista possibile, mentendone costantemente in dubbio la validità, per giungere alle decisioni più corrette e alle scelte più idonee. Producendo così dei loop ricorsivi, dei veri e propri vortici entro cui si giunge a perdersi. Cercando di essere sicuri al 100% prima di agire, di “andare a colpo sicuro”, si finisce inevitabilmente col creare il blocco dell’azione.

Come puoi evitare di farti sopraffare dagli eventi

Se sei stanco di comportarti come il personaggio della storia, dovrai agire su tre livelli: emotivo, razionale e comportamentale.

1. Regola le tue emozioni

Cercare di nascondere o sopprimere le emozioni non serve. Devi invece prendere nota delle stesse, chiamarle per nome e, soprattutto, essere consapevole del loro impatto. Non è sempre facile, perché a volte possiamo negare di sentirci arrabbiati o tristi solo perché ci è stato insegnato da piccoli che non dovremmo reagire così.

Non vuoi ammettere con te stesso di avere dei limiti? Di temere la solitudine, di essere attanagliato dai sensi di colpa, di essere dominato dall’insicurezza, di farti sopraffare dall’aggressività… Finché non riconosciamo come ci sentiamo continueremo ad essere controllati dalle emozioni. Tutte le emozioni hanno valore e non dovremmo giudicarle, solo riconoscerle e capire il loro impatto.

La regolazione delle emozioni è un processo che tutti noi dovremmo apprendere: le emozioni possono svolgere SEMPRE un ruolo funzionale, anche quando sono quelle emozioni che noi etichettiamo come brutte.

2. Cambia i tuoi pensieri

Il secondo passo consiste nel ristrutturare il pensiero alle potenzialità, invece di concentrarti esclusivamente sulla perdita. È vero che quando attraversiamo momenti duri è difficile vedere il lato positivo, perciò, è importante uscire dalla nostra prospettiva. Immagina di essere un’altra persona, forse quell’amica che ti dà sempre buoni consigli e ti aiuta ad uscire dai momenti negativi: cosa ti diresti?

La cosa più importante da fare è identificare ogni pensiero disadattivo che aggiunge benzina al fuoco, di solito si tratta di generalizzazioni errate, come ad esempio pensare che “tutto andrà male” o “non riuscirò mai a superarlo”. In seguito dovremo sostituirli con pensieri più obiettivi e realistici. Naturalmente, non si tratta di assumere un ottimismo tossico, ma trovare un punto intermedio.

3. Agisci di conseguenza

In terzo luogo, è fondamentale assicurarci che stiamo facendo i passi nella giusta direzione. Per uscire da qualsiasi situazione difficile è necessario agire, per non restare bloccati nella sofferenza.

Preoccuparsi è normale, fa parte del gioco

Spesso dimentichiamo che abbiamo più potere di quanto pensiamo. Ci facciamo schiacciare da prospettive immaginate di disastri incombenti e inevitabili, ma il più delle volte, per fortuna, si tratta sono di innocue allucinazioni. Perdiamo di vista il fatto che ciò che immaginiamo, le fantasie catastrofiche che ci proiettiamo in testa, anche se incredibilmente coinvolgenti, non sono nulla di reale. Non esistono. Esiste solo la possibilità di prendere in mano la propria vita e affrontare, concretamente, ciò che ci fa stare male.

Restare ancorati a qualcosa che ancora non è avvenuto, o a qualcosa che è successo e che quindi non si può modificare, significa rubare del tempo al presente che è l’unica cosa che realmente sta accadendo nell’esatto momento in cui lo vivi. Quindi, esci dai tuoi pensieri e concentrati sul mondo intorno a te! I tuoi ragionamenti su ciò che potrebbe forse accadere non sono reali. Le persone intorno a te sono reali.

Si nasce due volte, la prima quando vieni al mondo e la seconda, quando decidi di volerti bene

Questa celebre frase è la citazione di apertura del mio primo libro e anche l’aforisma di chiusura del mio secondo manuale di psicologia. Allora, inizia ogni giorno con un sentito e profondo «mi voglio bene». Non devi pronunciarlo, ma devi sentirlo, puoi imparare a sentire l’amore che nutri per te stesso perché egli è già lì, da qualche parte.

Come avrai capito, quando riuscirai a far entrare le scienze psicologiche nella tua vita, tutto assumerà un significato diverso, riuscirai a sperimentare modalità di esistere del tutto inedite e ti sorprenderà scoprire quanti meravigliosi doni può tenderti il tuo “groviglio”. Mi sono presa due anni per scrivere i due manuali di psicologia che io stessa avrei voluto leggere prima ancora di iscrivermi alla facoltà di Psicologia! Adesso sta a te. I titoli sono: «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» e «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce». Se ti senti solo, ti consiglio di iniziare da questo: d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce, mentre se sei molto sensibile e le emozioni sono troppo intense, inizia dal primo. Li trovi in tutte le librerie o su Amazon, a questo indirizzo:

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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