Uomini e donne, pensano, agiscono, si comportano, sperimentano sentimenti ed emozioni in maniera differente; questo è quanto il senso comune afferma. Seguendo tale corrente di pensiero, le strutture cerebrali femminili e maschili sarebbero diverse, così come i circuiti neuronali.
In parte può essere un pensiero veritiero ma quanto è determinato da differenze prettamente organiche e quanto da apprendimenti?
Questa è un’importante matassa da sciogliere. Non dimentichiamoci che ciò che siamo è frutto di una moltitudine di fattori; in parte genetici, in parte socialmente determinati. Esempio emblematico è lo stereotipo circa il ruolo dell’uomo e della donna nelle diverse culture: seppure con grandi variazioni, il comune denominatore è la profonda differenziazione.
È vero che uomini e donne, per ovvi motivi biologici, sono dotati di livelli ormonali molto diversi, che inevitabilmente influiscono sul cervello e sullo sviluppo dello stesso nel corso della vita. Il risultato di tali differenze sono abilità cognitive ed emotive diverse, alcune più sviluppate nelle donne, altre negli uomini.
Differenze cognitive
Alcune ricerche dimostrano che le femmine godono di un udito migliore, in grado di distinguere diverse sfumature del tono di voce. Pare che la natura abbia voluto dotare la donna di questo dono perché una volta madri, potranno distinguere meglio il pianto del proprio neonato. Questo le orienta ad essere anche più attente e fini nel percepire “come” viene pronunciata una frase rispetto al contenuto stesso dell’affermazione.
Sul fattore intelligenza si potrebbe scrivere un saggio che farebbe invidia alla Divina Commedia, dal quale poi si potrebbe scrivere la sceneggiatura di un film cult. Con tutti i limiti della sintesi, proverò a fare un po’ di chiarezza in merito, senza la pretesa di essere esauriente.
Partiamo dal presupposto che non esiste una sola intelligenza, ma tante intelligenze. Questo ovviamente non lo sostengo io ma Gardner con la sua “Teoria delle intelligenze multiple”, del 1983.
Secondo lo studioso vi sarebbero diverse tipologie di intelligenze:
- linguistica,
- logico-matematica,
- musicale,
- corporeo-cinestesica,
- spaziale,
- interpersonale,
- intrapersonale.
Ricerche più recenti ne hanno aggiunte altre alle sette precedenti: naturalistica, spirituale, esistenziale e morale. E non dimentichiamoci, poi, dell’intelligenza emotiva (costrutto del 1990, figlio di Salovey e Mayer). Detto ciò, è intuibile che si possa essere “intelligenti in diversi modi”.
Quasi la totalità degli studi effettuati su questo tema hanno portato ai medesimi risultati, ovvero che uomini e donne avrebbero un funzionamento cognitivo molto simile nella risoluzione di problemi, se non con qualche differenza in riferimento alle abilità specifiche.
Sono state rilevate differenze nelle capacità verbali, numeriche e visiuo-spaziali. Le donne avrebbero abilità migliori nei test di attitudine verbale (prove valutanti abilità di linguaggio). Gli uomini, invece, risulterebbero molto abili nell’ambito numerico e spaziale (che viene valutato attraverso esercizi di visualizzazione e rotazione mentale).
Tali differenze sarebbero attribuibili a fattori culturali ed educativi, dal momento che ricerche recenti dimostrano che tali differenze tendono ad affievolirsi di generazione in generazione, facendo così pensare a un superamento del pregiudizio educativo, che vedeva le donne relegate a studi prettamente letterari-umanistici e gli uomini a quelli scientifico-matematici.
Alla luce di quanto detto finora, appare molto chiaro, che le vere differenze sarebbe a livello di intelligenza emotiva e quindi sul piano dei sentimenti e delle emozioni.
Uomo e donna: differenze emotive
Per trovare le radici delle differenze emotive, occorre andare molto indietro nel tempo, più precisamente nella preistoria, quando i ruoli di donne e uomini erano ben definiti; le prime dedite all’accudimento della prole, alla preparazione delle pietanze ottenute dai bottini di caccia degli uomini, che invece avevano il compito di procacciare il cibo e proteggere la famiglia.
Questo ha reso le donne abili nella lettura degli stati d’animo altrui, nell’accudimento e nella “gestione del nido”.
Dovevano essere in grado di comprendere i segnali dei figli e rispondere prontamente ai loro bisogni, pena la sopravvivenza e l’evoluzione della specie. Al contrario gli uomini, avevano la necessità di essere capaci nella pianificazione e risoluzione di problemi da un punto di vista strategico. Ovviamente per loro non era funzionale specializzarsi sugli stati emotivi, la preoccupazione primaria era infatti quella di non essere attaccati dai predatori.
Tutto ciò ha inevitabilmente determinato un differenziamento nello sviluppo cerebrale. Ecco quindi che le differenze emotive tra uomo e donna sono un’eredità che arriva dalla preistoria, e anzi, forse da ancora più lontano; avrebbero quindi una natura biologica, sarebbero scritte nel DNA.
Ricordiamoci però, che la natura dell’essere umano è multisfaccettata, diversi sono i fattori che contribuiscono a un singolo risultato. Tutto ciò che è biologicamente determinato, può subìre grandi mediazioni da fattori di tipo sociale e ambientale.
Per ogni individuo, l’infanzia è il momento cruciale della sua esistenza
Mi spiego meglio. Per ogni individuo, l’infanzia è il momento cruciale della sua esistenza. In questo periodo, infatti, comincia a scrivere nel libro della vita chi sarà domani, a porre le basi di ciò che sarà in futuro.
Inizia a strutturare quella che sarà la sua personalità adulta, il suo corredo emotivo del domani. Non può fare tutto questo da solo; ad aiutarlo sono le figure di riferimento, che oltre alla protezione, all’amore, al senso di sicurezza, avranno anche il compito di indicare la direzione del suo percorso di vita.
Non dimentichiamoci, poi, che sul ruolo e dell’uomo e della donna all’interno della società, vi sono ancora molte influenze culturali, che a tratti assumono le vesti di veri e propri pregiudizi. Che siano giusti o sbagliati, non fa differenza; tali precetti s’inseriscono prepotentemente nell’educazione dell’infanzia. Riguardo la gestione delle emozioni, quindi, gli insegnamenti sono molto diversi.
Riferendoci alla cultura occidentale, nell’età infantile, fino all’adolescenza, le differenze comportamentali sono molto evidenti. Nel gioco, i bambini maschi si organizzano in gruppi numerosi, sono competitivi, a tratti aggressivi; impongono gerarchie. Comunicano tra loro attraverso l’utilizzo della forza fisica.
In genere sono spericolati, più inclini ad assumersi rischi (è possibile vederlo anche da come utilizzano la bicicletta), probabilmente perché meno timorosi delle conseguenze, o per l’ottimismo irrealistico che li porta a sopravvalutare le loro abilità. Difficilmente stringono forti legami di amicizia.
Al contrario, le bambine sono orientate alla costruzione di legami solidi, vere e proprie amicizie; si aggregano in piccoli gruppi all’interno del quale cercano di cooperare in maniera propositiva.
Il gioco, in questo senso, diventa un’esperienza sociale a tutti gli effetti. Si dimostrano più attente ai pericoli, come se, a livello emotivo, riuscissero ad anticipare conseguenze di dolore fisico. Per questa propensione all’empatia, necessitano e cercano conferme e approvazione sociale.
LE EMOZIONI DA ADULTI
Una base genetica biologicamente costituita, unita ad un’educazione specifica in base al sesso in età infantile, riverberano inevitabilmente nella vita adulta, sopratutto sulla sfera emotiva-relazionale. Finiscono anche per determinare abilità molto diverse in ambito socio-relazionale.
Ad oggi, svariate sono le ricerche in grado di confermare differenze – in alcuni casi evidenti – tra uomini e donne in relazione ai processi emotivi.
Ricerche che conferirebbero alle donne la medaglia d’oro nella comprensione degli stati emotivi e di tutti quei segnali verbali e non verbali ad essi connessi. La lettura delle espressioni del volto risulta essere un altro primato delle donne.
Questo le renderebbe più abili nel comprendere i sentimenti altrui, connessi a tali espressioni, nonché nell’esprimere e comunicare i propri di sentimenti. Inoltre, le donne tenderebbero a sperimentare le emozioni con maggiore intensità; gli uomini, invece, sembrerebbero più inclini a minimizzarle in particolare: paura, senso di colpa, risentimento. In generale, stati emotivi attinenti alla vulnerabilità.
LE EMOZIONI IN COPPIA
«Quando parlo, non mi ascolti». «Con te è impossibile dialogare». Sono i tormentoni di quasi tutte le coppie. La donna si rivolge all’uomo con queste affermazioni, quasi a volere sottolineare una mancanza di empatia e di partecipazione nella vita di coppia.
Non è menefreghismo, non è mancanza d’amore, non è frivolezza; semplicemente, il gioco delle parti. Uomini e donne, sono “impostati” così, per natura e per apprendimenti.
L’uomo non ama parlare, non trova valore nella discussione. Scende a compromessi solo nella fase del corteggiamento, rendendosi più disponibile a dedicarsi al dialogo. Nel tempo, poi, tale predisposizione alla comunicazione vira verso una condivisione di esperienze, eventi.
Il graduale silenzio dell’uomo potrebbe essere determinato da quell’ereditario ottimismo ingenuo che gli conferisce una visione rosea della salute di coppia, talvolta tende ad offuscare quei problemi che invece sono messi sotto la lente d’ingrandimento dalla donna.
La compagna che desidera un confronto circa questioni di coppia, e trova il partner del tutto rilassato e pronto a schivare qualsiasi tipo di conversazione perché convinto che tutto stia andando bene; in tali posizioni opposte, il conflitto appare inevitabile.
Non dimentichiamoci, inoltre, che per l’uomo è per natura più difficile leggere le espressioni del volto indicanti stati emotivi.
La donna spesso sentenzia l’uomo come colpevole di scarsa emotività, imputandogli una totale assenza di empatia. Anche se, a livello teorico può essere così, non dimentichiamoci che altrettanto spesso gli uomini emotivi vengono allontanati dalle donne stesse.
Questa contraddizione del tutto femminile nasce dalle aspettative circa “l’essere uomo”, una concezione alla quale appartiene un corollario di comportamenti, atteggiamenti e pensieri. Tale aspettativa non nasce dal nulla ma è in parte determinata biologicamente e in parte appresa. Per questi motivi, è difficile liberarsene.
Ovviamente, quanto detto finora è a carattere del tutto generale. Non si tiene infatti conto delle infinite variabili che concorro a costituire il sé della persona. Ogni caso è a sé stante dal momento che ogni individuo vive una vita propria e unica, completamente diversa da ogni altra, dove gli eventi, il contesto familiare, ma anche la stessa personalità, realizzano l’unicità della persona.
A discapito del proprio sesso, ci si potrebbe trovare non in linea con le caratteristiche che di norma vengono lo contraddistinguono.
La cosa importante da sottolineare è che le differenze non sono di per sé disuguaglianza, così come non relegano una parte nel torto e l’altra nel giusto. Essere diversi non equivale a dire che vi è un migliore e un peggiore. È grazie alle differenze che si mantengono gli equilibri.
Le difformità risultano fondamentali ai gruppi sociali al fine di mantenere una stabilità interna. Vi è quindi una legittimità ed un valore nelle differenze, anche in quelle costituite culturalmente. La diversità dovrebbe includere un’ammirazione dell’altro proprio perché diverso, perché è da chi è diverso che si può imparare, arricchire; e perché no, divenire migliori.
Essendo da considerarsi anche la coppia un “gruppo sociale”, beneficia anch’essa delle differenze tra i partner che la compongono. È importante saperle valorizzare e apprezzare, altrimenti si correrà il rischio che diventino due sponde troppo lontane del fiume. Il destino della coppia è nelle mani dei partner, che come abili negoziatori devono sapere mediare, scendere a compromessi, trovare un’intesa. Devono costruire un ponte per collegare le due rive; solo così si potrà essere sé stessi nella propria unicità mantenendo un legame con l’altro.
Sopratutto nell’affrontare i momenti difficili che ogni coppia prima o poi si trova a vivere, per ridurre il divario che le differenze di genere creano, occorre che entrambe le parti si sgancino da esse. Solo così possono camminare l’una verso l’altro, fino a incontrarsi per combattere fianco a fianco le battaglie della vita. Se ciò non accade, il rischio è che i contrasti emotivi possano rendere vulnerabile la coppia fino alla sua distruzione.
L’amore, è l’elemento fondante della coppia ma serve anche molto altro perché funzioni al massimo delle sue potenzialità: dialogo, comprensione, indulgenza, senso di libertà di “essere”. La coppia ha bisogno di momenti intimi ma anche ludici. La coppia ha bisogno di condivisione ma anche differenziazione.
“Una volta accettata la consapevolezza che anche fra gli esseri più vicini continuano a esistere distanze infinite, si può evolvere una meravigliosa vita, fianco a fianco, se quegli esseri riescono ad amare questa distanza fra loro, che rende possibile a ciascuno dei due di vedere l’altro, nella sua interezza, stagliato contro il cielo.” – Rainer Maria Rilke
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Veronica Rossi, Psicologa e Mental Coach
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