Sentiamo molte storie su come la solitudine faccia soffrire ma poche sul potenziale intellettuale, emotivo e creativo della solitudine. I telefilm esaltano l’intimità nei rapporti di coppia, la complicità nei rapporti d’amicizia ma non danno alcuna connotazione positiva alla solitudine.
La solitudine può essere molto genuina anche se non viene celebrata da decine e decine di giornali così come la vita di coppia e la vita sociale.
Potrebbe sembrare una contraddizione, ma chi apprezza la solitudine sa riconoscere meglio i bisogni, le paure e le incertezze altrui…. perché conosce bene anche le proprie!
L’unica condizione per rendere genuina la solitudine è stare bene con se stessi. In questo modo la solitudine può essere una scelta libera e apprezzata. Già, la solitudine può migliorarti la vita ma ci sono diverse condizioni da analizzare.
Per qualcuno la solitudine è usata come scudo per evitare il contatto con gli altri, per evitare il giudizio e per la paura del rifiuto (può succedere in caso di fobia sociale e nel disturbo evitante di personalità…). Per altri, la solitudine rappresenta una via di fuga dettata dall’inadeguatezza (ritiro sociale). In questi casi, la solitudine è tutt’altro che sana.
La solitudine sana è caratterizzata da uno stato di benessere ed è tipica delle persone che stanno bene con il proprio mondo interiore. La solitudine sana è positiva, non serve per evitare i rapporti con gli altri, non serva a negare i legami ne’ a evitare il confronto.
Le persone che sanno stare sole con se stesse sono più resilienti di chiunque altro!
Eppure, i solitari sono additati come asociali, ombrosi, snob, misantropi… la solitudine è temuta perché per molti di noi è qualcosa di inedito, sconosciuto e temibile. Viviamo come se la solitudine fosse qualcosa di angosciante, capace di lacerare il cuore e la mente.
E’ vero, l’uomo è un animale sociale ma nella società attuale il silenzio sembra esserci del tutto sconosciuto. Si dà sempre meno spazio al bisogno che abbiamo di capire chi siamo, ascoltare i nostri bisogni più profondi e entrare in contatto con le nostre emozioni. Con la solitudine, tutto questo sarebbe inevitabile.
Ogni mattina, quando ci svegliamo, saltiamo sopra una giostra frenetica dove siamo bombardati da messaggi. La comunicazione è ovunque: smartphone, tv, appuntamenti, parole, rumori, litigi, racconti… solo chi tollera la solitudine riesce a ritagliarsi degli spazi silenziosi.
Quando il silenzio della solitudine incombe ci rifiutiamo di ascoltarlo, afferriamo lo smartphone e teniamo occupata la mente.
Cosa succede se rimaniamo soli senza fare niente?
Probabilmente ci sentiamo a disagio e cerchiamo di intrattenerci in qualche modo, perché altrimenti rischiamo di rimanere davvero soli con noi stessi e in queste circostanze non potete fare altro che ascoltarvi.
La solitudine non è una dimensione adatta a tutti e soprattutto non lo è per chi è in fuga da se stesso, per chi fatica ad accettarsi e per chi si detesta. Purtroppo non a tutti è chiara una cosa: più cerchiamo di evitare il contatto con noi stessi, più le ansie e le paure prendono il sopravvento e il controllo sulla nostra vita.
Chiediamo almeno se è normale sentirci a disagio quando siamo in silenzio e soli con noi stessi. La capacità di stare soli non è per tutti perché la società ci presenta la solitudine come nostra nemica. Così finiamo per ricercare stimoli sociali, compagnia, sostegno degli altri e scambio.
Passare del tempo da soli fa bene all’anima
Il Dott. Birk Hagemeye, Università di Jena, in Turingia (Germania) ha ideato con i suoi colleghi una scala per misurare il nostro grado di socialità, di collegamento con gli altri e di desiderio di solitudine.
La scala del dott.Birk Hagemeye, conosciuta come “ABC dei desideri sociali” consente di evidenziare le caratteristiche nascoste dei cosiddetti solitari.
- Chi ama trascorrere del tempo da solo sa gestire meglio le proprie emozioni ed è meno soggetto a “esplosioni” di cattivo umore, disagio, frustrazione.
- Le persone che apprezzano la solitudine hanno in genere una mente più aperta: sono originali, curiose e fantasiose.
- Il loro tratto distintivo, per quanto sembri contraddittorio, è la gentilezza, la vicinanza e l’empatia.
- L’abitudine ad approfondire il proprio universo personale li predispone a riconoscere meglio le necessità, le paure o le inquietudini altrui.
- Un altro aspetto che definisce la personalità solitaria è l’introversione. Questo tipo di introversione non è legato necessariamente alla timidezza.
- Chi sta bene con se stesso riesce meglio a gestire stress e ansie.
- Gode di una buona autostima e ha una buona percezione di se stesso.
Le persone descritte come “estroverse” spesso manifestano un forte disagio nei confronti della solitudine: la vivono come una minaccia.
Questo articolo non vuole essere un inno alla solitudine: intraprendere o meno questo cammino è una scelta che bisogna fare in totale libertà.
La maggior parte delle persone riesce a sopravvivere senza guardarsi mai davvero nel profondo e non ponendosi troppi perché… questo non è certamente una colpa. Ricordiamoci solo che sopravvivere non corrisponde a vivere. Solo se siamo capaci di stare soli con noi stessi e solo se impariamo a vederci dentro, possiamo dire di star vivendo.
Chi non vuole limitarsi a sopravvivere, dovrebbe interrogarsi sul ruolo che riveste la solitudine nella sua vita… dovrebbe provare a svegliare la sua capacità introspettiva ormai assopita.
Vivere la solitudine significa mettersi in ascolto di sé. Vedere ciò che siamo, dare valore alla propria unicità. La solitudine consente di apprezzare la sorprendente ricchezza e le innumerevoli potenzialità del proprio io… allora perché non provare?! Per aumentare la propria capacità introspettiva: 10 domande da fare a se stessi, ogni sera!
Sai che la paura della solitudine ha un nome? Si chiama Autofobia.
Anna De Simone, life e mental coach
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