Ti sei mai chiesto il significato della parola “panico”? Ebbene, il termine deriva dalla mitologia greca, nello specifico dal Pan, il dio dei boschi e della natura. Non doveva essere piacevole per gli antichi greci incontrare Pan.
Si trattava infatti di una divinità metà uomo e metà caprone che, se disturbata, emetteva delle urla terrificanti tanto da provocare in chi lo incontrava un immediato terrore. Ciò che caratterizzava Pan era quindi la sua comparsa improvvisa e imprevedibile e la paura che incuteva nello sfortunato che incrociava il suo cammino.
Sebbene il dio Pan non faccia più parte della nostra cultura, ciò che è ancora a noi molto familiare è la reazione di paura intensa, improvvisa e paralizzante che proprio da Pan prende il nome: l’attacco di panico. Chi ha avuto almeno una volta nella vita un episodio di questo tipo, infatti, si sarà sicuramente identificato con la reazione degli antichi greci alla vista del loro dio della natura. Come la comparsa di Pan, anche l’attacco di panico è inaspettato e tende a immobilizzare chi ne soffre in un acuto stato di terrore.
Attacchi di panico: conosciamoli meglio
Nonostante gli attacchi di panico siano oggi una condizione molto comune, spesso circolano informazioni errate che non aiutano chi soffre di questo disagio psicologico. A questo proposito, se non l’hai ancora fatto potrebbe esserti molto utile leggere questo articolo in cui si sfatano alcune tra le più comuni miscredenze riguardo a questa condizione ansiosa.
Oltre a sbarazzarci delle informazioni errate, un primo fondamentale passo è quello di prendere maggiore confidenza con le conseguenze del panico sulla nostra mente e sul nostro corpo. Conoscere meglio qualcosa di spiacevole permette infatti di essere meno impreparati al suo ritorno, avendo più strumenti per comprenderla. Prima di parlare della “cinque A” per fronteggiare il panico, proverò quindi a illustrarti meglio i sintomi di questo disturbo aiutandomi con l’infografica qui sotto.
Come si può vedere, si tratta di sintomi piuttosto variegati. Si va da quelli più psicologici, come sensazioni di irrealtà, paura e pensieri negativi, a quelli corporei (palpitazioni, sudorazione, vertigini…) alle conseguenze comportamentali (insonnia, irrequietezza, evitamento della situazione).
L’unica differenza tra questo insieme di sintomi e la reazione di terrore che colpiva chi incontrava il dio Pan è che in quest’ultimo caso la paura derivava dall’aver effettivamente visto qualcosa di spaventoso. Nel caso dell’attacco di panico, invece, in genere la persona non riesce a ricondurre in maniera chiara la sua reazione psico-fisiologica a qualcosa di realmente accaduto.
Si tratta spesso di attacchi di ansia “a ciel sereno”
Sorti mentre magari si stavano svolgendo normali attività quotidiane, senza nessun pericolo reale percepibile. La differenza tra la paura e l’angoscia è proprio questa: l’angoscia non è immediatamente riconducibile a qualcosa che temiamo.
Negli attacchi di panico in realtà il pericolo c’è, è soltanto più difficile da identificare. Difatti un buon percorso di psicoterapia, oltre ad aiutare la persona a prendere maggiore confidenza con ciò che accade in questi momenti di ansia acuta, deve anche inserire gli attacchi di panico nel contesto di vita della persona che chiede aiuto, nei cambiamenti riguardanti le sue relazioni o il suo lavoro, nell’affiorare di emozioni che (proprio perché poco decifrabili) possono tramutarsi in un attacco di panico.
Il risultato sarà una migliore comprensione della propria vita emotiva e del proprio modo di dare significato agli eventi della vita, per cui la persona inizierà a vivere in maniera differente determinate situazioni che lo turbano.
La prima cosa da tenere a mente, quindi, è che l’attacco di panico non ha a che fare con qualcosa che non va nel corpo, ma con mutamenti riguardanti la nostra vita emotiva. Questi sintomi inoltre si influenzano a vicenda durante un episodio di panico, creando un circolo vizioso tipico.
Ecco un esempio di circuito dell’ansia:
Il battito del mio cuore accelera → Penso che è molto strano → Inizio a tremare → Ansia → L’ansia fa aumentare ancora il battito cardiaco → “Sono i sintomi di un infarto!!!” → Paura → Sudorazione → “Cosa mi succede?!?” → Panico
Nell’esempio qui sopra, tutto nasce dal significato che si attribuisce all’iniziale aumento del battito cardiaco. Da lì in poi, iniziano una serie di fenomeni psico-fisiologici a cascata che portano al panico vero e proprio.
Vincere gli attacchi di panico: le “cinque A”
Nel libro ormai divenuto un classico della psicoterapia cognitiva, L’ansia e le fobie. Una prospettiva cognitiva, Beck ed Emery propongono cinque step per fronteggiare l’ansia e vincere gli attacchi di panico. Per fissarli con più facilità nella mente, verranno qui definiti come “le cinque A”:
Accetta.
Dai il benvenuto alla tua ansia. In base agli studi più recenti, accettare tutte la parti di sé (sia quelle positive che quelle negative) è il modo migliore per promuovere il proprio benessere. Essere vivi vuol dire anche provare ansia in alcune situazioni, e questo non è assolutamente sinonimo di debolezza o vulnerabilità.
Accetta la tua ansia dicendo a te stesso “Salve. Ti accolgo con piacere anche questa volta”. Ricorda: cercare di resistere all’ansia combattendola attivamente è il modo migliore per farla aumentare. Pensieri del tipo “Mi devo calmare”, “Non ci devo pensare”, “Devo essere più forte”, alimentano il circuito ansioso.
Accettare un attacco di panico significa prendere consapevolezza che non si tratta di qualcosa di pericoloso, che non porta a infarti o patologie, che non ti farà impazzire. A questo proposito potrebbero esserti utili anche questi consigli pratici.
Analizza.
Inizia ad osservare la tua ansia senza giudicarla, senza considerarla un ospite inatteso che è venuto a bussare alla tua porta. Piuttosto prendi le distanze dalla tua ansia, distaccati da essa e osserva come cresce inizialmente per poi, inevitabilmente, diminuire. L’ansia infatti ha un andamento tipico, inizia a sperimentare su te stesso questa cosa.
Il modo migliore è quello di tenere un diario sul quale annotare i vari momenti di ansia su una scala da 0 a 100, meglio se durante il momento ansioso. Noterai che ogni attacco di panico ha un andamento simile: l’ansia sale, raggiunge un picco (in genere entro 10 minuti) per poi iniziare a diminuire.
Agisci.
Non fermarti aspettando che l’ansia passi. Piuttosto, agisci come se non fossi ansioso, al massimo rallenta le tue attività, ma continua a farle. Cerca di respirare in maniera regolare e normale, evitando quindi di inalare troppa aria per non entrare in iper-ventilazione.
Se durante un attacco di panico fuggi dalla situazione nella quale ti trovi, ad es. il supermercato, l’ansia dopo un po’ si abbasserà (perché fa parte della sua natura diminuire col tempo), ma implicitamente farai un collegamento tra l’attacco di panico e il luogo nel quale ti trovavi. Rischierai così di iniziare a evitare le situazioni nelle quali hai avuto l’attacco.
Quindi, ad esempio, eviterai di andare al supermercato, ritenendo (erroneamente) che sia il luogo ad averti provocato l’attacco di panico. Al contrario, non è il luogo ad averti provocato un aumento dell’ansia, ma è un’emozione che probabilmente in quel momento non riuscivi a decifrare correttamente.
Ancora una volta.
Ripeti questi primi tre passi, quindi accetta la tua ansia, analizzala e continua ad agire con essa. Fallo finché non noterai che il tuo livello di ansia si sta abbassando. Abbi fiducia, l’ansia diminuirà, se ti impegnerai nell’accettarla, analizzarla e accompagnarla continuando a fare le cose che stavi facendo.
Aspettati il meglio.
Uno dei fattori di mantenimento del disturbo di panico è la paura che la prossima volta che arriverà si trasformerà in un attacco cardiaco oppure che ci farà impazzire o perdere totalmente il controllo. Queste paure molto difficilmente si trasformeranno in realtà, come in genere accade per le cose che più temiamo.
Non illuderti di aver sconfitto l’ansia, perché ritornerà in futuro, fa parte della natura umana. Ciò che è importante non è eliminare l’ansia, ma cambiare il tuo modo di rapportarti ad essa. Trattarla come una nemica è una delle cose più controproducenti. Non si tratta nemmeno di trattarla come la propria amica del cuore, ma soltanto di accoglierla sapendo che dopo un po’ se ne andrà.
Prova a focalizzare questi passi e a metterli in pratica. Le prime volte potrebbe risultarti difficile, in quanto si tratta di assumere un atteggiamento differente nei confronti della propria ansia.
Come sempre, quando il disturbo supera la nostra capacità di fronteggiarlo, contattare uno psicologo e iniziare un percorso mirato e focalizzato è il modo migliore per combattere l’ansia e le paure. E di migliorare la propria qualità della vita.
A cura di Andrea Epifani, psicologo psicoterapeuta. Riceve su appuntamento on line e nel suo studio a Bologna. Mail: andreaepifani@gmail.com
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