Vita sociale, lavoro e amore: i «compiti vitali» di Adler

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Psicologa Psicoterapeuta a orientamento psicodinamico (indirizzo adleriano individual-psicologico), con esperienza nei Disturbi dello spettro autistico e formazione nella Terapia di Coppia e nel Training Autogeno.

Vita sociale, lavoro e amore sono tre aspetti su cui Alfred Adler (fondatore, con S. Freud e C. G. Jung, della psicologia psicodinamica) costruisce una parte importante della sua teoria, definendoli come compiti o problemi vitali. Secondo l’autore questi «problemi vitali» dell’uomo sono interconnessi tra loro e comuni a tutti e nascono dall’esigenza dell’essere umano di socializzare e di provvedere alla discendenza sia in termini di sostentamento sia di cura. Il modo con cui affrontiamo questi compiti o problemi rivela il nostro stile di vita ed è direttamente collegato al sentimento e interesse sociale e alla disposizione alla cooperazione.

Come dobbiamo prepararci per affrontare i compiti vitali?

Per Adler, la preparazione ai compiti vitali inizia alla nascita e si sviluppa in un primo momento all’interno della relazione con la madre, la quale fa vivere al bambino la prima esperienza sociale e fornisce i primi impulsi per orientarsi nella vita, per viversi come parte di un tutto e per cercare il giusto contatto con gli altri.

La madre, per Adler, in un secondo momento dovrebbe favorire l’ingresso del padre nella relazione e, cooperando, lavorare per lo sviluppo del sentimento sociale del bambino, fondamentale perché possa risolvere i compiti vitali. Nota bene: una precisazione è d’obbligo, Adler sviluppò la sua teoria agli inizi del secolo scorso, questo comporta l’inevitabile utilizzo della dicotomia “madre-padre” nella descrizione del suo pensiero, ciò non significa che questi aspetti non si sviluppino anche in presenza di famiglie monogenitoriali o con genitori omosessuali.

Con l’ingresso nel mondo scolastico, primo vero luogo sociale nel quale si trova il bambino, il compito di rafforzare il sentimento sociale e quindi di orientare alla risoluzione dei problemi vitali è assegnato anche agli insegnanti. Sia la famiglia che la scuola, secondo Adler, dovrebbero avere come scopo comune quello di incoraggiare i bambini prima, e gli adolescenti poi, ad interessarsi all’altro e quindi a promuovere il loro sentimento sociale e la cooperazione. Questo perché “È solo attraverso il nostro interesse per i nostri simili che si sviluppa ognuna delle nostre umane capacità.” (Adler A, 1931, p. 201).

Sarà poi con l’adolescenza che l’individuo si troverà realmente di fronte alla necessità di affrontare i tre compiti vitali che, per essere risolti, necessiteranno di un forte interesse per il prossimo e quindi di un sentimento sociale adeguato. I problemi vitali, tuttavia, non mettono alla prova solo in adolescenza o in età adulta, ma ad ogni età in base al grado del sentimento sociale presente nell’individuo.

Vita sociale e stile di vita

Come anticipato i compiti vitali essenziali sono tre: vita sociale, lavoro e amore. Il compito della vita sociale, identificabile anche come il compito dell’amicizia, mette in evidenza quale sia lo stile di vita della persona e ne mostra l’atteggiamento verso l’altro e verso la comunità. Infatti, “La vita richiede a ognuno un certo comportamento e una capacità molto ampia di mettersi in contatto […] con i propri simili, una certa condotta in famiglia e una formulazione del proprio atteggiamento sociale” (Ansbacher H.L., Ansbacher R.R., 1982, p. 132).

Questo compito vitale è quello che permette alla comunità di dirigersi verso quella che Adler definiva Comunità Ideale, cioè quella che ancora non esiste e che ha come fine ultimo l’evoluzione, grazie al contributo di ognuno per le future generazioni. Per farlo “Adler […] chiede loro [agli esseri umani] una cooperazione cosciente. Il suo ideale non è l’autosacrificio, ma lo sviluppo delle capacità dell’individuo per il suo proprio bene e per il bene dell’umanità.” (Orgler H., 1956, p. 83).

Lavoro, cura della famiglia e altre forme di collaborazione

Il compito vitale del lavoro si esprime come cooperazione per la comune utilità e la soluzione di questo problema vitale si può trovare solo per mezzo della collaborazione psicologica e sociale con gli altri. In altre parole, secondo Adler, chi fa un lavoro utile in una società evoluta promuove la futura evoluzione della società stessa.

Di tale evoluzione, anche in ottica di sentimento sociale collettivo, fanno parte anche il riconoscimento di un giusto compenso per il lavoro svolto e il riconoscimento del diritto di vivere dignitosamente in caso di perdita del lavoro.

Un aspetto importante del pensiero di Adler è che, con il termine lavoro, egli si riferiva anche a tutte quelle attività che comportano un’utilità comune, incluse il lavoro di cura in famiglia, il volontariato e simili che prevedono una responsabilità continua della persona verso l’altro. Inoltre, secondo l’autore “È perciò della massima importanza che ogni essere umano scelga la professione che gli permetta di utilizzare nel migliore dei modi tutte le sue capacità” (Orgler H., 1956, p. 89).

L’amore e le relazioni romantiche

Il compito vitale dell’amore comporta gratificazioni fisiche e psichiche e, a differenza del compito del lavoro, quello dell’amore coinvolge due persone che devono affrontare questo compito insieme e con coraggio per poter sviluppare un percorso evolutivo.

In questo caso il sentimento sociale si manifesta come possibilità di dimenticare se stessi per dedicarsi all’altro, al fine di un reciproco appagamento fisico e psichico e mettendo al bando ogni pretesa di superiorità e ogni pensiero e sentimento ostile verso l’altro. Adler sottolinea inoltre che, per l’attuazione di questo compito vitale, sono fondamentali l’uguaglianza tra i partner e la dedizione reciproca, infatti “Per una piena cooperazione a due è necessario che ciascuno dei membri della coppia abbia maggiori riguardi per l’altro che non per se stesso. […] La parità può essere conseguita esclusivamente se entrambi assumono questo atteggiamento e indirizzano i propri sforzi nella direzione di facilitare e arricchire la vita dell’altro.” (Ansbacher H.L., Ansbacher R.R., 1982, p. 150).

Cosa può succedere se non si viene adeguatamente preparati ai compiti vitali?

Per provare a rispondere a questo quesito viene in aiuto il film “La famiglia Fang”. Questa pellicola del 2015 è, a mio parere, un buon esempio di come le “dimissioni” dal ruolo genitoriale e l’allontanamento dall’ottica della cooperazione e dell’orientamento all’altro, basi del pensiero adleriano, possano avere effetti negativi sulla modalità di affrontare i compiti vitali dei figli di tali genitori dimissionari.

In questo film si vede una coppia genitoriale disfunzionale, composta da un padre concentrato solo sull’obiettivo di creare ciò che per lui è arte e che, per farlo, usa i propri figli come personaggi delle sue rappresentazioni; e da una madre talmente innamorata del marito da assecondarlo passivamente in tutto, senza preoccuparsi delle conseguenze e degli effetti che i sogni di gloria del marito avrebbero potuto avere sui due bambini.

Questi ultimi vengono contemporaneamente privati dell’infanzia (in quanto vengono trattati come attori adulti che devono recitare dei ruoli), del proprio nome (i genitori li chiamano “bambina A” e “bambino B”), nonché di genitori che si prendano cura di loro.

Leggendo in ottica adleriana gli effetti di tali “dimissioni”, è possibile osservare come queste abbiano avuto conseguenze negative sulla modalità con cui i due figli, ormai adulti, affrontano i tre compiti vitali, ritrovandosi esclusi dalla vita sociale (una è un’attrice in declino che si consola con l’alcol, l’altro uno scrittore fallito che abusa di farmaci ansiolitici), senza una vita di coppia (lei instaura solo brevi relazioni basate sul sesso, lui non trova il coraggio per mettersi in gioco in una relazione) e con una vita lavorativa instabile e fallimentare.

Lo svelamento della verità e la consapevolezza di essere stati vittime di genitori inadeguati (con un padre narcisista e a tratti quasi sadico e una madre passiva e tendenzialmente masochista), porterà i due protagonisti a riprendere in mano le loro vite e a trovare la motivazione e le energie per iniziare a gestire più efficacemente i compiti vitali.

Per concludere, nell’esempio suggerito da questo film si può osservare l’importanza di ricevere, fin dai primi anni di vita, esempi e incentivi in ottica di cooperazione e attenzione all’altro, infatti “[…] solo l’individuo che si sente solidale con gli altri uomini riesce a risolvere con coraggio i suoi problemi.” (Orgler H., 1956, p. 80).

Erika Bovio, psicologa e psicoterapeuta
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