In età prescolare i bambini sono già capaci di dare supporto, entro le proprie competenze, alle esigenze altrui. Man mano che aumenta la comprensione delle emozioni, i bambini iniziano a sviluppare l’empatia per l’altro. Il concetto di empatia innalza l’uomo ad alti livelli: siamo esseri capaci di funzioni superiori (capacità di ragionamento, di pianificazione, capacità astrattive…), siamo in grado di entrare in profondo contatto con l’altro (empatia, condivisione di intenti, condivisione emotiva, affetti…). L’unione non è solo fondamentale da un punto di vista emotivo, è anche il segreto della storia evolutiva umana.
Messa così, l’essere umano sembra essere una creatura stupenda, capace solo di fare bene. In effetti, l’essere umano è una creatura stupenda solo quando si allineano diversi fattori e questo non sempre capita. In psicologia, infatti, è stato osservato un meccanismo in perfetta antitesi con l’empatia: la gioia maligna. Se l’empatia mi porta a gioire per i successi altrui e provare un dispiacere empatico per le disgrazie altrui, la gioia maligna innesca un senso di soddisfazione nell’osservare i fallimenti degli altri. Come si spiega tutto questo?
La gioia maligna: l’antitesi dell’empatia
Le ricerche empiriche sulla gioia maligna (Smith et al. 2009) propongono tre possibili cause di questa complessa emozione. La gioia maligna, secondo gli autori, emergerebbe quando l’osservatore ottiene un beneficio dal danno altrui, se pensa che quel male è stato meritato oppure se chi sperimenta la disgrazia è oggetto di invidia.
Nel panorama internazionale, la gioia maligna è chiamata Schadenfreude. Questa parola tedesca è stata usata la prima volta nel ‘700, è composta da due termini e significa letteralmente “danno” (Scaden) e “gioia” (Freude), il suo significato corrisponde a quello della nostra gioia maligna, cioè gioire per il danno altrui.
Schadenfreude è un’emozione complessa che si manifesta con una sensazione di gioia guardando alle sciagure altrui. I ricercatori hanno evidenziato che ci sono tre forze trainanti dietro la gioia maligna: l’aggressività, la competizione (e invidia) e la giustizia sociale.
L’autostima ha una correlazione negativa con la frequenza e l’intensità della gioia maligna, ciò significa che chi ha una buona stima di sé non gode delle disgrazie altrui. Al contrario, le persone con una bassa autostima tendono a sperimentare la gioia maligna con una maggiore frequenze e intensità emotiva.
«Godo del tuo dolore per proteggere la mia identità»
Si ipotizza che questa relazione inversa sia mediata da un’inclinazione psicologica tipica dell’essere umano. Noi umani siamo portati a definire e proteggere la nostra identità e la concezione che abbiamo di noi stessi all’interno di un gruppo (una sorta di autovalutazione sociale). In particolare, chi ha una buona autostima, vede nell’altro una risorsa, un pari e, per rispecchiamento empatico, è portato a provare dispiacere osservando una persona fallire. In condizioni ottimali, il fallimento altrui non va a rinforzare il proprio senso di identità perché la propria identità è già ben definita.
Al contrario, chi ha una bassa autostima tende a usare gli insuccessi altrui per rinforzare la propria identità e la concezione che ha di se stesso (compresa la propria autovalutazione sociale). I fallimenti altrui sono usati per aumentare la fiducia in se stesso e paradossalmente per proteggersi. Chi ha una bassa autostima vede una significativa minaccia nei successi altrui: le persone di successo rappresentano una potente minaccia al proprio senso di sé, vedere una persona fallire può essere una fonte di conforto fino a innescare una sensazione di piacere e sollievo.
In psicologia, il confronto è uno strumento di crescita potentissimo, può innescare cambiamenti, ambizioni e concedere inedite elaborazioni; tuttavia, lo stesso confronto, se adoperato in chiave distorsiva, può innescare un senso di frustrazione, di fallimento e non valore.
Nel confrontarsi agli altri, chi è incline alla gioia maligna, abbraccia un ragionamento di sottofondo del tipo: «se io non ce l’ho fatta, non deve farcela neanche lui», quando farebbe meglio a pensare: «se lui può farcela, posso farcela anche io!» oppure, più timidamente, «se lui può provarci, posso provarci anche io!»
La gioia maligna: un’emozione segreta
La gioia maligna è un’emozione segreta, da nascondere agli altri, perché proprio come l’invidia, è socialmente inaccettata. Eppure sono molte le persone che godono dei problemi altrui.
Il collega che sbaglia la presentazione di un progetto lavorativo o l’amica che prende un voto basso all’esame, possono causare gioia in persone fortemente insicure e per questo competitive. Perché le persone insicure sono competitive? Perché cercano costanti conferme del loro valore. L’insicurezza crea una fragilità di sottofondo, un senso di non valore, al quale si tenta di rimediare con una corsa alla competizione.
La cosa brutta, in questo contesto, è che la persona può fornirsi anche mille prove, vincere mille competizioni, ma la concezione che ha di se stessa non cambierà, almeno non per questa o quella prova. Per vincere quella fragilità, a monte bisognerebbe imparare a definire meglio la propria identità.
Scendendo ancora di livello, si può affermare che a qualcuno piace assistere alle disgrazie altrui così da proclamare, in modo compiaciuto, la propria rettitudine con la fatidica frase: «a me non potrebbe mai accadere».
Sono poche le persone che ammettono di provare piacere per le disgrazie altrui, ma entro certi limiti è del tutto normale. A chi non piace vedere soffrire la squadra rivale nelle competizioni calcistiche? I tifosi di calcio, infatti, non solo gioiscono quando vince la propria squadra del cuore ma sono pronti a godere anche quando l’antagonista principale prende goal da terzi: una sorta di rivincita triangolata.
Deficit di compassione
Qualcuno potrebbe definire la gioia maligna come un momentaneo black-out della coscienza morale (legata alla consapevolezza di aspetti etici-umani). Nel panorama scientifico c’è chi parla di Disturbo da Deficit di compassione, questo termine è generalmente usato per descrivere i bambini che mancano di empatia e attuano comportamenti di bullismo.
Nel mondo degli adulti avviene qualcosa di molto simile. Ci desensibilizziamo alle problematiche altrui, manchiamo completamente di compassione fino a trasformare l’insuccesso dell’altro nella nostra soddisfazione. La gioia maligna e il deficit di compassione sono due tematiche riconducibili al fenomeno degli haters.
La differenza tra la gioia maligna e il sadismo
C’è una netta differenza tra lo Schadenfreude e il sadismo. Lo shadenfreude si sperimenta osservando la sofferenza altrui, mentre il sadismo è un particolare tipo di piacere esperito nell’infliggere dolore all’altro.
La gioia maligna del narcisista perverso
Il deficit di empatia è una caratteristica saliente del Disturbo narcisistico di Personalità. Non è di certo un caso che nel narcisismo riscontriamo sia gioia maligna che tratti sadici. Il narcisista non solo gioisce nel vedere l’altro andare in disgrazia è anche infastidito dal successo altrui.
Quando gli altri stanno bene, sono felici, ricordano al narcisista del grosso senso di inappagamento che porta dentro, ecco perché sente il bisogno di ferire e sminuire gli altri. Il narcisista perverso può attivamente provare a fare del male al prossimo. L’abuso psicologico diventa un’arma per confermare la propria grandezza. Il male causato al prossimo è un sottile nutrimento, per questo si può parlare di sadismo.
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