La personalità, cioè quell’insieme di caratteristiche psichiche e modalità comportamentali, ha un forte impatto sulla nostra salute fisica. In primis un impatto diretto, scandendo le nostre abitudini e i nostri modelli comportamentali e in secondo luogo, in modo indiretto, agendo direttamente sugli organi del nostro corpo. Se questa vi sembra un’affermazione surreale, vi basterà pensare che il modo in cui reagiamo allo stress è determinante e può fare la differenza tra salute e malattia.
Prima di entrare nello specifico, è bene condividere con voi una nozione scientifica molto semplice: si è osservato che lo stress è in grado di rallentare la guarigione del corpo o causarne la malattia (Gouin & Kiecolt-Glaser, 2011).
Per la ricerca, un campione di studenti avevano accettato di farsi fare una piccola incisione sul tetto palatale per eseguire una biopsia dei tessuti, in due diverse occasioni. La prima incisione è stata eseguita in agosto, quando gli studenti erano in vacanza. La seconda incisione, invece, è stata fatta in pieno anno accademico, a soli tre giorni da un esame. In media, le ferite erano guarite il 40% più lentamente durante il periodo di stress di quanto non avessero fatto durante la vacanza (Murucha et al. 1998).
Da stress a infiammazione cronica
Il modo in cui reagiamo agli eventi della vita può inibire, sopprimere o alterare l’attività del sistema immunitario (Segerstrom & Miller, 2004). Persone con una ristretta «finestra di tolleranza», particolarmente sensibili agli eventi avversi comunemente presenti nella vita, possono sviluppare forme di stress cronico. Lo stress cronico può sovra-stimolare il nostro sistema immunitario tanto da indurre un’infiammazione cronica. L’infiammazione cronica è un fattore di rischio associato a diverse disfunzioni fisiche:
- disturbi cardiovascolari
- diabete di tipo 2
- asma
- osteoporosi
- artrite reumatoide
- (…)
Gli effetti dell’infiammazione cronica sono spesso associati alle citochine (molecole segnale prodotte dal sistema immunitario, che agiscono su diversi organi bersaglio tra cui anche il cervello). Esistono due grandi famiglie di citochine: pro-infiammatorie e infiammatorie. Mentre le citochine infiammatorie (IL-4, IL-10, IL-13) diminuiscono la risposta del sistema immunitario, le citochine proinfiammatorie (IL1, IL-6 o TNF), aumentano l’attività del sistema immunitario.
Questo è il motivo per cui i medici, quando vogliono valutare i fattori di rischio cardiovascolare, verificano la presenza della proteina C reattiva (PCR). Questa proteina, funziona da indicatore generico, da sola non riferisce alcun dato ma correlata ad altri indicatori può fornire informazioni sullo stato di salute dell’apparato cardiovascolare. La PCR è prodotta dal fegato in risposta alle sollecitazioni immunitarie (IL-6).
In altre parole: lo stress innesca uno stato infiammatorio che a sua volta costituisce un fattore di vulnerabilità e può partecipare all’insorgenza di malattie organiche. Studi recenti hanno dimostrato che lo stesso decorso può essere associato alle emozioni negative.
La nostra vita psichica influenza il sistema immunitario, l’attività cerebrale e, in particolare, il sistema nervoso simpatico e parasimpatico. In altre parole, la nostra personalità è in grado di condizionare fortemente la nostra salute fisica fino a renderci più vulnerabili a determinate patologie.
La personalità
A partire dagli anni ’50, il panorama scientifico ha tentato di individuare dei modelli comportamentali maggiormente associati alle malattie cardiovascolari. Nota bene, si parla di pattern comportamentali e non cattive abitudini come la tendenza a bere o a condurre una vita sedentaria. Friedman & Roseman, a partire dal 1959, hanno individuato il cosiddetto pattern comportamentale di Tipo A, facendo riferimento a una personalità caratterizzata da:
- eccessiva spinta competitiva
- forte dedizione alla produttività
- impazienza o urgenza
- ostilità e irritabilità
Nella vita quotidiana, un esempio di individuo con personalità di tipo A potrebbe essere colui che ha sempre fretta, impaziente nel rispettare le code e pronto a insultare gli automobilisti che lo sorpassano. Intollerante e sempre pronto a paragonarsi agli altri: ciò che sono gli altri e ciò che è lui, ciò che hanno gli altri e ciò che non ha lui, portato a rimuginare su ciò che gli manca e soprattutto, bisognoso di produrre per sentirsi efficiente. Questo è solo un ipotetico esempio, sono molti gli stili di personalità che condividono ostilità, competitività, impazienza e dedizione alla produttività, se a questi tratti aggiungiamo la tendenza al controllo, gli effetti sul piano fisico potrebbero essere maggiori di quanto osservato dalle ricerche condotte fino a oggi.
Tipo A
Negli anni successivi all’elaborazione teorica, infatti, sono stati raccolti dati statistici: è stato osservato che gli individui con personalità di tipo A sono più a rischio di contrarre malattia coronarica (il rischio osservato è stato pari al doppio rispetto a persone che non presentano caratteristiche della personalità di tipo A). Il rischio di avere un attacco di cuore aumenta di otto volte (l’osservazione è durata otto anni e mezzo, Rosenman et al., 1975).
Lo studio aveva come target un campione esteso di uomini di età compresa tra i 35 e i 59 anni. Il campione è stato poi diviso in due gruppi. Al primo gruppo appartenevano soggetti con tratti di personalità di tipo A e al secondo gruppo appartenevano soggetti privi di questi tratti. In sintesi, il gruppo con personalità di tipo A, nel corso di 102 mesi, ha dimostrato:
- un rischio raddoppiato di contrarre malattia coronarica
- una probabilità otto volte maggiore di avere un attacco di cuore
Un importate studio condotto successivamente (Framinghman Heart Study) ha ottenuto gli stessi risultati usando un campione più ampio composto anche da donne. Ricerca dopo ricerca, è divenuto chiaro che del pattern di tipo A, il tratto di personalità più pericoloso è l’ostilità. L’ostilità è un costrutto che comprende frequenti vissuti di rabbia, disprezzo, disdegno, cinismo e sfiducia. Questi vissuti sono strettamente correlati al deterioramento coronarico (Wong et al., 2013).
Tipo D
Siamo partiti dal 1975 per arrivare ai nostri giorni. Oggi le ricerche ci riferiscono che non è solo l’eccessiva reattività ad arrecare danni al nostro organismo, anche l’eccessiva passività può essere determinate. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato un tipo di personalità depressa o personalità di tipo D. Queste persone hanno la tendenza a sperimentare emozioni come ansia, solitudine e insicurezza.
Uno studio si è concentrato su uomini che avevano già avuto un attacco cardiaco e che erano sottoposti a stress cronico. Si è osservato che i soggetti con personalità di tipo D, durante i cinque anni successivi al primo attacco di cuore, avevano esiti più fatali rispetto a persone senza questi tratti di personalità (Denollet et al., 2000).
Le persone con punteggi più alti alle componenti dell’affettività negativa della personalità di tipo D, corrono inoltre un rischio più elevato di imbattersi in complicanze a seguito di interventi chirurgici (Tully et al., 2011). L’affettività negativa è associata a una funzione immunitaria deficitaria.
La vita affettiva e l’umore
Nel 2017, una ricerca che ha coinvolto oltre 9.000 pazienti oncologici, condotta presso l’Oaklam Medical Center, ha evidenziato che le relazioni affettive stabili e sane rappresentano un fattore protettivo e migliorano le possibilità sopravvivenza in caso di malattie oncologiche.
Non solo personalità, anche lo stato dell’umore condiziona la salute del corpo. In seguito a un attacco di cuore, i pazienti che mostrano livelli elevati di sintomi depressivi, hanno il triplo delle probabilità di morire nel corso dei cinque anni successivi rispetto a pazienti che non mostrano alti livelli di depressione (Glassman, 2007).
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