Se con occhio ingenuo diamo uno sguardo alle relazioni di oggi, sembra essere calato il caos. Non mancano rapporti occasionali, relazioni pronte all’uso, legami superficiali, tradimenti consensuali e relazioni poliamorose. La trasgressione e l’essere alternativi sembrano divenuti il nuovo standard. Basterà pensare alla celebra band Måneskin che giocando con l’idea di una sessualità libera è diventata in breve tempo iconica. Il successo della band riflette lo stato dell’arte attuale.
Il cliché dei «valori di una volta»
Prima di rimpiangere i valori di una volta, bisogna fare delle considerazioni. Le relazioni affettive di un tempo potevano apparire più ordinate ma non per questo erano realmente più sane.
La società vive di norme implicite legate a fattori culturali ma anche di norme esplicite sancite dalla legge. Solo poche decine di anni fa, per legge, esistevano i matrimoni riparatori, relazioni coniugali in cui il marito era prima stato uno stupratore e la moglie la sua vittima. Il matrimonio riparatore era il mezzo di cui disponeva lo stupratore per scontare la sua pena: doveva riparare al danno fatto sposando la vittima. L’art. 544 che disciplinava il matrimonio riparatore è stato abrogato solo nel 1981. Nello stesso anno fu annullato l’art. 592 che contemplava la possibilità dell’abbandono di un neonato per onore e il cosiddetto delitto d’onore. Prima di parlare della deriva dei valori e del valore assoluto della famiglia, dobbiamo riflettere sulle nostre radici sociali e sulla storia che ci ha accompagnato negli ultimi 40 anni.
Solo 40 anni fa la legislazione italiana riconosceva l’onore come un valore socialmente rilevante di cui si doveva tener conto anche a fini giuridici, proponendo annullamenti di pena o forti attenuazioni in caso di abbandono di un neonato e assassinio della moglie sospetta fedifraga.
Quindi, attenzione a rimpiangere i valori di una volta. La storia ci dice che la società di ieri e in particolare la famiglia di ieri, non era poi così sana come ad alcuni piace credere. Oggi, così come ieri, i valori appartengono di più ai singoli che li coltivano che non all’intera collettività. Un declino c’è stato ma nel dominio dell’identità. Negli ultimi anni assistiamo a una forte instabilità anche legata alla precarietà economica.
Cosa sta succedendo alle relazioni di oggi?
Fatta questa doverosa premessa, un’evoluzione del concetto di relazione si è certamente verificata e questa è indubbiamente connessa al progresso. L’autorevole sociologo e filosofo Z. Bauman, già due decadi fa evidenziava una relazione tra i cambiamenti del modo di vivere i legami interpersonali e i cambiamenti economici.
Siamo passati da essere una società consumistica con un elevata fame di consumare nuovi prodotti a una società dei rifiuti, dove il prodotto diventa un rifiuto ancor prima di essere consumato, perché l’utente sente il bisogno di sostituirlo con qualcosa di nuovo. Nella logica capitalistica postmoderna, sono i beni prodotti a creare nuove esigenze nei consumatori e l’atto del consumo perfetto arreca solo una soddisfazione istantanea, pronta a decadere subito dopo. Così anche nelle relazioni.
La fretta di ottenere più gratificazioni possibili con il minimo sforzo, sembra tradursi nelle relazioni sentimentali. La promessa di novità, il sapore dell’impegno provvisorio, il carpe diem sentimentale sembrano aver aperto le porte a relazioni mordi e fuggi. Proprio come gli oggetti, le relazioni sentimentali rimangono incompiute, mai consumate fino in fondo, vissute in modo superficiale e senza alcun legame profondo.
Come nascono le coppie aperte e poliamorose?
Nel panorama attuale si respira una forte ambivalenza. Da un lato le persone si sentono precarie perché abbandonate a se stesse e desiderose della sicurezza di un legame (e quindi sono ansiose di instaurare relazioni). Dall’altro lato, le stesse persone sono timorose di restare imprigionate in relazioni stabili o addirittura definitive, poiché hanno paura che tale relazione possa comportare impegni troppo onerosi e generare tensioni insopportabili in quanto un’unione potrebbe limitare la loro tanta agognata libertà di… instaurare relazioni!
Insomma, da un lato l’uomo vuole instaurare un legame per non stare solo, dall’altro non vuole instaurarlo perché teme le limitazioni di libertà sentimentale imposte da una relazione stabile. La diretta conseguenza di questo conflitto intrapsichico si palesa ogni giorno.
Le soluzioni a questo conflitto intrapsichico sono due; o cambia il concetto di relazione (e da qui le coppie aperte e le relazioni poliamorose che inneggiano alla libertà senza rinunce) oppure si concretizza un gran numero di relazioni instabili e fugaci, in grado di garantire a breve termine l’alleggerimento della paura della solitudine e in grado di garantire la libertà di stringere nuovi legami.
Le relazioni che si cercano oggi devono essere leggere e flessibili così da potersi rompere facilmente e dare la possibilità all’individuo di riappropriarsi di tutte le possibilità perdute, scacciando contemporaneamente l’idea della solitudine.
Nella valutazione costi/benefici, il legame stabile porta l’onere della rinunciare alla possibilità di cercare nuove relazioni. Essendo l’onere percepito come gravoso, l’individuo che si impegna si concentra esclusivamente sulle soddisfazioni che la relazione DOVREBBE garantirgli e non su quello che lui dovrebbe fare per la relazione. Ecco che qualsiasi relazione diventa frustrante e delude ogni aspettativa.
Questa ambivalenza è figlia di un’identità mancata.
Il simbolico «gettare via»
Ho premesso che oggi gettiamo via gli oggetti ancor prima di consumarli. Il gesto del buttar via ha radici psicologiche profonde, è un autentico rito di purificazione attraverso il quale l’uomo* si rigenera, abbandonando le scorie di sé stesso: si spoglia simbolicamente dell’apparenza e presume di recupera la sostanza dell’essere.
La società postmoderna si è impossessata di questa fisiologica attitudine umana di gettar via per lasciare spazio al nuovo e ridefinire se stesso. Questa attitudine oggi prosegue con ritmi impressionati a causa del fatto che l’insicurezza e la precarietà spingono l’uomo ad una continua verifica della sua identità.
L’uomo* postmoderno compra compulsivamente “per sfuggire alla morte” e butta via sempre più rapidamente per sfuggire “all’insignificanza”; non si accorge che così facendo egli stesso diviene un prodotto del sistema, un residuo, un rifiuto. Perché se è vero che da un lato usa il prossimo, è anche vero che si lascia usare e non definisce mai chi è nel profondo.
Come riferisce Z. Bauman, proprio come i nuovi prodotti sul mercato, «le possibilità romantiche si susseguano a ritmo crescente e in quantità sempre copiosa facendo a gara nel superarsi a vicenda e nel lanciare promesse di essere più soddisfacenti e appaganti».
Le persone che alla fine decidono di unirsi, finiscono per vivere insieme ma in disparte perché i due non sono riuscita a definire un’identità individuale sicura e stabile.
L’amore vero è la chiave per invertire la rotta
Con il tempo il concetto di coppia è indubbiamente cambiato ma non lo è il costrutto di amore. L’amore romantico è un fenomeno di immenso interesse sia per il grande pubblico che per gli studiosi. Ogni uomo* è capace di sperimentare l’amore romantico e di nutrirlo anche per l’intera vita.
Se qualcuno pensa che la nostra è una società troppo individualista ha ragione, ma l’individualismo non conduce all’appagamento. Come scrive Z. Bauman «la soddisfazione, nell’amore individuale, non può essere raggiunta senza la capacità di amare il prossimo con umiltà, fede, coraggio», ma «in una cultura in cui queste qualità sono rare, l’acquisizione della capacità di amare è condannata a restare un successo raro».
Non solo, l’acquisizione della capacità di amare è subordinata alla capacità di definirsi e auto-realizzarsi. Così le relazioni non andrebbero ricercate per la smania di allontanare l’idea della solitudine (e inconsciamente l’idea della morte) ma per la volontà di creare un appagamento completo. Come ha descritto il filosofo Emmanuel Levinas, l’amore è un prepotente desiderio di proteggere, nutrire, riparare, coccolare, accudire e difendere gelosamente l’altro. L’amore presuppone un decentrarsi da sé, ma quando questo sé vive con troppe paure, la missione è impossibile.
Quando si parla di relazioni sentimentali, più che crisi dei valori, stiamo assistendo a una crisi identitaria in cui l’uomo non riuscendo ad autoaffermarsi, cerca di definirsi con ciò che esterno da lui, innescando pericolosi circoli viziosi e rinunciando alla capacità di amare.
Viviamo in un mondo di eterni adolescenti
La psicoanalisi definisce la conquista dell’identità in diverse tappe evolutive. Guardandoci intorno possiamo osservare che molte persone hanno visto un arresto evolutivo nella tarda adolescenza.
Secondo la teoria psicoanalitica eriksoniana, ognuno di noi è chiamato ad evolversi affrontando otto conflitti interiori in otto differenti tappe di sviluppo. Se i conflitti che si presentano nelle tappe di sviluppo dell’infanzia sono stati risolti in modo ottimale, allora il giovane potrà realizzarsi e costruire la propria identità durante l’adolescenza. Questa tappa è prioritaria, solo così l’individuo sarà pronto a costruire relazioni stabili e basate sulla gratificazione reciproca. Per approfondire questo approccio psicoanalitico consiglio la lettura dell’articolo: Gli stadi di sviluppo di Erik Erikson e le 8 sfide da superare.
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