Se ti chiedessi di elencare le caratteristiche che vorresti ritrovare nel tuo partner ideale, come mi risponderesti? Sicuramente mi diresti che desideri un partner che sia affidabile, premuroso, degno di fiducia e allo stesso tempo complice e divertente; magari che condivida con te i tuoi stessi valori… Ora ripensa ai partner che hai scelto durante la tua vita. Dispongono delle caratteristiche desiderate?
La letteratura scientifica mette in bella vista un grande paradosso. Se da un lato, quando cerchiamo l’amore affermiamo di essere attenti a caratteristiche come la gentilezza e i valori, dall’altro, nella concretezza, tendiamo a essere attratti da persone tutt’altro che trasparenti, con tratti manipolatori e narcisistici.
Nota bene. La forma grammaticale femminile vale anche al maschile.
Perché siamo attratte dal bello e dannato?
La ragione è una sola: concettualmente sappiamo cos’è l’amore, quindi nel fantasticare sappiamo individuare cosa vorremmo per noi e per la nostra vita sentimentale. Tutto cambia quando ci spostiamo da un dominio fantasioso e concettuale alla realtà concreta di tutti i giorni. Nella pratica, infatti, non siamo affatto esperti in tema d’amore e inciampiamo in errori grossolani. Questo capita soprattutto a chi non è mai stato amato davvero.
Ecco che nella realtà concreta, siamo portati a dare più peso alle belle parole che non ai comportamenti e alle intenzioni. Siamo portati a dare più importanza a quelli che sono gli indicatori di un amore superficiale che non quelli che sono i segnali di un amore profondo.
Grandi gesti, frasi suggestive, eclatanti manifestazioni d’amore, se non accompagnati da coerenza d’intenti, solo solo effetti di scena. Certamente abbaglianti, ammalianti e seducenti… ma vuoti nella sostanza.
Il «bello e dannato» non è altro che un manipolatore, una persona che sceglie con attenzione le parole giuste da dire, anche se non sono vere. Il manipolatore può sovrapporsi a diversi tipi di personalità, le più rappresentative sono due: quella del narcisista overt (forte e sicuro di sé) o covert (insicuro e dannatamente sensibile). Il profilo del manipolatore è, inoltre, descritto con altri tratti di personalità quali:
- L’intelligenza machiavellica
- Psicopatia
Diversi studi hanno dimostrato che le persone con questi «tratti oscuri» sono spesso considerate più attraenti. Non solo, le persone che credono nel cosiddetto «amore a prima vista» sembrano essere più facilmente sedotte dal «bello e dannato».
L’amore appreso
Da bambini impariamo a camminare, a parlare, poi, più avanti, anche a leggere e scrivere. In questa delicatissima fase, apprendiamo anche quelle che sono le norme implicite della società (come, per esempio, il pudore e la morale, chi di noi camminerebbe nudo per strada?!) e quell’infinito mondo che ruota intorno all’affettività. Impariamo a riconoscere le emozioni (oppure, se ci manca questo apprendimento, impariamo a essere confusi dalle emozioni), ad esprimerle (oppure a soffocare tutto) e, al contempo, impariamo tutto ciò che sappiamo sull’amore. In particolare, impariamo cosa aspettarci da una persona che sostiene di amarci.
C’è un’evidenza che è sotto agli occhi di tutti ma solo in pochi ci riflettono: in un certo senso, i nostri primi partner sentimentali sono i nostri genitori. Il mondo del bambino è estremamente ridotto, alla nascita, il suo mondo è rappresentato dal legame con il suo caregiver (la persona che lo accudisce). In base a questo primo modello di legame, struttureremo quelle che saranno le nostre aspettative di coppia. Se pensi di aver vissuto un’infanzia idilliaca, non devi certamente aver vissuto eventi catastrofici per apprendere un amore sbagliato.
Fin da bambini siamo stati addestrati a sopportare per il bene degli altri: «non piangere» che in altre parole significa «sopporta il dolore senza lamentarti», oppure «devi calmarti, fai il bravo!» che in altre parole significa «sopporta la situazione senza dar fastidio». In queste parole non c’è attenzione, non c’è interesse per come si sente il bambino, c’è solo il desiderio genitoriale di archiviare qualsiasi questione senza dover accogliere, accudire, sostenere o consolare. Il bambino impara a sopportare per il bene dell’altro, accantonando i propri bisogni.
Da adulti, ci aspettiamo la medesima noncuranza e finiamo per essere attratti da un modello affettivo già noto, che presta attenzioni e sostegno solo apparenti. Chi, più di un manipolatore affettivo, è abile nel camuffarsi e creare apparenze da sogno?
A questo modello affettivo carente appreso durante l’infanzia, si associano altri fattori. Il love bombing del manipolatore (quella cascata intensa di attenzioni iniziali) diviene l’esca perfetta per chi ha fame d’amore. E chi, più di una bambina trascurata, è affamata d’amore?
L’attrazione per l’amore distruttivo
Lo scenario che ti ho descritto in precedenza è quello più comune. Parla di disattenzioni, superficialità e disamore. Ci sono, però, modelli affettivi che si spingono ben oltre. C’è chi è attratto dall’amore distruttivo.
Quando il genitore che accudisce e consola, è lo stesso che ferisce e spaventa, il futuro adulto, finirà per apprendere un modello affettivo disfunzionale. Nell’esperienza disfunzionale appresa, la paura e il dolore sono fortemente associati alla vicinanza affettiva. L’adulto presenterà un’emotività instabile e tenderà a legare con chi può fornire discontinuità, abbandono e momenti intervallati tra distacco e vicinanza. Qualsiasi altro tipo di legame, più stabile, potrebbe rappresentare una fonte di ansia e di angoscia: la vicinanza affettiva sarebbe vissuta come opprimente.
Il bambino, e più tardi l’adulto, rimarrà intrappolato tra due spinte di uguale intensità. Da un lato il desiderio di vicinanza (che conduce alla dipendenza e alla sottomissione) e dall’altro la spinta verso il distacco (che conduce alla chiusura e a sentimenti di vuoto).
I tuoi confini scandiscono le relazioni che instauri
Proprio mentre impariamo a camminare, scrivere e ad amare, ci accingiamo a costruire la nostra identità personale scandendola con dei confini. I confini scandiscono chi siamo e come ci rapportiamo con gli altri. Il costrutto di confine in psicologia, è qualcosa di estremamente prezioso ma troppo spesso trascurato. I confini ci aiutano nell’affermazione personale e regolano i rapporti che abbiamo con gli altri.
Facciamo qualche passo indietro. Nel primo legame che instauriamo, il genitore ci trasmette il valore dei nostri confini: la dignità dell’essere persone complete, rispettabili, meritevoli di fiducia, stima e amore. È in questo modo che i figli imparano a farsi rispettare, a porre dei limiti a ciò che sono disposti a tollerare e apprendono come dire no a richieste eccessive.
In alcuni casi, crescendo, il bambino impara che per avere amore deve rinunciare alla propria autonomia, rinunciare alla propria identità. Molto spesso, infatti, il primo legame che stringiamo con una figura di riferimento è un legame di tipo manipolatorio. Molti genitori, purtroppo, automaticamente, sostituiscono ai bisogni del figlio le proprie aspettative. Il bambino, così, crescerà orientato a fare ciò che è meglio per il genitore e non per se stesso. Ecco che stringere legami con manipolatori affettivi, diviene qualcosa di appreso: l’adulto dovrà continuare a fare ciò che è meglio per il manipolatore mettendo da parte se stesso. Ti consiglio di leggere il mio approfondimento sui confini personali e interpersonali: il «confine psicologico» che ti protegge da chi dice di amarti.
Se ti piace quello che scrivo, seguimi su Instagram: @annadesimonepsi. Se ti piacciono i nostri contenuti, seguici sull’account ufficiale IG: @Psicoadvisor