Se la tua sincerità spaventa molte persone, allora è il caso di dirlo: sei un kamikaze della verità. La parola sincericidio è stata coniata dagli psicologi proprio per definire quel comportamento che spinge a essere brutalmente sinceri, senza alcun filtro, anche quando il contesto non richiede apertamente una tua opinione!
Questo termine è naturalmente un gioco di parole, fa riferimento al “suicidio” in modo del tutto astratto, a causa di un attaccamento eccessivo alla verità, anche quando è brutale e anche quando può ferire gli altri.
E’ scoraggiante pensare quante persone sono scioccate dall’onestà e quanto poche dall’inganno.
(Sir Noël Peirce Coward)
Sono sicura che se fai parte della schiera delle persone “sincere a ogni costo” avrai apprezzato l’aforisma del regista/attore Noël Coward. Sono altrettanto certa, però, che anche Noël sapeva bene che esiste una via di mezzo tra onesta e inganno. Non è tutto “vero o falso”, non è tutto “bianco o nero”, di mezzo ci sono tante sfumature che possono tornare utili per rendere meno brutale la verità.
Perché sono sicura anche anche l’autore dell’aforisma era a conoscenza di queste sfumature? Probabilmente non sai che Noël Coward era omosessuale e, al quel tempo, pur non vivendo nell’inganno, non l’ha mai dichiarato apertamente. Il dover essere onesti a tutti i costi non è una risorsa ma un limite che, per qualche motivo, ti sei imposto.
Un comportamento di questo tipo si considera spesso come sintomo di una mancanza di tatto. Molte persone, inoltre, si sentono in diritto di ferire il prossimo nascondendosi dietro lo scudo dell’onesta. Il sincericidio, infatti, genera inevitabili conflitti con il prossimo, perché spesso può sconfinare nell’indelicatezza o addirittura nella maleducazione.
L’importanza di scegliere le parole
E’ possibile essere sinceri ma è altrettanto possibile esserlo con tatto e scegliendo le parole giuste.
Anche quando la verità è scomoda, è possibile esprimerla in modo non brutale e spesso al nostro interlocutore la padronanza di linguaggio non manca: potrebbe sicuramente scegliere parole meno crude.
Quindi è chiaro, quel “ma io sono solo sincero/a…” è spesso usato come una scudo per riscattarsi da un’ingiustizia subita o per difendersi da eventuali ostilità percepite.
Il profilo del sincericida
Sicuramente a tutti sarà captato di essere stati troppo sinceri in una determinata circostanza, ma quando il sincericidio diventa l’unico canale per esprimere la propria opinione, qualcosa non va.
L’attaccamento suicida alla verità può essere l’espressione di qualcosa di molto più profondo. Un desiderio di punire l’altro o anche se stesso, proprio attraverso l’uso della verità.
L’onestà, quindi, viene strumentalizzata per ottenere un certo riscatto. Il sincericida si reputa una persona onesta, integra e tutta d’un pezzo ma in realtà è una persona fragile che ha subito un torto o che crede di essere trattata ingiustamente, ritiene di non essere valorizzata o addirittura di essere calpestata. La verità diventa un’arma legittima per attaccare il mondo che lo ha profondamente disilluso.
Per farti capire meglio, posso riportati l’esempio di un’amica, la chiamerò Marta.
Marta era una persona solare, ma a seguito di un incidente, è rimasta zoppa ed è divenuta una sincericida doc.
Quando gli amici e i parenti le chiedono circa il suo cambiamento, Marta semplicemente dice che “l’incidente le ha fatto capire quanto può essere fatale la vita… e che ora non vuole più nascondersi e vuole dire sempre ciò che pensa”.
In realtà, Marta non ha mai elaborato il dolore del suo incidente che ha vissuto come un grande torto, e così riversa tutte le sue frustrazioni sul prossimo usando la verità come arma legittima per ferire gli altri, proprio come lei è stata ingiustamente ferita dalla fatalità della vita.
Sincericida si diventa e il sincericidio può diventare un vero modo d’essere… quando il torto subito pone le sue radici nell’infanzia, infatti, il sincericidio può essere qualcosa di talmente radicato che ormai è imprescindibile.
In questo caso, il soggetto ritiene di essere il custode della ragione e il suo amore per la verità gli consente di passare sopra qualsiasi buoncostume sociale. Spesso, queste persone, sono convinte di essere le sola e essere realmente oneste mentre tutti gli altri mentono.
Come ti ho già premesso, il sincericida vive la verità come dicotomica (bianco/nero – onestà/inganno), quindi qualsiasi modo per “infiocchettare” la verità è vissuto come un inganno. In realtà, il sincericida non apprezza qualsiasi ammorbidimento della realtà che possa mitigare l’impatto che la verità potrebbe avere sul prossimo proprio perché il suo scopo non è dire la verità a tutti i costi bensì toccare il prossimo!
La verità non è crudele, crudeli sono le parole scelte
La verità cruda e brutale andrebbe sempre filtrata.
Non sto dicendo che bisogna mentire… ma solo che ci sono “modi” e “modi” per dire le cose ed è nostro dovere scegliere quello che possa arrecare meno danno all’altro.
Quando sei portato a dire la verità, in situazioni scomode, devi sempre porti questa domanda: quale è il mio scopo?
Se il tuo scopo è ferire l’altro, allora vai, usa pure la brutalità. Ma se il tuo scopo è far riflettere il prossimo su una questione che ritieni importante, allora dovrai sforzarti di scegliere le parole giuste… non solo farei soffrire meno il tuo interlocutore ma avrai più possibilità di raggiungere il tuo scopo!
In più, ci sono persone che non sono pronte ad affrontare la verità e, in questi casi, bisogna concedere tempo per evitare di causare danni enormi all’altro.
Non solo esistono “modi e modi” ma anche i momenti giusti. La verità, di per sé, può essere scomoda e dura, allora è meglio creare il contesto e il momento giusto per dirla. Se finisci per dire una scomoda verità, in modo brutale, durante una discussione… il tuo interlocutore scatterà sulla difensiva, si sentirà offeso e passerà al contrattacco.
Al contrario, se crei i presupposti giusti e ti sforzi di arrivare al sodo con delicatezza, potrai innescare nell’altro l’autoriflessione interiore che speravi, senza necessariamente essere crudele.
Ricorda: non c’è nulla di apprezzabile in una verità dolorosa espressa male.
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Ottima osservazione!
La verità che credi tu non può essere la verità dell’altro
Ti insegnano gia’ piccolo a dire la verita’ ed ad essere sincero ma capisci da subito che le persone recepiscono la verita’ come un’offesa molto spesso…in un mondo di falsita’ e ipocrisia fare buon viso e cattivo gioco e diventata praticamente la regola. Non vorrei offendere nessuno ,ma quando dicono che gesu’ e’ nato da una vergine e predicano di dire la verita’ anche se hanno molto tatto a dire falsita’ offendono non me ma l’intelligenza…b.giornata
Ho trovato molto bello, chiaro ed utile questo articolo, essendomi io riconosciuta nel kamikaze, purtroppo!
E mi ha fatto luce il capire che il mio comportamento ha radici di sofferenza. Come superare allora questo meccanismo perverso che mi fa ferire i miei familiari, senza volerlo….oppure no, magari lo voglio inconsciamente!
Samantha
Ciao Marco, sono d’accordo in buona parte con ciò che riporti. Ma dimentiche che:
A) la realtà non è sempre oggettiva. Ognuno di noi ha dei filtri e la vive in modo diverso.
B) la verità può essere brutta e talvolta offende.
C) non tutti sono pronti ad accettare la realtà e, se per te è giusto guardarla in faccia, può esserci chi è meno pronto, ha resistenze o semplicemente preferisce vivere -come si dice a Napoli- con due fette di salame sugli occhi.
Prendi il caso di una persona grassa, obesa e lenta. Che è grassa è una realtà “oggettiva” ma lei, per un suo limite, non accetta la sua condizione fisica tanto che non sperimenta neanche le diete.
Questa persona vuole venire a fare trekking con te. Tu puoi dirle “guarda ho ritmi serrati, proseguo a passo svelto e non mi piace fare trekking con persone fuori allenamento” oppure, puoi dire “ma tu sei grassa, che ti sei messa in testa, mi rallenteresti solo!”
Entrambe le risposte sono vere, nessuna è “edulcorata” ma penso che la prima, seppur sincera, possa urtare meno 🙂
Ora, dal tuo punto di vista, potresti pensare “ma se io le ripeto che è grassa e che sta sbagliando tutto, allora lei capirà e deciderà di fare la dieta”. La verità va oltre il giusto e sbagliato, perché non sei tu ad dover decidere cosa è meglio per quella persona. La persona in questione magari non vuole accettare i suoi problemi perché ha delle resistenze, non è pronta e una verità brutale non è funzionale, può solo far aumentare il suo senso di frustrazione senza darle alcun aiuto.
Approcciarsi in modo soft non è ipocrisia, è empatia, comprensione, tatto, sensibilità…. Molte persone mentono a se stesse (come dici tu) ma lo fanno perché hanno dei limiti. Tu puoi solo accettare quei limiti o se proprio ci tieni, spronare le persone ma usando tatto e sensibilità, e non la realtà come arma brutale.
🙂 buona giornata!
Non sono d’accordo. La verità non è nè belle nè brutta, è solo vera. prima ci si tolgono le lenti deformanti e si fa una analisi di realtà (come dice l’analisi transazionale, ad esempio) prima si possono prendere le adeguate contromisure. La realtà va vista per quella che è, non va nè addolcita nè abbellita. Poi si fa un bel respiro, si ragiona e si decide, in base ad una analisi onesta ed oggettiva, come comportarsi. Meglio quello che lei chiama un sincericida alla massa di ipocriti che ci sono, ed alla ancora maggiore massa di persone che mentono a se stesse. Sigmund con la psicoanalisi cercava la Verità, e la persona guariva quando il conflitto tra desiderio inconscio e super io veniva risolto, capendo che non c’era nulla di male in quei desideri inconsci. Tutta la psicoanalisi è ricerca della verità. Non va usata per offendere ma non va nemmeno edulcorata o si danno alibi a chi non vuole cambiare e si crogiola (la psicologia del malato da vantaggi, avendo “diritto” ad essere compatiti..) a rimanere fermo e tale e quale