“Burn-out genitoriale”: quando essere genitori porta all’esaurimento

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Il termine inglese “Burn-out” si riferisce al concetto di “esaurimento”, descrive il processo del consumarsi, dell’esaurirsi. In ambito psicologico dunque, la sindrome del Burn-out descrive una condizione in cui un soggetto, sottoposto a un carico di impegno e responsabilità eccessivi, va incontro a una sempre più marcata riduzione delle proprie risorse psichiche, un depauperamento che porta gradualmente il soggetto verso una specifica forma di esaurimento che si pone su un continuum ai cui estremi troviamo stress e depressione.

Il concetto di “Burn-out”

Il termine inglese “Burn-out” si riferisce al concetto di “esaurimento”, descrive il processo del consumarsi, dell’esaurirsi. In ambito psicologico dunque, la sindrome del Burn-out descrive una condizione in cui un soggetto, sottoposto a un carico di impegno e responsabilità eccessivi, va incontro a una sempre più marcata riduzione delle proprie risorse psichiche, un depauperamento che porta gradualmente il soggetto verso una specifica forma di esaurimento che si pone su un continuum ai cui estremi troviamo stress e depressione.

Come succede spesso, la sindrome del Burn-out venne descritta in termini generici molti anni prima che la comunità scientifica iniziasse a studiarla in modo sistematico, dandone poi una definizione precisa. Il Burn-out fece così la sua comparsa ufficiale verso la fine degli anni ‘70, in ambito lavorativo. Prima degli anni 2000 infatti, la Sindrome del Burn-out era riferibile solo ai contesti professionali e venne descritta come caratterizzata da 3 elementi fondamentali:

  • Un senso di spossatezza ed esaurimento soverchianti;
  • La tendenza a depersonalizzare i destinatari del proprio lavoro;
  • Un senso di marcata inefficacia nel proprio lavoro unito alla sensazione di incapacità a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Analisi del Burn-out genitoriale

Sebbene in ambito clinico il Burn-out genitoriale sia oramai un concetto assodato, le cose sono meno definite nell’ambito della ricerca scientifica. Diversi sforzi sono stati condotti per esaminare la validità scientifica del concetto di Burn-out genitoriale e per creare e validare un questionario specifico da somministrare ai genitori per individuare la presenza eventuale del Burn-out genitoriale e per misurarne l’intensità.

In un recente lavoro, I. Roskam, M.E. Raes e M. Mikolajczak (2017) hanno messo a punto uno strumento interessante per la misurazione del Burn-out genitoriale chiamato PBI (Parental Burn-out Inventory). Le loro ricerche hanno evidenziato come le tre dimensioni base del Burn-out in ambito professionale, quali esaurimento, depersonalizzazione e senso di inefficacia siano riscontrabili anche nel Burn-out genitoriale, con la sola differenza che in quest’ultimo caso la “depersonalizzazione” viene sostituita da una sorta di “distanziamento emotivo” da parte del genitore nei confronti dei figli.

Del resto appare poco plausibile la possibilità che i genitori vedano il loro figlio come un oggetto da trattare come tale, a meno che non soffrano di disturbi dello spettro psicotico o antisociale. In sostanza, il genitore in preda al Burn-out non depersonalizza i figli, ma si distacca emotivamente da loro, diventa più freddo, meno partecipativo, e pur riconoscendo queste carenze, non riesce a porvi rimedio.

Il Burn-out genitoriale rappresenta una sindrome autonoma e specifica che non coincide col Burn-out professionale, tanto è vero che molti genitori che soffrono di Burn-out sul lavoro possono percepire la famiglia come un posto sicuro da cui trarre ristoro, mentre a volte genitori in preda al Burn-out genitoriale possono percepire il posto di lavoro come un rifugio che li mette al riparo da uno stress familiare soverchiante.

Il Burn-out genitoriale colpisce in egual misura madri e padri, con una lieve prevalenza di madri, probabilmente perché sono ancora le madri, in media, a prendersi maggiormente cura della prole rispetto ai padri. Ciò suggerisce l’esistenza di un vero e proprio Burn-out genitoriale e non di uno specifico Burn-out relativo soltanto alle madri. Alcuni specifici tratti psicologici di un genitore possono favorire l’insorgenza del Burn-out.

I soggetti vulnerabili al Burn-out genitoriale

In particolare, la ricerca ha evidenziato che i soggetti che presentano elevati punteggi nelle scale psicologiche che misurano il tratto di personalità definito “Nevroticismo” (o instabilità emotiva) appaiono particolarmente vulnerabili al Burn-out genitoriale.

Il Nevroticismo si caratterizza come una tendenza stabile a sperimentare con facilità emozioni spiacevoli, quali ansia, rabbia, stati depressivi, soprattutto in risposta a situazioni stressanti. E in effetti il Burn-out genitoriale sembra manifestarsi proprio quando si verificano condizioni di vita stressanti che perdurano per molto tempo e che a lungo andare inducono l’organismo a rilasciare stabilmente elevate quantità di cortisolo, un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, definito appunto “ormone dello stress”.

L’eccesso di cortisolo induce una condizione definita ipercorticosurrenalismo, che può sfociare in una sindrome depressiva.
Appare dunque evidente come il meccanismo attraverso il quale si compie il passaggio dal semplice stress genitoriale al Burn-out genitoriale coinvolga anche la secrezione di Cortisolo, nonostante si avverta il bisogno di ulteriori indagini per comprenderlo appieno.

Un ulteriore fattore di rischio che può predisporre un genitore al Burn-out è connesso al concetto di “Sé-genitoriale”, ossia il tipo di identità e di standard che ogni persona si attribuisce in quanto genitore. Quando il modello a cui un genitore tende è eccessivamente rigido, perfezionista, e quindi molto spesso irrealistico perché non tiene conto della realtà, è facile che si arrivi alla frustrazione causata dall’impossibilità di raggiungere gli obiettivi.

Un Sé-genitoriale eccessivamente esigente e rigido è il prodotto derivante dalla propria storia esistenziale, in cui concorrono elementi diversi quali le modalità educative ricevute, le pressioni sociali nel proprio contesto culturale e il sistema di valori che ogni persona ha sviluppato nel corso della propria vita.

A un livello più ampio è possibile identificare cause ambientali esterne al soggetto che possono facilitare l’insorgenza del Burn-out. In particolare è stato osservato che la quantità di figli presenti in famiglia, insieme alla mancanza di supporto familiare o sociale rappresenta un fattore di rischio importante. E in generale poiché il Burn-out deriva sempre da uno squilibrio fra le richieste avanzate dalle situazioni esistenziali e le risorse personali necessarie a soddisfarle, risulta ovvio che anche una condizione economica poco soddisfacente e la scarsità di tempo da poter dedicare ai figli si configurano come elementi predisponenti al Burn-out.

Possibili conseguenze del Burn-out genitoriale

Numerose ricerche hanno dimostrato che il Burn-out genitoriale può portare alla depressione. In ambito clinico è stata osservata anche la tendenza a cadere in stati di dipendenza da sostanze e al deterioramento delle condizioni generali di salute, fatto questo che potrebbe condurre a un significativo incremento dei costi sostenuti dai servizi sanitari nazionali

Il distacco emotivo e il disimpegno verso i figli evidenziabile nei genitori con Burn-out può portare a una riduzione della responsività genitoriale, con un impoverimento marcato della relazione genitore-figlio che può sfociare nella tendenza a diventare genitori rigidi, assenti se non palesemente maltrattanti. Il rischio è che i figli di genitori con burn-out possano sviluppare un attaccamento insicuro, con conseguenze psicologiche fortemente negative per il loro sviluppo.

Il Burn-out genitoriale rappresenta anche una minaccia per la stabilità della coppia genitoriale, in quanto il Burn-out di un genitore va inevitabilmente ad impattare anche sull’altro, che avvertirà l’esigenza di dover compensare le carenze del partner, con un dispendio di risorse spesso impossibile da sostenere. Ciò può alimentare con facilità la conflittualità di coppia, aumentando il rischio di separazioni e divorzi.

Conclusioni

Vista la potenziale gravità del Burn-out genitoriale e le conseguenze negative a lungo termine che esso può produrre sullo sviluppo psicologico dei figli e sul loro comportamento, è evidente la necessità di porre la ricerca su questa problematica a un livello di massima priorità. In ambito clinico l’incidenza del Burn-out genitoriale oscilla fra il 2% e il 12%, il che significa che al meglio 2 genitori su 100 soffriranno di questa sindrome. Un dato piuttosto preoccupante.

Mentre gli sforzi per costruire degli strumenti psicometrici volti a identificare e misurare con precisione l’entità del Burn-out genitoriale sono in via di definizione, ai genitori viene demandata la responsabilità di identificare in se stessi quantomeno la presenza di una condizione di stress eccessiva e ingestibile e di rivolgersi a uno Psicologo Clinico o almeno a un servizio di supporto alla genitorialità, che può essere offerto anche in molti presidi pubblici, prima che la sintomatologia evolva verso forme croniche più difficili da risolvere.

Dott. Federico Della Rocca, Psicologia clinica, Psicoterapia Psicoanalitica, Psiconcologia, Psicoterapeuta