E’ ormai ben noto a tutti, come lo stress psicologico possa contribuire allo sviluppo di specifiche malattie ‘fisiche’, in particolare quelle cosiddette ‘psicosomatiche: è il caso della dermatite, del colon irritabile, dell’emicrania….dermatite. La ricerca, però, ha messo in evidenza nuove relazioni tra fattori psicologici e malattie come ictus, tubercolosi, diabete, leucemia, cancro, vari tipi di malattie infettive, e perfino la comune influenza.
Il cervello è collegato sia con il sistema endocrino (ormonale) che con il sistema immunitario
Sistema immunitario e sistema nervoso centrale sono costantemente in comunicazione, poiché le cellule immunitarie portano all’apparato neurologico, attraverso i neuropeptidi, (piccole molecole di natura proteica)le informazioni che hanno captato durante il monitoraggio dell’organismo Nuove discipline come la neuropsicoendocrinologia e la neuropsicoimmunologia hanno contribuito a migliorare la nostra comprensione dei processi complessi che contribuiscono a produrre uno stato di salute o di malattia.
Le influenze psicologiche sui processi immunitari
Tutte queste connessioni sono oggetto di studi recenti che costituiscono la Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), una disciplina che si occupa delle relazioni tra psiche e i sistemi di regolazione fisiologica che costituiscono l’organismo umano: quello endocrino, quello nervoso e quello, appunto, immunitario.
Il nostro cervello quindi, o meglio le sue funzioni mentali, sono in grado di comunicare con le cellule del sistema immunitario
E’ lo stress ad avere un ruolo importante nello studio delle risposte psico-fisiche connesse all’intreccio dei tre apparati. Quando questo sopraggiunge, l’organismo viene invaso da determinati ormoni, tra i quali i più importanti sono l’adrenalina e il cortisolo. Se lo stress dura poco e si limita ad una fase acuta, l’effetto è inizialmente positivo: il lieve rialzo ormonale potenzia l’azione immunitaria, attiva delle reazioni fisiche di adattamento, migliora le capacità di concentrazione e di attenzione.
Quando, invece, la mente del soggetto è coinvolta emotivamente in situazioni di sofferenza, dolore, rabbia, risentimento, sconforto o angoscia per periodi di tempo prolungati, le sostanze rilasciate, le stesse che nella fase di stress iniziale producono effetti positivi, diventano nocive come le tossine che inquinano il corpo. In questo stadio, che caratterizza lo stress cronico, si attivano dei meccanismi dannosi: tra questi, quello più importante è la diminuzione o la soppressione della risposta immunitaria.
In conseguenza a stati di attivazione emozionale, si sono scientificamente riscontrate consistenti variazioni dei parametri immunitari: depressione e ritardo nella sintesi di anticorpi, fino ad arrivare a fenomeni patologici, come lo sviluppo di autoanticorpi, evento maggiormente associato alle malattie autoimmuni (ad esempio la tiroidite di Hashimoto o il diabete mellito di tipo I).
Psiconeuroendocrinoimmunologia, la biochimica delle emozioni
Un elemento chiave dell’analisi sviluppata dalla Neuropsicoendocrinologia, è l’influenza diretta delle emozioni sul corpo. Quando la reazione emozionale è adattativa, utile e si associa ad uno stress fisiologico, non ha un significato patogeno; se, invece, le modalità di espressione emozionale sono sbilanciate, si verificano reazioni disfunzionali.
Quando si analizza la portata delle alterazioni biologiche in risposta allo stress, si deve tenere conto non solo della presenza oggettiva di quest’ultimo (che di per sé può non essere dannoso), ma soprattutto dalle variabili individuali relative al soggetto, come la valutazione cognitiva dello stimolo stressante e la gestione di esso.
Esistono substrati fisiologici ben studiati che dimostrano come la comunicazione avvenga in entrambe le direzioni per ognuna di queste aree e dei loro organi.
Secondo l’approccio della Neuropsicoendocrinologia, lo stretto legame tra la mente e il corpo è di tipo bidirezionale: le emozioni e lo stress agiscono sulla salute fisica e, a sua volta, la psiche influenza l’organismo stesso.
Il sistema immunitario è molto più reattivo di quanto si sospettava in passato e ha una fitta e profonda comunicazione con la psiche. Quando si è fortemente stanchi o con il morale basso, si tenderà ad ammalarsi più facilmente e ad andare incontro ad infezioni ricorrenti o influenze, oppure a sviluppare disturbi molto frequenti negli stati di stress, come l’herpes labiale o altre patologie associate ad un sistema immunitario compromesso.
Quando lo stress subentra in seguito a perdite emozionali o lutti, può diventare concausa dello sviluppo e/o dell’insorgenza di malattie autoimmuni o di condizioni molto gravi, come i tumori.
L’attuale attività clinica conferma che gli stati emotivi negativi del paziente influenzano l’insorgenza e il decorso della malattia e si associano, in generale, ad una netta diminuzione delle funzioni immunitarie.
Si è osservato che le persone che tendono verso questo stile emozionale presentano una maggiore attivazione dell’area destra del cervello, condizione collegata ad una minore produzione di cellule linfocitarie.
Seguendo l’approccio della Neuropsicoendocrinologia, l’apparato immunitario, collegato a quello nervoso ed endocrino, subisce l’influenza di molteplici emozioni come la paura, la preoccupazione, la collera, il risentimento, la depressione, l’ansia.
In tale contesto, quindi, potrebbe essere più appropriato enfatizzare la prospettiva psicologica – letteralmente, lo studio della mente – piuttosto che quella della neuroscienza. Una mente è composta di informazioni e ha un substrato fisico, cioè il corpo e il cervello.
Per approfondire leggi pure l’articolo “I conflitti interiori che logorano l’organismo“
Inoltre, possiede un altro substrato immateriale che ha a che fare con il flusso di informazioni. Quindi, forse la mente è costituita dalle informazioni che scorrono tra tutte queste parti del corpo. Forse la mente è ciò che tiene insieme la rete.
E’ bene ricordare che sappiamo ancora molto poco circa la natura di queste relazioni. Ciò nonostante, queste ricerche hanno il grande merito di aver aperto un’altra breccia nelle barriere tra medicina e psicologia.
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