Se qualcuno fa qualcosa per te, credi che si aspetti qualcosa in cambio? Questa è una domanda cruciale per introdurre il tema del controllo invisibile, quello legato alle aspettative e alle pressioni.
Supporto e premure possono apparire molto simili al controllo coercitivo, soprattutto nelle famiglie che non hanno ben chiari i confini relazionali. Cioè in quelle famiglie in cui il confine tra “cosa voglio io per te, cosa voglio che tu faccia” e “cosa vuoi tu per te” è molto frastagliato. Diciamo subito che la differenza tra supporto e controllo, si evince in modo evidente negli effetti.Il supporto è costruttivo, ti sprona a dare il tuo meglio e a essere sempre te stesso. Il controllo in qualche modo ti inibisce, frena le tue ambizioni personali e… in nome delle preoccupazioni e delle premure, ti chiude, ti butta giù!
La differenza tra l’essere supportivi o controllanti
Se l’altro, che sia il tuo partner, un genitore, un amico o un fratello, nel nome del “voglio aiutarti”, ti impone dei limiti nel tuo agire, sappi che stai subendo una forma di coercizione.
Il controllo coercitivo toglie libertà, generando paura e senso di colpa. Crea dei vincoli in cui tu ti senti costretto ad aderire a un ruolo, un ruolo anche scomodo. Quando una persona subisce pressioni fin da bambino, può addirittura allontanarsi da sé e diventare adulto senza mai comprendere cosa desidera davvero per se stesso.Le premure lasciano libertà, trasmettono amore e sicurezza. In questa dinamica, l’altro offre supporto senza pretendere che in cambio tu modelli la tua identità rispettando la sua visione di te, di ciò che puoi e non puoi essere.
Il controllo coercitivo
Il controllo coercitivo è una forma di abuso psicologico di tipo relazionale che compromette l’autonomia dell’altra persona attraverso manipolazione, intimidazione e isolamento. Chi muove questo tipo di controllo, spesso arriva con premure asfissianti, preoccupazioni esasperate, ti dà una rappresentazione del mondo catastrofica. Come se tutte le persone al mondo fossero mosse da intenti malevoli eccetto lei/lui.
Giorno dopo giorno, anno dopo anno, questo approccio svilente può finire con l’inibire la tua iniziativa. Può causarti isolamento. Potresti addirittura faticare a uscire di casa ormai prigioniero di un’idea: il mondo è un posto brutto e per te non c’è speranza di realizzazione. Ma là fuori, ti assicuro che c’è anche un mondo bellissimo, esiste per chi ha gli occhi per guardare.
Questo approccio:
- Impone regole rigide che chi subisce la relazione in tenera età, finisce per interiorizzare.
- Fa sentire colpevoli, responsabili di qualsiasi malanno e inadeguati
- Usa la paura, il senso di colpa o la manipolazione per costruire prigioni
- Causa ansia, insicurezza e perdita di autostima
Preoccupazioni e premure
Le preoccupazioni genuine e le premure nascono invece dall’amore e dal rispetto per l’altra persona, senza il desiderio di controllarla o limitarne la libertà. La differenza è netta perché le vere preoccupazioni emergono solo in determinati contesti e non sono onnipresenti.
Non viene data una rappresentazione catastrofica degli altri o del mondo. Il supporto è offerto senza vincoli, pertanto crea sicurezza e fiducia nella relazione (e non senso d’obbligo e insicurezza). La comunicazione è basata sul rispetto reciproco. Se hai ancora dubbi, quando la persona a te cara ti chiede qualcosa, prova a interrogarti: questa richiesta è basata sull’amore e sul rispetto reciproco o su un vincolo? In qualche modo limita la mia libertà?
Esempi di manipolazione mascherata da premura
La manipolazione mascherata da premura distorce i tuoi bisogni. Per esempio, tu chiedi comprensione, rispetto e sani confini e l’altro insiste per darti del cibo, un asciugamani, un passaggio… qualsiasi forma riempitiva sostitutiva alla tua richiesta che non può e non vuole accogliere. Poi, però, si lamenta di come reagisci, per la tua ingratitudine, perché lui/lei vuole soltanto il tuo bene… La cosa peggiore è che, con questo suo fare, riesce a farti sentire anche in colpa.
L’abilità non è certo solo del manipolatore. Alla base c’è una vulnerabilità della persona che subisce questa estrema forma di invalidazione. Chi subisce, infatti, nelle sue esperienze infantili, ha imparato a sua volta ad auto-invalidarsi sia nei bisogni sia nell’affermazione personale.
So che nella mente di alcuni lettori sta emergendo una precisa domanda, quindi anticipo i tempi: «ma chi attua questa forma di manipolazione, ne è consapevole?». Sappi che con questo interrogativo stai ancora cercando di legittimare l’altro e dare significato alle sue azioni deprivanti sottraendo integrità e coerenza ai tuoi vissuti, delegittimando ancora te stesso così come ti è stato insegnato a fare tanti anni fa.
Se adesso sei confuso, e ti stai chiedendo: come capisco allora se le relazioni che vivo sono sane? Ancora una volta ti invito a osservarne gli effetti. Magari prova a sintonizzarti con le emozioni che emergono in te in rapporto all’altro. Quando sono i sensi di colpa, il rimorso, l’abbandono e la paura a generare vicinanza, stai vivendo qualcosa di disfunzionale;
se a generare quella vicinanza è l’entusiasmo, la stima, la voglia di condividere e scoprirsi, sei sulla strada giusta. Posso svelarti “un segreto”? Gli stessi ingredienti di vicinanza, curiosità, entusiasmo, stima… puoi coltivarli anche avvicinandoti a te stesso. Ed è tutto ciò che ognuno dovrebbe fare per viversi, poi, le relazioni con gli altri in modo sano e autentico. Portando nella relazione se stesso e non un surrogato di ciò che l’altro si aspetta.
È vero anche che alcune persone non sanno esprimere le proprie emozioni quindi ricorrono a gesti pratici e premurosi per mediare un “ti voglio bene”. Capita a molti. Ma in questi casi non sono certo i sensi di colpa, il timore del rimorso, l’abbandono e la paura a fare da collante e a generare “vicinanza” nel legame. Ancora una volta, invito a “leggerti dentro” per scoprire gli ingredienti che arricchiscono o impoveriscono le tue relazioni.
Che senso ha una relazione in cui non puoi essere te stesso?
Come ho scritto prima: ognuno di noi dovrebbe portare nella relazione nient’altro che se stesso e no un surrogato di ciò che l’altro si aspetta da noi. E questa non è solo una faccenda relazionale. A lungo andare, diviene identitaria! Diviene un fatto individuale, diventa te!
Sì, perché se fin da bambino non ha potuto sperimentare legami in piena sicurezza. Relazioni in cui il supporto era mediato da ascolto, considerazione e fiducia ma era caratterizzato da invalidazioni, ricatti emotivi e controllo coercitivo… allora non hai mai trovato uno spazio sicuro in cui esplorare te come individuo e te in relazione all’altro.
C’è stato un momento in cui ti bastavi: ritorna lì, torna a prenderti
Se ripensi alla tua infanzia, quando tutto è iniziato, c’è stato sicuramente un momento in cui ti bastavi, in cui giocare da solo ed esplorarti ti facevano stare bene. Poi, però, qualcosa si è rotto. Tu hai smesso di bastarti. Sappi che non si è trattata di una tua scelta ma di un condizionamento. Hai smesso di bastarti per le troppe pressioni esterne, perché costantemente, chi ti accudiva, mediava questo messaggio che ti ho scritto in premessa: “cosa voglio io per te, cosa voglio che tu sia e tu faccia” è più importante di “cosa vuoi tu per te“. Crescendo, quindi, hai dimenticato quella sicurezza, hai dimenticato quell’autonomia esistenziale. Ma sappi che nulla è perduto. Tutto può essere ancora riconquistato.
Puoi imparare a concedere a te stesso quel supporto che crea, per te, uno spazio sicuro in cui crescere, esplorati e affermarti. Il controllo coercitivo, le finte premure, non fanno questo: ti mantengono piccolo, ti fanno ristagnare. L’autoaccudimento ruota intorno all’accettazione, mentre l’identità di chi è cresciuto sotto la spinta delle false premure ruota intorno alla paura.
Sappi che tu meriti supporto e autoaccudimento e che puoi spezzare i condizionamenti che ti hanno accompagnato fino a oggi. Puoi finalmente far valere quel “cosa voglio io per me stesso”. Finalmente puoi conquistare il tuo spazio nel mondo e affermare la tua autonomia esistenziale. Non un’autonomia che dice “non ho bisogno degli altri”. Ma un’autonomia che possa fornirti tutti gli strumenti essenziali per modulare il tuo rapporto con gli altri, quando gli “altri importanti” che hai conosciuto, quelli a cui tieni, troppo presi da sé e dai propri problemi, non hanno potuto, voluto o saputo darti la considerazione che meriti.
Se sei pronto a lavorare su te stesso, ti consiglio la lettura del mio libro “il mondo con i tuoi occhi”, lo trovi in tutte le librerie o a questa pagina amazon; è un manuale di psicologia dal forte potere trasformativo. Non è un libro per tutti ma solo per chi vuole riscattare se stesso. Adesso, la vera domanda è: continuerai a tradire chi sei per fare stare comodi gli altri, o ti solleverai dolcemente e abbraccerai la libertà indomita di vivere con autenticità la tua vita? Perché è questa la premessa con la quale è stato scritto il libro.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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