Come cambia la tua vita se leggi il libro “Lascia che la felicità accada”

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ti sei mai chiesto perché, nonostante tutti i tuoi sforzi, la felicità sembra sempre sfuggirti di mano? Viviamo in una società che ci insegna a pensare alla felicità come a un obiettivo: qualcosa da costruire con disciplina, successo, relazioni “perfette”, beni materiali. Ma se la felicità fosse davvero il frutto del fare, allora chi ha tutto non dovrebbe mai sentirsi infelice. E invece sappiamo che non è così.

Il cuore del libro “Lascia che la felicità accada” sta proprio in questa verità dimenticata: la felicità non è un traguardo da raggiungere, ma una condizione che emerge spontaneamente quando smettiamo di soffocarla con i vecchi schemi di difesa, con lo stress accumulato, con la paura di non essere abbastanza.

La trappola invisibile dell’infelicità

Molti credono che la sofferenza sia solo un problema di pensiero. “Basta cambiare mentalità”, ci dicono. Ma chi ha provato questa strada sa quanto sia fragile: puoi ripeterti mille frasi motivazionali, ma se il corpo resta teso, il respiro corto e il cuore in affanno, la serenità non arriva.

Perché? Perché la felicità non nasce nelle parole che ci raccontiamo, ma nell’equilibrio sottile tra biologia e psiche. Quando questo equilibrio si rompe, il nostro sistema nervoso registra il mondo come minaccia, e allora ogni cosa – anche un gesto d’amore o un momento di quiete – viene filtrata attraverso la lente della paura.

l ruolo del cortisolo: protettore nella via lunga

In questa dinamica, uno dei protagonisti più importanti è il cortisolo, noto come l’ormone dello stress. A differenza dell’adrenalina, che governa le reazioni immediate attraverso il sistema simpatico, il cortisolo segue la cosiddetta via lunga dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA).

Il suo compito non è reagire nell’istante al pericolo, ma proteggere il corpo nel tempo: modulare l’infiammazione, mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue, garantire riserve energetiche disponibili quando la sfida si protrae. In condizioni normali, dunque, è un regolatore prezioso, un alleato che sostiene l’organismo e impedisce che una minaccia temporanea prosciughi le risorse vitali.

Il problema non è il cortisolo in sé, ma la sua cronicizzazione. E qui occorre chiarire un punto: vivere sotto stress cronico non significa avere sempre cortisolo alto. Il nostro organismo, spinto dall’allostasi (la capacità di ridefinire continuamente un equilibrio), si adatta a nuove soglie:

In alcuni casi troviamo un cortisolo cronicamente elevato. È la fase dell’iperattivazione: insonnia, agitazione costante, ipervigilanza, cuore che corre.

In altri, dopo anni di pressione, compare il fenomeno opposto: una sorta di collasso regolativo, con livelli più bassi dei picchi iniziali (ipoattivazione). Qui emergono stanchezza persistente, difficoltà di concentrazione, vuoto interiore, sintomi depressivi.

In entrambe le situazioni, il corpo non si muove più nella salute, ma in una condizione di sopravvivenza adattata. Non è la “fiammata” dello stress acuto a logorarci, ma il lento e silenzioso consumo di risorse che accompagna un sistema costretto a vivere in difesa.

Felicità: non un’emozione passeggera, ma una regolazione profonda

Qui sta il punto: la felicità non è un lampo di gioia improvviso. In psicologia e neuroscienze, è molto di più: è la capacità di mantenere una regolazione interna sana.

Il nostro sistema nervoso non cerca picchi di piacere, ma sicurezza. È quando ci sentiamo al sicuro – nel corpo e nelle relazioni – che possiamo aprirci agli altri, imparare, creare, amare. La felicità non è eliminare il dolore, ma permettere che non occupi tutto lo spazio. È smettere di identificarsi con la ferita e lasciare che esistano anche le parti sane, quelle capaci di curiosità, di gratitudine, di gioco.

Psicologia delle piccole crepe

Dentro ognuno di noi vivono memorie implicite: frammenti di infanzia in cui non ci siamo sentiti visti, accolti, rispettati. Non sono ricordi narrativi, ma tracce nel corpo: il battito che accelera davanti a un rifiuto, la tensione muscolare quando qualcuno ci critica, la paura di perdere ciò che amiamo.

Sono queste “piccole crepe” che, da adulti, ci spingono a diffidare della felicità. Anche quando viviamo momenti buoni, restiamo sospettosi, pronti al dolore che “di sicuro arriverà”.

Lascia che la felicità accada ci invita a guardare queste crepe senza giudizio: non come difetti personali, ma come programmi di sopravvivenza scritti nel corpo. E ci mostra che ciò che è stato appreso può anche essere disappreso, trasformato.

Felicità come richiamo ancestrale

La felicità non è un’invenzione culturale recente, ma una condizione ancestrale, radicata nei meccanismi più profondi del nostro sviluppo neurobiologico. Fin dai primi giorni di vita, il sistema nervoso del bambino è programmato per cercare esperienze capaci di ridurre la tensione e riportare equilibrio.

Ogni volta che un bisogno viene soddisfatto – la fame placata, il contatto rassicurante dopo il pianto, il ritorno del genitore dopo un’assenza – l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene riduce la produzione di cortisolo, mentre il sistema limbico registra l’esperienza come memoria implicita di sollievo. Questo processo non riguarda solo la psiche: comporta modificazioni fisiologiche misurabili, come la stabilizzazione del battito cardiaco, la regolazione del respiro e il rilascio di neurotrasmettitori legati alla gratificazione.

È in questi istanti che il cervello impara una verità fondamentale: il dolore può essere seguito da sicurezza, la frustrazione da contenimento, la solitudine da connessione. La felicità che inseguiamo da adulti porta ancora impressa questa matrice originaria: non cerchiamo soltanto piacere, ma il ripetersi di quella esperienza primaria di regolazione che, nella nostra biologia più antica, ha reso la vita tollerabile e desiderabile.

Così, quando inseguiamo la felicità, non stiamo cercando un’emozione passeggera, ma stiamo rispondendo a un richiamo evolutivo: il bisogno di ritrovare la condizione neurobiologica in cui tensione e paura possono finalmente sciogliersi per lasciare spazio a sicurezza, tregua e appartenenza.

Il potere del lasciare andare

In psicoanalisi, il concetto del “lasciare andare” è centrale. Non significa arrendersi, ma smettere di trattenere rigidamente schemi, paure, aspettative che non ci servono più. È un atto di fiducia: lasciare che la vita possa sorprenderci, che il corpo possa rilassarsi, che le emozioni possano scorrere senza essere censurate.

Molti credono che la felicità arrivi quando tutto è sotto controllo. In realtà, accade quando smettiamo di controllare tutto. Quando diamo spazio all’imprevisto, alla vulnerabilità, al nuovo.

Felicità come scelta

Lasciare che la felicità accada non è passività: è una scelta attiva. Significa:

  • scegliere di ascoltare i segnali del corpo,
  • scegliere di rispettare i propri limiti,
  • scegliere di dare voce ai propri bisogni,
  • scegliere di credere che non siamo solo ferite, ma anche possibilità.

Ed è questa la trasformazione che il libro propone: non un elenco di “regole”, ma un percorso di consapevolezza che intreccia mente e corpo, passato e presente, dolore e guarigione.

Perché questo libro può cambiare la tua vita

Forse ti stai chiedendo: “E se davvero la felicità non fosse un miraggio, ma qualcosa che già esiste dentro di me, in attesa di spazio per emergere?”

La verità è che la felicità è già scritta nei nostri circuiti: nel bisogno di legame, nella capacità di rigenerarci, nella neuroplasticità che ci permette di cambiare. Ma, come una pianta che ha bisogno di terreno fertile, anche la felicità richiede le giuste condizioni.

E questo è ciò che il mio libro “Lascia che la felicità accada” ti aiuta a fare:

  • ti accompagna a leggere la tua storia con occhi nuovi,
  • ti mostra come le ferite non siano condanne ma tracce trasformabili,
  • ti guida a riconoscere il linguaggio del corpo,
  • ti invita a smettere di rincorrere modelli esterni e a costruire una felicità su misura per te.

Leggere questo libro significa concederti il diritto di non lottare più contro te stesso. Significa capire che non sei sbagliato: sei un essere umano che ha imparato a difendersi, ma che può imparare anche a fiorire.

Il libro è già disponibile a questo link su Amazon per il preorder e uscirà il 28 ottobre 2025. Prenotarlo oggi significa darti un segnale concreto: dire a te stesso “sono pronto a non rimandare più la mia felicità”. Non aspettare che la vita sia perfetta per essere felice: lascia che la felicità accada anche nelle tue imperfezioni, anche nei tuoi inciampi, anche nelle tue paure. Perché la felicità non arriva quando tutto intorno si aggiusta: accade quando tu decidi di lasciarle spazio

E se ti va, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe.
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