Una delle tendenze più invalidanti della nostra epoca è quella di considerare le reazioni emotive come possibili problemi per se stessi e gli altri.
Se osserviamo attentamente è facile notare come ci sia una certa propensione a voler “addomesticare” la naturalità delle persone e quindi la loro soggettività per meglio renderla funzionale all’interno del contesto di vita. Come controllare l’ansia? Cosa fare per eliminare la paura? Come fare a non essere gelosi? Come smettere di essere tristi? Pare che l’unica soluzione possibile sia, in qualche modo, smettere di “sentire” per sentirsi più adeguati alla realtà esterna.
Io credo che in realtà si tratti di imparare a regolare i volumi delle emozioni in modo da far sì che esse possano essere gestite in maniera funzionale evitando di esserne sopraffatti. Una delle nemiche giurate della nostra epoca è l’ansia.
Cosa provoca l’ansia
Lo stato ansioso è percepito come una condizione dalla quale rifuggire ad ogni costo. Si chiede al medico la pillola per debellare questo senso di oppressione o si consulta un terapeuta per ricevere indicazioni su come fare per abbandonarla.
Ma davvero l’ansia ha il solo scopo di comparire per essere subito cacciata via dalla nostra esistenza? Ha senso che qualcosa in noi accada con l’unico obiettivo di essere debellato?
Io credo che il corpo utilizzi il linguaggio delle emozioni e delle sensazioni per comunicare e consentirci di agire e creare cambiamenti. Il problema forse risiede nel fatto che siamo stati educati con il linguaggio e nel linguaggio, finendo con il credere che debba essere considerato solo ciò che può essere pensato e quindi espresso con le parole. La realtà vissuta però e più ampia e diversa rispetto alle costruzioni verbali.
Il linguaggio serve solo a ricreare scenari immaginari, a formulare ipotesi, a descrivere, in parte, ciò che sentiamo ma non possiede quella direttività e quell’immediatezza che solo il corpo è in grado di comunicare attraverso le reazioni somatiche e motorie.
Il corpo sente ed esprime autenticamente il vissuto mentre la mente, con i suoi filtri e le sue elaborazioni, rischia di tradurre ciò che accade in un qualcosa di artefatto e di costruito, cosicché viene espresso, spesso e volentieri, soltanto ciò che sentiamo come legittimo ed accettabile attraverso le parole.
Solo un’attenta alfabetizzazione emotiva può aiutare la persona a sentire, riconoscere, accogliere ed esprimere ciò che sente in quel momento. Ma per farlo occorre essere disponibili a riconoscere cosa accade nel corpo e provare a comprendere le sensazioni in tutte le loro sfumature. Si tratta di accogliere il respiro, le sensazioni somatiche e tutte quelle componenti che, in qualche modo, indicano la strada verso un possibile cambiamento, una volta riconosciuto che cosa attivi queste reazioni.
Come gestire l’ansia
Accogliere l’ansia vuol dire accettare la possibilità di creare cambiamento. L’ansia è un segnale di avvertimento che può essere utilizzato come motore per attivarsi in una qualche direzione.
L’errore maggiore è ignorare questa sensazione o volerla abbattere senza preoccuparsi di capire cosa voglia comunicare, da qui le domande: come uscire dall’ansia o come combattere l’ansia… Una domanda più attenta potrebbe essere come gestire l’ansia, o meglio, come accoglierla!
Essere in preda a stati d’ansia significa diventare schiavi di una sensazione alla quale deleghiamo il comando del nostro corpo e dei nostri pensieri. Il comando viene ceduto per resistenza, ovvero come autolimitazione impedendosi di immergerei in questo caos emotivo.
Resistere all’ansia significa fare il suo gioco.
Accogliere l’ansia vuol dire utilizzare il “carburante emotivo” per rimettere in discussione alcuni aspetti della propria vita.
Le resistenze al cambiamento incrementano il conflitto fa la necessità di mettere in discussione antichi equilibri disfunzionali e la paura del cambiamento stesso. Un equilibrio, per quanto doloroso, è pur sempre un equilibrio ed è qui che nasce la resistenza al cambiamento.
Come nasce l’ansia: cause possibili da indagare
L’abitudine alla sofferenza rende nota una tonalità emotiva dalla quale sarà difficile staccarsi, nonostante si prospetti la possibilità di provare gioia. Non è così facile disabituarsi dalla tendenza alla sofferenza. La novità, l’apertura, la possibilità di gioire, possono nascondere l’insidia più grande: il timore di perdere il controllo.
L’ansia del cambiamento può essere proprio questa. La manifestazione più evidente di quanto possiamo resistere alla possibilità di un miglioramento pur di rimanere aggrappati al noto, all’abitudine è ciò che sperimentiamo spesso quando entriamo in conflitto con noi stessi, attivando il meccanismo ansioso sintomo di una lotta interna tra l’andare oltre ed il rimanere, tra l’affidarsi alla possibilità dell’altro e l’irrigidirsi in prese di posizione note. Insomma, più c’è resistenza, più l’ansia si fa sentire per cercare di scardinare uno schema che ormai non accresce più ed affossa ogni possibile risorsa vitale.
Tecniche di visualizzazione per gestire l’ansia
Possono essere utili le tecniche di visualizzazione, immaginando cosa inneschi in noi il senso di pericolo e cercare attraverso il respiro di accoglierlo, dandogli una forma. Successivamente, chiudendo le mani e sollevandosi in punta di piedi in fase di inspirazione, è possibile acquisire e far fluire dentro di noi tutta la forza di questa tensione esperita.
In fase di espirazione aprire le mani, battere i talloni a terra e lasciare andare, come per volersi liberare dalle scorie rimaste dentro il corpo. Queste scorie sono le paure, le convinzioni, le idee limitanti ecc., che in qualche modo vanno esternate per poterle addensare e visualizzare. Esteriorizzando ciò che si agita dentro di noi diventa più facile “guardare” e “conoscere” ciò che ignoriamo. Le “scorie” possono essere abbandonate anche attraverso l’uso dl colore e del disegno, una volta in grado di rappresentarle. Ciò che deve essere fatta nostra è la forza che si agita dietro la tensione in modo da seguirne le possibili traiettorie e le direzioni di senso.
Un modo per orientarsi è quello di disorientarsi ruotando per qualche secondo in senso orario ed antiorario su se stessi, fino a perdere quasi l’equilibrio. Immobilizzandosi improvvisamente e respirando ad occhi chiusi aiuta ad esperire la perdita degli equilibri noti, il cambiamento di prospettiva e la rottura di alcuni schemi.
Stare nello squilibrio momentaneo può aiutare a riorganizzare nuovi equilibri e ad indicare possibili alternative alle abitudini note e ormai poco stimolanti. Squilibri momentanei possono insomma divenire la metafora di nuovi precari equilibri e di nuove coordinate spaziali e temporali per indicare inediti tragitti.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
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Caro Sig Giuseppe, l Ansia è una vera e Propria malattia, molto spesso anche invalidante, non un capriccio mi creda! Chi non la vive nn può capire, inizi a farlo con il suo collega
Buona giornata
Ho 61 anni e sono impiegato negli Enti Locali da ormai 38 anni. L’Amministrazione ha deciso che è possibile spostare in un altro settore un collega con cui dividevamo le competenze della nostra area. Ora dovrò studiare nuove procedure e svolgere, oltre a quello che già facevo e che occupava interamente l’orario a mia disposizione, anche i compiti del mio collega. Mi chiedo se è giusto non ribellarsi in queste situazioni, in nome del fatto che è solo una questione di gestire correttamente la propria ansia.
Grazie.