Così vicini eppure così lontani: il partner evitante

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
Comprendere il partner evitante. Nella relazione con un partner evitante, la distanza affettiva è solo la punta dell’iceberg. Il partner evitante può far sentire l’altro solo, abbandonato o addirittura “superfluo” per la sua vita. Dalla genesi di questo stile di attaccamento alle ripercussioni per le relazioni affettive.

Così vicini, eppure così lontani. E’ questo il paradosso di chi instaura una relazione con un partner evitante, è questo il paradosso che vive lo stesso partner evitante. Ma che cos’è l’attaccamento evitante? In genere, chi prova a spiegare gli stili di attaccamento lo fa ricorrendo ai modelli di Mary Salter Ainsworth e Jhon Bowlby. La teoria originaria è ineccepibile, tuttavia vi sono delle osservazioni scientifiche più recenti che possono fornirci un’idea più concreta di cosa possano significare gli stili di attaccamento per un adulto.

Lo stile di attaccamento, infatti, non condiziona solo la vita di coppia ma il modo in cui l’individuo gestisce le sue emozioni. La componente emotiva è quella che ci rende umani, è quella che ci fa sentire la vicinanza, l’appartenenza, è quella che ci trasmette stima, amore e accettazione.

Rapporto tra stile di attaccamento e gestione emotiva

Tutti sappiamo che lo stile di attaccamento influenza le relazioni ma pochi riescono a comprendere profondamente il come avviene questa influenza. Per comprendere il come dobbiamo spostare l’attenzione sulla regolazione emotiva. Nel caso del partner evitante, questo andrebbe ad anestetizzare tutte le emozioni potenzialmente rischiose conferendo alla relazione una dimensione solo superficiale. Per spiegare tutto al meglio, riporto un passo dal mio lavoro di tesi:

«La teoria dell’attaccamento riesce a spiegare la regolazione emotiva come una sorta di equilibrio tra affetti negativi e positivi. Secondo Jude Cassidy, psicologa dello sviluppo nota per i suoi contributi alla ricerca sui modelli dell’attaccamento, la regolazione emotiva può essere connessa alla qualità dell’attaccamento. In particolare, lo stile sicuro mostra una regolazione flessibile e aperta, lo stile resistente mostra una sotto-regolazione emotiva con la tendenza a rispondere eccessivamente agli affetti negativi .

Lo stile evitante tende a manifestare una sovra-regolazione degli affetti, ciò non significa che l’affetto non sia sperimentato quanto che non venga manifestato. (…) In particolare, le osservazioni di E. Waters e A. Sroufe avevano evidenziato che applicando la SSP ai bambini classificati come evitanti, questi non esprimevano gli affetti negativi legati alla separazione, tuttavia la presenza degli affetti negativi risaltava con un aumento della frequenza cardiaca e del livello di cortisolo al momento della separazione».

Riassumendo in parole più semplici:

  • Le persone con uno stile sicuro presentano reazioni adeguate agli stimoli, mostrano resilienza e possono contare su una buona regolazione del volume emotivo.
  • Chi ha uno stile di attaccamento ansioso-resistente tende a sovrastimare lo stimolo e mostrare reazioni esagerate. Non riesce a regolare le proprie emozioni per un deficit verso il basso: percepiscono gli affetti (positivi e negativi che siano) in modo accentuato. Presentano un volume emotivo troppo elevato.
  • Le persone con uno stile di attaccamento evitante presentano un iper-controllo emotivo, tendono a sottostimare le emozioni, non manifestano reazioni emotive perché regolano verso il basso gli affetti.

Nel 1993, Autori come Gottfried Spangler e Klaus Grossmann andarono a misurare i livelli di cortisolo nei bambini classificati con stile di attaccamento evitante. Notarono che quei bambini, seppur non mostravano manifestazioni comportamentali di paura o rabbia, al momento della separazione con la figura di attaccamento, presentavano comunque tutte le alterazioni fisiologiche (battito cardiaco accelerato e produzione dell’ormone dello stress).

Il bambino evitante

Ciò significa che un partner evitate, fin da bambino, ha imparato ad ignorare le sue manifestazioni affettive e a seppellirle nel profondo fino a non sentirle più.

Il bambino evitante ha dovuto adottare questo modello di regolazione affettiva per adattarsi a un ambiente familiare difficile e ammutinante. Quali caratteristiche genitoriali favoriscono un simile adattamento? Un clima familiare austero, un genitore che penalizza qualsiasi manifestazione emotiva, un genitore rigido o semplicemente un genitore emotivamente indisponibile. Il bambino evitante ha presto imparato che le manifestazioni emotive non avrebbero condotto a niente di buono. 

Al pianto del bambino, non seguiva un abbraccio rassicurante ma seguiva indifferenza o rabbia. Alle richieste di calore del bambino non seguivano premure, ma anche in questo caso seguiva rabbia o indifferenza. Così, feedback dopo feedback, il bambino è divenuto un adulto che ha imparato a ignorare completamente i suoi bisogni.

Quell’adulto, però, sa bene che seppure li ignora quei bisogni restano lì, giacciono da qualche parte dentro di sé… e sono sempre in cerca di quella vicinanza, quel calore mancato. Per approfondire: che bambino è stato un adulto anaffattivo. Sì, si può parlare di un adulto anaffettivo perché il partner evitante non sa donare se stesso e non sa accettare profondamente ciò che l’altro gli dona.

Così vicini, eppure così lontani

Le relazioni intime richiedono una buona regolazione emotiva e soprattutto, un equilibrio tra vicinanza e distanza, tra interdipendenza e autonomia. Le relazioni sane riescono a trovare un perfetto equilibrio tra i due poli.

E’ facile intuire che nella relazione con un partner ansioso o un partner con una spiccata dipendenza affettiva, ciò che può prevalere è il bisogno fusionale. L’autonomia individuale scompare e l’intera esistenza ruota intorno al partner che diviene il centro del proprio universo.

Nelle relazioni con un partner evitante si instaura un rapporto diametralmente opposto a ciò che ho appena descritto: la relazione sentimentale rappresenta solo un piccolo puntino, il partner evitante investirà le sue energie in altri scopi come la carriera, il collezionismo, lo sport, il cane o una passione che non potrà mai deluderlo. Perché è da questo che il partner evitante si protegge: dalle delusioni.

Il partner evitante assume costantemente una posizione di distanza ed estrema autonomia, a pagarne le spese è l’intimità di coppia: per l’altro bisognoso di vicinanza, la relazione può farsi dura e insostenibile.

Vi è un altro aspetto che pochi considerano: la scontrosità. Un partner evitante può diventare molto irritante, scontroso o rabbioso quando la relazione sta andando bene. Quando il partner evitante sente di star rischiando troppo perché la relazione si sta facendo più intima, può regredire apparendo all’altro scontroso o infantile.

Questo può essere molto disorientante per “l’altro”. Mentre l’altro pensa che la relazione fa progressi, il partner evitante può diventare meno comunicativo o addirittura scomparire attuando strategie disfunzionali come il ghosting.

Il partner evitante crede fermamente di dover contare solo su se stesso e di poter dipendere solo da se stesso. Innalza muri e quando ha una difficoltà si chiude ulteriormente per gestire da solo le sue cose. Francamente, non crede che il prossimo possa aiutarlo e può avere difficoltà a fidarsi dell’altro.

I segnali ambivalenti

Così vicini, eppure così lontani. Questo si verifica perché il partner evitante può mandare messaggi discordanti. Come premesso, anche se ha imparato a ignorare i suoi bisogni di vicinanza, questi non sono scomparsi ma lavorano in background per riaffiorare in momenti di particolare sicurezza o fragilità. In questi momenti, il partner evitante sembra voler portare la relazione a un livello più elevato, prova in modo autentico a cercare vicinanza… ed è questa stessa ricerca che, poco dopo, lo metterà di nuovo sulla difensiva.

Gli effetti sull’altro

I comportamenti di un partner evitante possono farti sentire disorientato, non amato, solo, emotivamente deprivato di ciò che ti toccherebbe di diritto in una qualsiasi relazione sana, potrebbero farti sentire sottostimato, distante, precario, abbandonato o addirittura del tutto irrilevante, come una figura sfocata sullo sfondo della vita del tuo partner.

Queste sensazioni, se vissute in modo protratto, possono rendere la relazione insostenibile. Cerca di correre ai ripari: una terapia individuale può essere molto utile. Prima di cercare di salvare la relazione, prova a guardare davvero in te stesso. Sullo stesso argomento, potrebbero interessarti i miei articoli:

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