Nella coppia non è raro, uno dei componenti può vivere il rapporto con un certo distacco, una freddezza difficile da spiegare.
Se accanto a te hai una persona così, possono esserci diverse ipotesi, per esempio il tuo partner potrebbe essere anaffettivo, realmente disinteressato o con uno stile di attaccamento evitate. In quest’ultimo caso, il tuo partner si ritrova a vivere le emozioni in modo conflittuale, anzi, evita a priori di vivere le emozioni perché le percepisce come una minaccia a sé, al suo potere e alla sua autonomia.
Al contrario, se sei tu la parte che non riesce a lasciarsi andare nelle relazioni, ti sei mai chiesto perché questo accade?
Perché hai paura di perdere la tua autonomia, il tuo potere o addirittura il controllo?
Per scoprirne le ragioni dovresti tornare alla tua infanzia, al legame instaurato con tua madre, al regime di terrore nel quale sei inconsapevolmente cresciuto/a. Molte cose te le ho già spiegate nell’articolo Uomini che non sanno esprimere le emozioni, in questo articolo continuerò a parlare di infanzia soffermandomi sulle Teorie dell’attaccamento di Ainsworth e Bowlby.
Tu, come tutti noi, hai imparato ad amare basandoti sulle prime esperienze avute in campo affettivo. E’ chiaro che si tratta del rapporto che hai instaurato con la tua figura di accudimento che, in genere, corrisponde alla madre.
Così come da adulti sappiamo leggere con nozioni apprese durante l’infanzia, sappiamo anche amare, esprimere (o non esprimere) le emozioni, riconoscere (o non riconoscere) le emozioni… proprio grazie alle “nozioni” acquisite quando eravamo bambini.
Chi ha acquisito uno stile di attaccamento evitante ha una forte difficoltà a riconoscere le emozioni perché le respinge e respingendole si preclude la felicità.
Queste persone desiderano fortemente una relazione stabile ma, quando si avvicina la prospettiva di averne una, tirano su un muro impermeabile all’emotività facendo 10 passi indietro e mettendo in dubbio l’intera relazione sentimentale.
Le persone con attaccamento evitante approcciano alla relazione in modo conflittuale, da un lato la ricercano perché desiderano intimità e vicinanza, dall’altro, vivere la relazione le costringe a riconfrontarsi con il doloroso ricordo delle relazioni primarie, carenti o fonte di sofferenza.
La sua parola d’ordine è autosufficienza
La persona con attaccamento evitante può essere descritta dal partner come schiva, distaccata, inafferrabile o addirittura impermeabile all’amore e alle emozioni. Non solo, il partner potrebbe percepirla come “egocentrica” o “concentrata solo su se stessa”.
La sua parola d’ordine è autosufficienza e per questo la coppia e il partner finiscono sempre in secondo piano. La ricerca dell’autosufficienza sul piano emotivo è destinata a fallire perché, nonostante il rapporto conflittuale con la figura di accudimento, chi ha uno stile evitante ha conosciuto l’amore e involontariamente finisce per desiderarlo. Talvolta, il desiderio dell’amore, in queste persone, può innescare emozioni di rabbia perché, secondo la visione distorta che qualsiasi rapporto di coppia è destinato a finire, il desiderio dell’amore stesso è sinonimo di sofferenza e va evitato.
Chi è in coppia con una persona evitante finirà presto per doversi accontentare di una relazione fatta di distanze, dove l’amore del partner è vissuto più come un dogma della fede che come un sentimento reale: chi è evitante non è capace di esprimere il suo amore perché rifugge da esso.
Chi ha uno stile di attaccamento evitante spesso non è consapevole di queste dinamiche, così può arrivare a mettere in dubbio il suo amore, può pensare di essere una persona “difficile” o addirittura credere che nella sua vita non si sia mai innamorato o comunque vivere l’innamoramento come un fatto eccezionale. Per questa persona la distanza nella coppia è necessaria e, intanto che i giorni passano, punta tutto su se stesso e sulla sua realizzazione come singolo vivendosi il partner in modo marginale.
Una persona con stile di attaccamento evitante può dimostrare un amore smisurato per un animale domestico ed essere freddo e distaccato con il partner. Questo non dovrebbe stupirti… un cane e un gatto non possono farlo soffrire, così possono darsi senza riserve.
Attaccamento evitante e vita intima
Chi ha uno stile di attaccamento evitante fa fatica a ragionare come coppia e a costruire un senso del NOI. Fatica ad accettare aiuto dagli altri e, qualsiasi richiesta di intimità da parte del partner viene percepita in modo pressante.
Non è una regola fissa ma, generalizzando, molte persone con stile di attaccamento evitante hanno difficoltà a vivere in modo naturale la vita sessuale di coppia e talvolta possono arrivare a evitare anche questa. Dopo il rapporto la sensazione di distacco potrebbe essere amplificata e il partner evitante potrebbe sentire il bisogno di distaccarsi ulteriormente dalla coppia. Sempre dopo il rapporto, potrebbero insorgere sentimenti di solitudine e sconforto.
Uno stile di attaccamento può essere modificato?
Ho scritto che impariamo ad amare e rapportarci con il partner durante l’infanzia… sì, ma quanto indietro bisogna andare? Stando agli studi di Ainsworth e Bowlby, la relazione tra madre e bambino lascia una traccia indelebile, detta imprinting, soprattutto nel primo anno di vita e da allora, l’imprinting influenzerà inevitabilmente tutte le relazioni successive. Questo, però, non significa che non si possa più cambiare, i modelli di base possono essere modificati e modellati con un percorso di consapevolezza e maturità affettiva.
Non bisogna lavorare solo su se stessi ma anche sul rapporto che si ha con la figura di attaccamento (se ancora in vita). In questo contesto, ti invito a leggere il mio articolo La madre che meritavi non è mai esistita, con spunti di riflessione per tentare di svincolarsi in modo definitivo dai carichi emotivi pesanti lasciati in eredità da una figura di accudimento che in qualche modo è risultata “ingombrante” e ha frenato un sano sviluppo emotivo.
L’ideale, per modificare il proprio stile di attaccamento, vedrebbe un’azione congiunta: da un lato bisogna lavorare su se stessi, dall’altro bisogna elaborare il rapporto con la propria figura di accudimento e, su un altro fronte, ancora, bisogna lavorare nella vita di coppia. Come lavorare nella coppia? Leggi l’articolo Quando inizierai ad amarti sceglierai di amare chi ti piace.
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Illustrazione dalla copertina di “Un giorno, senza un perché”, Davide Calì, Monica Barengo.
Avrei bisogno di un/una terapeuta a Roma. Mi mandate qualche contatto? Grazie
Ciao Carolina,
anche io come te ho sperimentato una relazione con un un uomo evitante, durata qualche mese.
Le modalità erano le stesse a quelle che descrivi tu….oscillazioni tra vicinanza e allontanamenti improvvisi e immotivati, nessuna intimità fisica, presenza e assenza repentine e inspiegabili. Un uomo che pur desiderando un legame forse stabile con me, si barricava dietro parole come autonomia e autosufficienza bla bla bla…..in definitiva lui non c’era!
Allora alle tue domande…..
….”per farlo tornare prima è meglio non inseguirlo da subito o inseguirlo un po e poi smettere e attendere ? Cosa posso fare per non fargli vivere questo bisogno di fuggire ? Lui quando torna sente di provare qualcosa o questo stato non gli permette neanche di capire che prova emozioni?”
sento di rispondere…..non inseguirlo…. nè subito nè dopo…..lascia che qualcun altro insegua te, che ti ami e ti comprenda proprio come saprai fare tu. Non sprecare il tuo tempo prezioso ad inseguire un uomo per il quale tu non puoi fare nulla, non puoi aiutarlo, se non dicendogli che, nonostante sia una persona in difficoltà, anche lui può essere felice, facendosi aiutare e rivolgendosi a persone esperte.
Credo inoltre che tu abbia un dovere innanzitutto verso te stessa….. di amare ed essere amata come meriti, da un uomo che ti voglia e che non possa fare a meno del pensiero di te.
Io, un uomo così lo sto ancora cercando…..nel frattempo mi accontento della compagnia della mia persona e non è poi così male!!!!
Ti auguro tante belle cose
Buonasera..è la prima volta che scrivo. Ho bisogno di un consiglio. Ho una storia con un uomo che credo abbia una personalità evitante. Ogni volta che tra noi ci sta vicinanza intimità lui mi dice basta ..fugge non risponde ai miei messaggi certe volte non li visualizza per poi farlo dopo qualche giorno. Io ho sempre inseguito per qualche giorno e poi nel momento in cui mi fermo e faccio silenzio per 4 5 giorni lui torna. Torna come se non fosse accaduto nulla…certe volte torna lui altre volte io lo ricerco dopo il silenzio e lui mi risponde ma inutile dirlo dopo un nuovo momento di vicinanza il ciclo si ripete. Ultimamente come mi lascia non lo sto più inseguendo lascio passare qualche giorno. La mia domanda è…per farlo tornare prima è meglio non inseguirlo da subito o inseguirlo un po e poi smettere e attendere ? Cosa posso fare per non fargli vivere questo bisogno di fuggire ? Lui quando torna sente di provare qualcosa o questo stato non gli permette neanche di capire che prova emozioni?
Io penso di essere sppstata con un uomo evitante anaffettivo.. E poiché io ho bisogno d affetto sto male ma nonostante tutto ci sto. Lui penso che ama più i nostri animali che me.
Ciao Lucia,
hai scritto parole profuse di dolore e, dopo tanto male, è “normale sentirsi a pezzi”, soprattutto quando ad infliggerti quel dolore è stato chi aveva il dovere di proteggerti (proprio un genitore).
Indubbiamente il dolore che hai provato nessuno potrà lavarlo via ma hai l’amore e la responsabilità delle tue figlie. Sono sicura che nella tua città c’è uno sportello d’ascolto, un asl o un professionista pronto ad accoglierti e aiutarti a mettere insieme tutti i pezzi. C’è un’altra strada, c’è sempre un’altra scelta e un altro modo di vivere… lascia che qualcuno te lo mostri, ti sentirai rinata. Non negarti questa possibilità e soprattutto non negarla alle tue figlie.
Grazie per quanto è per cosa e come scrivete ogni giorno,articoli che mi fanno sopravvivere,ho 53 anni,con un infanzia da telefono azzurro,solo che all’epoca non esisteva,ho vissuto nel terrore e nella dipendenza da mia madre,fino a 30 anni,ho subito qualsiasi tipo di umiliazione,violenza fisica e sessuale,mi sono allontanata a 31 anni per salvare le mie figlie,alle quali ho dato tutto ciò che sapevo,volevo fossero “libere di vivere”. Purtroppo oggi vivo con l’idea del suicidio,ho una bellissima relazione che sto distruggendo,da 3 anni,nonostante io abbia fin dall’inizio detto ogni cosa,vedo che con il controllo assoluto che ho della mia rabbia,e di qualsiasi emozione negativa,mi son bruciata la vita, perché non riesco a legarmi. Io sono descritta perfettamente,in questo articolo. Solo che,colpa o no,non credo di poter risparmiare il grande dolore alle mie figlie,ancora per molto,di,perdere mamma,per sua scelta.
Comunque,grazie a voi,sopravvivo da quando sono iscritta alla vostra pagina.