Cutting, il dolore muto

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Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale. Autrice di libri.

Autolesionismo e tagli sulle braccia non sono qualcosa di remoto che si vede solo in tv. Oggi abbiamo deciso di parlare di cutting (traduzione di taglio o tagliarsi) per descrivere un fenomeno crescente tra gli adolescenti e non solo.

Tra gli adolescenti è sempre più diffuso, il cutting sta diventando una forma primaria di espressione del dolore. Un dolore che non si può esprimere a parole, che non si riesce ad affrontare in altro modo. Il corpo diventa un veicolo, tagliarsi procura un sollievo temporaneo, unica espressione di un malessere che non trova altro spazio.

Stavo male e non sapevo con chi parlarne, non sapevo che altro fare, quindi mi chiudevo in bagno e praticavo tagli sulle braccia. In quel momento riuscivo a far “scorrere” il dolore.”

Sembra quasi che l’apertura della pelle e il fluire del sangue siano le uniche parole che si riescano a tirar fuori. La pelle parla al posto loro, con le sue “cicatrici di guerra”, anche se poi si fa di tutto per nasconderla, per coprirsi.

Il silenzio e il segreto che si cerca di mantenere accresce la difficoltà che si vive. La paura di non essere capiti o di essere rimproverati porta a isolarsi sempre di più. Gli unici con cui si riesce a condividere l’esperienza sono altri coetanei che praticano cutting. Spesso si ritrovano sui social che possono diventare l’unico spazio in cui ci si sente accolti. Durante l’adolescenza il bisogno di appartenenza è fondamentale e se si vive un disagio in altri contesti, come scuola o famiglia, ci si rifugia in questi gruppi che sembrano gli unici a poter capire veramente cosa si vive. Il rischio di emulazione è grande, infatti questa problematica aumenta di anno in anno.

“Mi sono sempre nascosta e coperta per non farmi scoprire a casa, solo con le mie amiche, che si tagliano come me, potevo confidarmi. Sono le uniche che mi capiscono, vivono quello che vivo io.”

L’espressione di sé, di ciò che si prova, è necessaria in adolescenza. Qual è il dolore che si prova e perché non si può esprimere in altro modo? Qualsiasi delusione, rifiuto o conflitto può diventare insostenibile se ci si sente soli.

L’autolesionismo è il gesto estremo dell’incapacità di espressione.

Come si può dar voce al dolore? Come riconoscerlo? Il cutting e, più in generale, l’autolesionismo è una richiesta d’aiuto. Un grido nel vuoto. Procurarsi dolore fisico aiuta a gestire quello psicologico che invece appare difficile da sostenere e affrontare. Altre volte invece ci si ferisce per provare qualcosa, pur di uscire da un vuoto che coinvolge ogni cosa.

“In quei momenti stai così male che cerchi un modo per far tacere tutto, non ci pensi più, il taglio e il sangue sono le uniche cose che restano, è come una fessura da cui far uscire tutto, anche se poi torna tutto di nuovo come prima. Fino a quando non ce la fai più.

Alcune descrizioni fatte dai ragazzi sembrano simili a quelle di un tossicodipendente. A un certo punto la situazione sfugge di mano e si è costretti a chiedere aiuto, perché ci si è fatti talmente male da dover ricorrere ad un soccorso sanitario o perché in famiglia ci si accorge della situazione. La reazione dei genitori è fondamentale affinché i figli possano accettare di avere un problema e di doversene occupare. Se si riesce a vedere questo comportamento come una disperata richiesta di aiuto allora bisogna poterla accogliere, capire cosa sta succedendo senza creare ulteriore disagio.

Come uscirne

I ragazzi vanno educati alle emozioni, guidati nella loro conoscenza ed espressione, altrimenti si ritrovano a soccombere ad esse, iniziando a viverle come nemiche. Per questo si evitano, ricorrendo a qualsiasi soluzione a portata di mano pur di non affrontarle. Per questo non se ne può parlare, nascondendosi sempre di più da chi si ha vicino. Per questo si amplificano fino a non riuscire a sostenerle più, a negarle e a non riconoscerle (alessitimia).

Accettare un aiuto significa iniziare a conoscersi, a esprimersi liberamente senza paure o condizionamenti, fuori da ogni giudizio. I primi a giudicarsi sono proprio i ragazzi, non si piacciono, non vanno bene come sono. I casi di cutting (autolesionismo) coinvolgono molto di più le ragazze, in un’età in cui il corpo cambia e spesso il nemico è proprio lui. Iniziare ad accettarsi e piacersi quindi è un passaggio fondamentale in un percorso di cura. Bisogna darsi tempo e modo di star bene all’interno del proprio corpo per riuscire a sostenere le emozioni che lo attraversano.

Lucia Cavallo, Psicoterapeuta 
specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale
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