Dipendenza da cibo: mangiare per sfuggire alla realtà

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
dipendenza da cibo
Dipendenza da cibo: come uscirne

Le dipendenze non sono nuove nella nostra società, non si parla solo di sostanze ma anche di comportamenti messi in atto dalle persone per sfuggire alla realtà. In questo contesto figura il sesso compulsivo, la dipendenza da gioco d’azzardo e la dipendenza da cibo.

La dipendenza da cibo consiste nel consumo compulsivo di alimenti. Se soffri di dipendenza da cibo, sappi che consumi derrate alimentari solo per anestetizzarti e, dunque, fuggire da una inadeguatezza di fondo.

La dipendenza da cibo è stata molto studiata da un punto di vista neurobiologico. Il consumo di cibo, infatti, attiva il sistema di ricompensa che coinvolge il nucleo accumbens del cervello.

Il nucleo accumbers è quella zona del cervello coinvolta nei meccanismi di rinforzo, nella risata, nella dipendenza, nell’elaborazione delle sensazioni di piacere e paura oltre che all’insorgere dell’effetto placebo.

Il problema della dipendenza da cibo è che diventa particolarmente devastante nelle persone che percepiscono la vita come un sistema binario, fatto di on/off, di bianco e nero o di estremi opposti… Se sei dipendente da una sostanza e percepisci la vita come un sistema binario, ti basta eliminarla dalla tua vita ma il cibo non può essere eliminato completamente. Uscire dalla dipendenza da cibo diventa macchinoso perché bisogna rieducare il sistema nervoso in un processo lungo e impervio.

Sommario:

La neurobiologia delle abbuffate

Da un punto di vista neurobiologico, le abbuffate sono state associate ad alterazioni nei segnali dopaminergici e all’iperattivazione da parte del cibo delle aree di ricompensa del cervello. Stesso meccanismo messo in evidenza in chi soffre di altre dipendenze, compresa quella da sostanze psicotrope (tossicodipendenza).

Indovina quali sono gli alimenti che hanno una maggiore capacità di attivare questo centro di rinforzo del cervello? Quelli ipercalorici! Cioccolato, hamburger, gelati, pizza, alimenti elaborati… cibo spazzatura che innesca la necessità di continuare a mangiare indipendentemente dal livello di sazietà della persona.

In chi non soffre di dipendenza da cibo, avviene questo: nella teoria delle basi biologiche della motivazione il “bisogno” viene considerato come la deviazione dall’equilibrio omeostatico soggettivo. Come, per esempio, il bisogno di nutrirsi quando si ha lo stomaco vuoto.

In chi soffre di dipendenza da cibo, invece, avviene questo: gli alimenti ricchi di zuccheri e grassi non hanno scopo nutrizionale ma hanno l’obiettivo di creare un benessere psicologico immediato, seppur effimero e falsato.

La motivazione che ti spinge verso la sovralimentazione è mediata da un circuito neurale che innesca il comportamento disfunzionale allo scopo di attivare una risposta di piacere. Gli approfondimenti in neurobiologia, hanno dimostrato che più dopamina viene rilasciata dalla ricompensa, più efficace è la ricompensa. Ecco perché il cibo spazzatura e i carboidrati semplici che rilasciano velocemente glucosio (zucchero) diventano l’oggetto dei desideri di chi soffre di dipendenze da cibo.

Dipendenza da cibo: sintomi

La dipendenza da cibo può essere paragonata con altre dipendenze da sostanza. Se paragoniamo la dipendenza alimentare con gli altri tipi di dipendenza che vengono maggiormente diagnosticati, scopriamo che alla base vi è una pulsione o “desiderio” (motivazione) e una totale mancanza di controllo.

La voglia di consumare e la mancanza di controllo sul consumare sono le due caratteristiche che mettono in comune ogni tipo di dipendenza. Per essere più precisi, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5), per parlare di dipendenza fissa determinati criteri quali:

1. Tolleranza

Espressa come il bisogno di assumere dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’effetto desiderato. L’effetto desiderato va a scemare, se per un certo periodo di tempo si assume la medesima quantità di sostanza.

2. Sintomi da astinenza

L’astinenza si può manifestare come “sindrome da astinenza”. Nel caso della dipendenza da cibo l’astinenza si può manifestare con sintomi quali ansia, irritabilità, nervosismo, angoscia… tali sintomi rendono più impellente la pulsione.

3. Mancanza di controllo

Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato dalla sostanza! In pratica il soggetto continua ad assecondare abbuffate anche se sa che questo atteggiamento può solo portare a un peggioramento della sua condizione.

Altri criteri quali:

  • 4) Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso di sostanza (cibo).
  • 5) Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative e ricreative a causa dell’uso della sostanza.

La diagnosi di dipendenza è elaborata dal professionista quando sono presenti, in modo persistente, almeno tre dei sintomi indicati. E’ chiaro che la dipendenza innesca un circolo vizioso: più mangi, più il tuo cervello avrà bisogno di ricompense. In pratica, chi mangia troppo è portato a mangiare di più… ma è possibile invertire la rotta.

Altri sintomi della dipendenza da cibo

Le abbuffate possono essere indotte da altri sintomi correlati, quali:

  • Ossessività.
    Pensieri, immagini intrusive relative al comportamento di dipendenza. Tali immagini innescano sintomi come ansia, tensioni, nervosismo e marcato disagio.
  • Impulsività.
    Irrequietezza, ansia, agitazione quando non è possibile mettere in atto il comportamento di dipendenza. Incapacità di resistere o di regolare gli impulsi legati al comportamento di dipendenza.
  • Compulsività.
    Il soggetto si sente obbligato a mettere in atto il suo comportamento anche quando è consapevole delle conseguenze negative. In questo contesto, il comportamento patologico è assecondato in concomitanza a sensi di colpa.

Cause

L’alimentazione incontrollata s’innesca per prevenire stati di disagio o per alleviare un umore disforico (cioè sentimenti di inadeguatezza, di impotenza, ansia o irritabilità). Il cibo diventa un vero e proprio anestetico per la mente che tu usi, inconsapevolmente, per evitare di vivere emozioni negative.

Nota bene: la dipendenza da cibo può essere associata ad altri disturbi alimentari come la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata.

La psicoanalisi dell’abbuffata

Perché proprio il cibo? Per fattori culturali, ambientali e psicologici. Il cibo è facile da reperire. Nella nostra cultura, fin da bambini, siamo abituati a vedere il “cibo come premio” o come soddisfacimento di un capriccio: “se fai il bravo, la mamma ti compra un gelato!”. “Se mangi tutto, puoi avere la cioccolata”. I grandi incontri di famiglia vertono sulla condivisione di un pasto. E così, il cibo diventa un forte simbolo per la nostra psiche.

Come se non bastasse, attraverso la suzione del seno materno, con l’alimentazione sperimentiamo la prima forma di soddisfacimento di un bisogno. Il bambino piange perché ha fame. Il bambino viene avvolto nel caldo abbraccio materno e viene nutrito. Il suo bisogno viene soddisfatto in un incontro di unione e amore. Per la psicoanalisi, queste esperienze fanno parte del nostro bagaglio emozionale inconscio. Anche chi è stato allattato artificialmente, nel cibo trova “consolazione” perché in tutti i casi, questa è la prima fonte di soddisfazione di un bisogno intrinseco dell’uomo.

Da adulti, è più facile rifugiarsi nel cibo con la magica speranza che possa soddisfare ogni bisogno proprio come faceva nella nostra prima infanzia, quando un abbraccio materno e una poppata bastavano a risolvere tutto!

Così, in chi soffre di dipendenza alimentare, qualsiasi tipo di frustrazione può innescare un’abbuffata. Un bisogno insoddisfatto determina quindi una pulsione verso il nutrimento. Questo è ancora più vero in chi soffre di abbuffate notturne, di notte, siamo meno vigili e le pulsioni inconsce prendono il sopravvento sulla parte razionale con più facilità.

Altre cause

Come se non bastassero le cause psicologiche e la matrice neurobiologica, vi è un ulteriore meccanismo di rinforzo. Tra le cause che innescano la dipendenza da cibo non va sottovalutato in ulteriore meccanismo. Se nel momento in cui stai assecondando la tua dipendenza ti senti consolato, la stessa assunzione di cibo genera in te sentimenti di colpa e di vergogna creando un ulteriore situazione che va a rinforzare la tua dipendenza!

Il cibo diventa la soluzione e la causa di ogni tuo problema, stabilendo così un circolo vizioso difficile da interrompere e che si conclama nel tempo.

Se ti stai chiedendo come uscirne, è chiaro che la scelta più saggia da fare è rivolgersi a uno psicoterapeuta.

Dipendenza da cibo: soluzioni e come uscirne

Dipendenza da cibo: come uscirne? Facendosi aiutare da due figure professionali: lo psicoterapeuta e il nutrizionista. Come premesso, non puoi indurti una forzata astinenza dal cibo, qui un approccio ON/OFF è del tutto inappropriato.

Il cibo è sempre disponibile e soprattutto necessario per il proprio sostentamento. E’ quindi essenziale sviluppare “un lavoro di squadra” che coinvolge nutrizionisti e psicoterapeuti. In alcuni casi potrebbe essere necessario l’intervento di uno psichiatra per la prescrizione di farmaci dopaminergici o ansiolitici.

E chi non ha la possibilità di affrontare un percorso canonico? Come spesso ribadisco, esistono i CIM e le ASL che offrono supporto psicologico con il singolo pagamento del ticket sanitario. Noi, come Psicoadvisor, abbiamo fatto diversi incontri gratuiti con supervisione da parte di uno psicoterapeuta per affrontare il problema del mangiare compulsivo. La terapia di gruppo, in questi casi, aiuta moltissimo.

Per informazione, segnalo l’associazione “Overeaters Anonymus” che organizza incontri per uscire dal mangiare compulsivo. Gli incontri, però, sono auto-gestiti e non vi è alcun supporto da parte di supervisori esperti o psicologi.

Come uscire dalla dipendenza da cibo

L’approccio cambia in base alla scuola di pensiero dello psicoterapeuta che scegli. La psicoterapia cognitivo comportamentale, per esempio, lavora con il paziente per sviluppare una capacità di coping nelle situazioni che in precedenza erano risolte dal cibo. Importanza del lavoro terapeutico è individuare i cosiddetti “trigger” cioè quegli inneschi che ti inducono all’abbuffata. I trigger sono solitamente difficili da individuare e collegati a emozioni spiacevoli attivate da ricordi o semplici pensieri. Puoi trovare altre info nell’articolo sugli esercizi di psicoterapia cognitiva comportamentale.

Anche l’approccio psicodinamico consente di sviluppare nuove competenze da utilizzare per tollerare il disagio che spinge al mangiare compulsivo. Il tema della dipendenza da cibo, verrà poi trattato sfruttando un lavoro retrospettivo che a monte va a fare luce sugli inneschi e le emozioni negative che inducono all’abbuffata.

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